difatti proprio in virtù dell'art. 1061 precedente al 1062, nel quale viene riportato che le servitù non apparenti non possono essere tramandate per destinazione del padre di famiglia;
La Suprema Corte di Cassazione ha affermato quanto segue: "a differenza delle servitù volontarie che possono avere ad oggetto una qualsiasi "utilitas", purché ricavata da un fondo a vantaggio di una altro fondo appartenente a diverso proprietario, le servitù prediali coattive formano un "numerus clausus", sono cioè tipiche avendo ciascuna il contenuto predeterminato dalla legge, sicché non sono ammissibili altri tipi al di fuori di quelli espressamente previsti da una specifica norma per il soddisfacimento di necessità ritenute meritevoli di tutela. Pertanto, è inammissibile la costituzione coattiva di una servitù di passaggio di tubi per la fornitura di gas metano, dovendosi escludere una applicazione estensiva dell'articolo 1033 cod. civ. In tema di servitù di acquedotto coattivo, atteso che l'esigenza del passaggio di tubi conduttori del gas non può essere ricondotta sotto la stessa fattispecie normativa che regola la imposizione di servitù di acquedotto, in conseguenza della non assimibilità delle due situazioni per i caratteri peculiari di struttura e funzione di ciascuna di esse, ed in particolare della pericolosità insita nell'attraversamento sotto terra delle forniture del gas, non ricorrente nella servitù di acquedotto" (Cassazione Civile Sez. II, 25 gennaio 1992, n. 980).
Altro problema è relativo al passaggio di tubi per il metano sul terreno dei co-niugi x. I tubi di cui si tratta sono stati posati circa quindici anni fa senza autorizzazio-ne alcuna. Si tratta di una servitù non apparente che, dunque, non può essere usucapi-ta. In ogni caso, trattandosi anche in questo caso di diritti reali di godimento su bene immobile, non si è compiuto il termine di anni venti necessario ad usucapire la servitù.
Si pone, però, un altro problema: il deposito dei tubi di cui si tratta potrebbe integrare i requisiti richiesti dal codice civile per l'esistenza di un servitù coattiva? In altre parole, i proprietari del fondo servente devono considerarsi obbligati a garantire il detto passaggio o meno? Una chiara risposta negativa è stata fornita dalla Suprema Corte: "a differenza delle servitù volontarie che possono avere ad oggetto una qual-siasi "utilitas", purchè ricavata da un fondo a vantaggio di una altro fondo appar-tenente a diverso proprietario, le servitù prediali coattive formano un "numerus clausus", sono cioè tipiche avendo ciascuna il contenuto predeterminato dalla legge, sicchè non sono ammissibili altri tipi al di fuori di quelli espressamente previsti da una specifica norma per il soddisfacimento di necessità ritenute meritevoli di tutela. Pertanto, è inammissibile la costituzione coattiva di una servitù di passaggio di tubi per la fornitura di gas metano, dovendosi escludere una applicazione estensiva del-l'artcolo 1033 cod. civ. In tema di servitù di acquedotto coattivo, atteso che l'esigen-za del passaggio di tubi conduttori del gas non può essere ricondotta sotto la stessa fattispecie normativa che regola la imposizione di servitù di acquedotto, in conse-guenza della non assimibilità delle due situazioni per i caratteri peculiari di struttu-ra e funzione di ciascuna di esse, ed in particolare della pericolosità insita nell'at-traversmaneto sotto terra delle forniture del gas, non ricorrente nella servitù di ac-quedotto" (Cass. Civ. Sez. II, 25 gennaio 1992, n. 980).
Si deve, però, aggiungere che la questione non è pacifica, essendo stata ritenu-ta non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale "dell'art. 1033 cod. civ. nella parte in cui non prevede anche l'obbligo di dare passaggio, ana-logo a quello dovuto alle condotte di acque, a tubi o ad altri condotte per la fornitu-ra del gas metano, in riferimento agli art. 3 comma 1 e 42 comma 2 cost." (Corte d'Appello di Milano, 12 dicembre 1997).
Di conseguenza, il deposito di tubi effettuato sul fondo dei coniugi x è da con-siderarsi illegittimo. Rimane però da chiedersi quale rimedio sia possibile esperire a tutela del diritto di proprietà violato. Senza dubbio non sono più esperibili le c.d. "a-zioni possessorie" previste dagli artt. 1168 e 1170 cod. civ., essendo trascorso ben più di un anno dallo spoglio o dalla turbativa. È necessario allora verificare l'esperibi-lità di una azione ordinaria, nello specifico la c.d. "negatoria servitutis", secondo cui, ai sensi dell'art. 949 cod. civ., "il proprietario può agire per far dichiarare l'inesi-stenza di diritti affermati da altri sulla cosa" e può "chiedere che se ne ordinni la cessazione, oltre alla condanna per il risarcimento del danno".
Presupposti per l'esercizio di detta azione: che "venga posta in essere dal ter-zo un'attività implicante in concreto l'esercizio, che si assume abusivo, di una servitù a carico del fondo di proprietà di colui che agisce" (Cass. Civ. Sez. III, 29 maggio 2001, n. 7277) e che l'esercizio della servitù "sia attuale e concreto" (Cass. Civ. Sez. II, 21 gennaio 2000, n. 649); presupposti che ricorrono senza dubbio nel caso di spe-cie, avendo controparte fatto passare dei tubi del metano sul fondo dei signori Spada senza alcuna autorizzazione e continuando tutt'oggi ad utilizzarli.
L'azione è, inoltre, sempre esperibile essendo imprescrittibile: "l'actio negato-ria servitutis è azione imprescrittibile, con la conseguenza che il proprietario del preteso fondo servente può in qualsiasi momento, e fatti salvi gli effetti dell'interve-nuta usucapione, chiedere che venga accertata, per mancanza del titolo o del decor-so del termine dell'usucapione, l'inesistenza della servitù" (Cass. Civ. Sez. II, 26 gennaio 2000, n. 864).
Sussistono, quindi, tutti i presupposti per esperire la detta azione, che si rivela utile perché "diretta non solo all'accertamento dell'inesistenza della pretesa servitù, ma anche al conseguimento della cessazione della situazione antigiuridica, al fine di ottenere la libertà del fondo" (Cass. Civ. Sez. II, 6 dicembre 1998, n. 6632), in tal modo legittimando l'attore a richiedere non solo l'accertamento dell'inesistenza dell'al-trui diritto ma anche "la rimozione di una conduttura" (Cass. Civ. Sez. II, 15 giugno 1982, n. 3637).