Questa sentenza la ritengo interessante, ma non ritengo che soddisfi la questione di lunadiluglio, avendo proceduto nelle trattative. Luna, ricorda di comunicarci l'esito dell'incontro con il tuo legale:
• IL SILENZIO SUI DIFETTI DELL'IMMOBILE RENDE ANCHE IL VENDITORE RESPONSABILE
La Massima
Corte di Cassazione Sezione 3 Civile, Sentenza del 14 luglio 2009, n. 16382
Contratti - Mediazione - Attività - Caratteri - Mandato - Configurabilità - Presupposti
L'art. 1754 c.c. nella parte in cui individua nel mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, pone in rilievo tre particolari aspetti dell'attività in oggetto, ovvero che la medesima prescinde da un sottostante obbligo a carico del mediatore stesso, perché posta in essere in mancanza di un apposito titolo, che la messa in relazione delle parti ai fini della conclusione di un affare è qualificabile come di tipo non negoziale ma giuridica in senso stretto, che detta attività si collega al disposto di cui all'art. 1173 c.c. in tema di fonti delle obbligazioni e, specificamente, al derivare queste ultime oltre che da contratto e da fatto illecito, anche da ogni altro fatto o atto idoneo a produrle in conformità dell'ordinamento giuridico. Ciò non toglie, tuttavia, che l'attività di mediatore possa essere svolta anche sulla base di un contratto di mandato, il che avviene, in particolare, nelle ipotesi in cui egli agisce non già sulla base di un comportamento di mera messa in contatto tra due o più soggetti per la conclusione di un affare, bensì perché incaricato da uno di tali soggetti ai fini della conclusione di un affare, laddove la sua attività deve intendersi consequenziale all'adempimento di un obbligo di tipo contrattuale, ex art. 1173 c.c. (R.C.)
Il Commento
In tema di mediazione immobiliare con la sentenza 16382/2009 la Cassazione è tornata a rimarcare, in conformità a quanto già in passato affermato dalla propria giurisprudenza, la differenza tra la figura del mediatore tipico di cui all'articolo 1754 del codice civile e quella che, per la sua natura contrattuale, è riconducibile al contratto di mandato, differenza che ha innegabili conseguenze sia per quanto concerne la responsabilità del mediatore che per quanto riguarda il suo diritto alla provvigione.
La vicenda - L'occasione fornita al giudice di legittimità è stata data da una questione, invero assai frequente nella prassi, in cui un mediatore, che aveva ricevuto da un venditore l'incarico di vendere un immobile e da parte di un acquirente quello di procurarne l'acquisto, al momento della sottoscrizione della proposta di acquisto, aveva taciuto all'acquirente non solo che l'immobile oggetto della vendita non era di esclusiva proprietà del promittente venditore ma anche le reali condizioni dell'immobile, oggetto di pratiche di condono edilizio.
Il promissario acquirente, vista la situazione, rinunciava all'acquisto e agiva nei confronti del mediatore per vedersi rimborsare quanto corrisposto per la provvigione e ottenere altresì il risarcimento del danno.
Poiché i giudici di merito riconoscevano sussistere la responsabilità del mediatore, che veniva condannato, quest'ultimo ricorreva in Cassazione senza però ottenere un esito migliore.
La Corte, infatti, pur individuando la figura del mediatore in colui che, ai sensi dell'articolo 1754 del codice civile, «mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, senza essere legato ad alcuna di esse da rapporti di collaborazione, di dipendenza o di rappresentanza», ha ammesso che l'attività di mediatore possa essere svolta anche sulla base di un contratto di mandato, ex articolo 1703 del codice civile.
Le funzioni del mediatore - Accade spesso, infatti, che il mediatore non si limiti a mettere in contatto due o più soggetti per la conclusione di un affare ma agisca su incarico specifico di qualcuno di questi ai fini della conclusione dell'affare.
