Già, bravo hanton, peccato che quando senti il tintinnio è già troppo tardi... e poi a L.A. dove scappi?? giù per un grattacielo ?? Meglio il tuo C/6quasiR
Quando ero ragazzino,
un po' di anni fa, ricordo un vecchietto piccolino e curvo, quasi a squadra, con dei baffettini curati e bianchi alla Pascalino 7 bellezze, piccolo e minuto con centomila rughe di vita in una faccia affilata e scarna. Aveva degli occhietti sempre un po' strizzati ma vispi e dolci, lesti a scrutare il mondo e le persone.
Le mani, ma effettivamente ricordo nitida quella che ghermiva il bastone cui si reggeva con fiera stanchezza, erano stortignaccole, e adunche come il becco d'un rapace pronto ad afferrare la preda. Oltre a dei vecchi pantaloni con risvolto legati in vita con lo spago, una camicia a quadroni di lana pungente ed una giacchettina di fustagno sdrucito
, portava un cappello un po' piccolo per la sua canuta testa, vecchio come l'uomo che riparava, con a lato una piumetta colorata intersecata da un fiore di campo, ogni giorno vezzosamente diverso. Tre volte a settimana partiva di buon'ora da un paesino a dieci chilometri da Belluno
e, un passo dopo l'altro, ad angolo quasi retto, arrivava fino in città, chissà a far cosa, non importava. L'importante era che, quando vedevo la sua sagoma claudicante varcare la soglia del cancello di casa, mollavo tutto per corrergli incontro gridando a tutti " è arrivato il Vecchio Fiore! è arrivato il Vecchio Fiore!!": non rammento se mi abbia mai rivelato il suo vero nome, ma gli piaceva così: "chi sono io ? il Vecchio......"
"Fioreee" gli urlavo ridendo
, mentre lui, lentamente, col bitorzoluto indice, ammiccava al fiorellino abbarbicato sul cappello.
Con l'esuberanza della mia giovinezza, quasi irrispettosa in quei frangenti, lo accompagnavo da mia nonna che, con aria severa e sguardo sorridente, dopo gl'irrinunciabili ossequi di circostanza ricevuti :daccordo: , gli porgeva un piattino con una bella fetta di polenta gialla come ormai non se ne mangia più, una bella punta di "formai dur" (formaggio duro) e qualche fetta di salame succulento; il tutto accompagnato da un bel quartino di vino rosso. Poi entrambi, anch'io con una fetta di polenta ed un pezzo di formaggio per mano, ci accoccolavamo all'ombra della grande sophora che troneggiava il giardino; mentre il Vecchio Fiore si rifocillava, mi raccontava una storia al giorno, a volte buffe
a volte serie
, a volte cantilene incomprensibili
a volte ciarle :???:, ed io, seppur ragazzino, ormai avevo imparato a riconoscere il suo sguardo, serio o faceto, confuso o bugiardo, dallo strizzar degli occhi, dal volgere lo sguardo altrove
, in alto o in basso. Quando aveva finito, in quel breve tempo che a me pareva eterno, pigramente si appoggiava al tronco, calava il cappello al naso e bellamente s'assopiva come di sonno eterno, almeno per un'oretta, ritornandosene poi per dove era venuto (so che la prima volta che lo vide mia madre, lo racconta ancor oggi sbigottita, corse a chiamare il babbo pensando che fosse morto).
Purtroppo, oggi, tante di quelle storie non le ricordo più, peccato! Ma ce n'è una che, vivida nella mente, mi richiama come in foto i suoi occhi strabuzzati e stranamente sgranati
, non più vividi e lesti ma vuoti e pietrificati: è la storia di come, baldanzoso diciottenne alle armi nella placida Messina, la notte del 28 dicembre 1908
, si salvò la giovane vita saltando dal balcone del quarto piano arrivato, in 37 secondi, quasi al primo. Non ne ho più conosciuti altri, fino al 1976 dopo il Friuli ed oltre un caro vecchio amico prete profugo giuliano, che avessero uno sguardo simile, così sconsolatamente atterrito.
Ecco perchè, caro hanton, preferisco la tua "cantina buia" ai pinnacoli di babeliana memoria: per una questione di sguardi che ti solcano l'anima e il cuore.