La duplice qualificazione giuridica del mediatore, oltre a essere individuata nell'ambito delle disposizioni del codice civile, quando all'articolo 1754 del Cc viene stabilito il diritto al rimborso delle spese nei confronti della persona su incarico della quale sono state eseguite, oppure all'articolo 1756 del Cc dove è disciplinata la possibilità che il mediatore riceva l'incarico di rappresentanza da una delle parti, viene prevista espressamente nella legge 39/1989, istitutiva del ruolo professionale degli agenti di affari in mediazione, dove accanto agli agenti immobiliari e a quelli merceologici, vengono previsti anche gli agenti muniti di mandato a titolo oneroso.
Stabilito ciò, è evidente che la diversità delle figure abbia come conseguenza anche un diverso regime di responsabilità. Infatti, nel caso del semplice mediatore, questi ha l'obbligo di comportarsi in buona fede, in ossequio al principio generale di correttezza di cui all'articolo 1175 del Cc, e, quindi, di offrire a entrambe le parti una corretta informazione di tutte le circostanze a lui note o conoscibili sulla base della diligenza qualificata ex articolo 1176 del Cc. Si tratta, nelle specie, di una posizione di terzietà del mediatore rispetto alle parti contraenti, posizione che lo differenzia, ad esempio, dall'agente di commercio. In forza di ciò, egli è tenuto a comunicare l'eventuale stato di insolvenza di una delle parti, o l'esistenza di iscrizioni o pignoramenti sul bene oggetto dell'affare, oppure l'esistenza di prelazioni o opzioni eccetera.
Le ipotesi di responsabilità - La sua responsabilità, secondo la Corte, è di natura extracontrattuale ma è inquadrabile in quella figura individuata dal giudice di legittimità (Cassazione 577/2008 e 12362/2006) come «responsabilità da contatto sociale», che è prevista nei confronti di esercenti una professione per la quale vengono richiesti alcuni requisiti formali e abilitativi, come l'iscrizione in un apposito ruolo, in favore degli utenti-consumatori che fanno affidamento sulla stessa per le sue caratteristiche.
Conseguentemente, in tali casi, il mediatore che agisce per ottenere il pagamento della provvigione deve dimostrare di non aver agito in posizione di mandatario di una delle parti, mentre, nel caso di azione di responsabilità, deve dimostrare di aver fatto tutto il possibile nell'adempimento degli obblighi di correttezza e informazione a suo carico.
Qualora, invece, il mediatore agisca in forza di un mandato che può avere a oggetto o il reperimento di un acquirente (o di un venditore) di un immobile, oppure un locatario (o un locatore), con assunzione spesso di ulteriori compiti, quale quello di consulente fiscale, o di assistenza nelle trattative o di far visitare l'immobile, con la previsione del diritto di esclusiva in favore dell'incaricato, e qualora venga pattuito a fronte delle prestazioni un corrispettivo in percentuale sul prezzo di vendita, da corrispondersi alla conclusione dell'affare, secondo il giudice di legittimità, siamo ben al di fuori della figura codicistica della mediazione. In tale caso, infatti, il diritto al compenso del mandatario non sorge più in forza del disposto dell'articolo 1755 del Cc, ma è a carico unicamente del mandante, ex articoli 1709 e 1720 del Cc, rispetto al quale il mandatario è contrattualmente vincolato nell'espletamento dell'incarico.
Pertanto, se il mediatore ha agito come mandatario egli risponde, nel caso di comportamento illecito, a titolo di responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043 del Cc nei confronti del soggetto destinatario della sua attività che, in quanto estraneo al rapporto contrattuale, assume la qualifica di terzo.
Nel caso specifico, secondo i Supremi giudici, la condotta del mediatore che ha agito in forza di un incarico, consistito in un mandato, quale quello di promuovere la vendita di un immobile, non avendo assolto con la diligenza professionale richiesta i propri obblighi di mandatario, ingenerando così un affidamento non colpevole sulla corrispondenza alla realtà della situazione apparente, non solo fa sorgere nei confronti del terzo una responsabilità ex articolo 2043 del codice civile ma non può escludere neppure un'eventuale corresponsabilità da parte del mandante.