Da quello che scrivi mi sembra di capire che tu non sia un AI. E meno male, altrimenti non si conterebbero i danni.
l'AI, in quanto mediatore, deve mettere insieme la domanda e l'offerta, cercando di essere il più possibile equidistante. Quindi la tutela delle parti è semmai una conseguenza, non il fine ultimo. Ricordiamo anche che secondo il codice civile il mediatore esaurisce il suo compito una volta apposta la firma del contratto. Quindi, è solo una falsa credenza quella di ritenere che l'AI si a responsabile fino al rogito (a meno che non sia stato pattuito così nel contratto). Per lo stesso motivo, l'AI matura al contratto preliminare la provvigione.
Dove hai mai letto questa sciocchezza?
Il contratto, secondo il codice civile, art. 1326, è concluso quando il proponente viene a conoscenza dell'accettazione. Il contratto resta valido anche se non viene corrisposta alcuna caparra. L'AI è una persona terza. Se ha commesso abusi o truffe verrà denunciato dalla parte che si sente danneggiata, ma senza che il contratto sottoscritto subisca alcuna variazione (a meno che questo non sia valido nel merito - qui faccio riferimento ad un contratto standard, di quelli che si trovano di solito in quasi tutte le agenzie). Il contratto è stato firmato da parte acquirente e parte venditrice, e, fino a prova contraria, queste si obbligano ad acquistare e vendere.
Altra invenzione. La caparra penitanziale ha quella peculiarità, non la confirmatoria, che poi è quella che si usa nel 99% dei casi. La controparte può tranquillamente chiedere i danni e anche l'esecuzione specifica del contratto al giudice. Queste cose sono scritte sul codice civile, forse è il caso che prima di scrivere cose completamente false le andassi a leggere!
Il contratto resta valido. Se la parte acquirente si sente raggirata dall'AI, dovrà denunciare quest'ultimo, ed eventualmente chiedergli i danni. Lui, in ogni caso, resta obbligato ad acquistare. Se poi riesce a trovare un accordo diverso con parte venditrice e AI, tanto meglio. Se non si trovano accordi bonariamente, sarà il giudice a stabilire come stanno le cose, dando per scontato che la parte venditrice, come minimo, vorrà vedersi corrisposta la somma qualificata come caparra (e credo che anche l'Ai vorrà la sua provvigione).
Certamente trottolo non ha dato ancora soldi. Ma se il venditore lo chiama in causa, pagherà probabilmente quello e altro! Da dimostrare anche la situazione e gli accordi con l'AI. Carta canta, è qui ci sono le firme delle varie persone. Se nessuno fa niente, certo, amici come prima. Ma di questi tempi, temo che nessun cane voglia mollare l'osso.
Tutto questo per dire, caro Uragano, che hai detto una serie di cose imprecise e addirittura infondate, inventate, seconda la tua opinione (ma qui servono fatti, non opinioni).
Personalmente, invece, se è vero che c'è stato un raggiro da parte dell'AI, io consulterei un avvocato. In primo luogo perché verifica la correttezza della proposta/preliminare, e secondariamente per verificare se nella procedura ci sono state volute omissioni o forzature da parte dell'AI. L'avvocato stesso ti dirà come procedere. Il fatto stesso che sia lui a contattare l'AI, potrebbe far fare a quest'ultimo un passo indietro, soprattutto se effettivamente in mala fede.
ti allego questo:
LA RESPONSABILITA' DEL MEDIATORE
In tema di responsabilità del mediatore il dibattito, in dottrina e giurisprudenza, si è recentemente arricchito di una serie di considerazioni che hanno portato da un lato ad estendere notevolmente gli obblighi previsti a carico del mediatore (in considerazione della sua oramai riconosciuta qualifica professionale) e dall'altro ad individuare più specificatamente le ipotesi di responsabilità ascrivibili allo stesso. Partendo dalle fonti normative di detta responsabilità viene in esame innanzitutto l'art. 1759 del cod. civ. che dispone al primo comma, che: " Il mediatore deve comunicare alle parti le circostanze a lui note, relative alla valutazione e alla sicurezza dell'affare, che possono influire sulla conclusione di esso". Al secondo comma l'articolo 1759 cod. civ. disciplina invece un'ipotesi particolare che riguarda unicamente la responsabilità del mediatore per l'autentica delle firme apposte sulle scritture private stipulate in sua presenza, nonché quella apposta sui titoli di credito trasmessi suo tramite. Precisiamo subito che detta seconda disposizione ha creato meno problemi sia pratici che interpretativi, essendo assai chiara nella sua formulazione, e pertanto non necessita di alcun commento. Con riferimento invece all'interpretazione del primo comma dell'articolo 1759 cod. civ. osserviamo, come detto, che la dottrina e la giurisprudenza hanno, nel corso degli ultimi anni, esteso ed ampliato la portato di tale responsabilità, in considerazione soprattutto dell'entrata in vigore della legge 39/89 che ha indiscutibilmente creato la figura del mediatore professionale. All'originario obbligo di imparzialità, tipico della figura del mediatore così come costituita nel codice civile, si è aggiunto pertanto anche quello della "diligenza qualificata" richiesto dal secondo comma dell'art. 1176 cod. civ. nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale. Conseguentemente il mediatore è ritenuto oggi non solo obbligato a fornire alle parti intermediate la comunicazione di tutte le circostanze a lui note, che possano incidere sulla sicurezza o convenienza dell'affare (obbligo di imparzialità), ma anche a verificare la veridicità di dette informazioni secondo i criteri dettati dalla diligenza professionale. In altre parole l'obbligo del mediatore di comunicare alle parti le circostanze note non è limitato alle circostanze conoscendo le quali le parti, o taluna di esse, non avrebbero dato il consenso a quel contratto, ma si estende anche alle circostanze che avrebbero indotto le parti a concludere quel contratto con diverse condizioni e clausole. Il dovere di imparzialità che incombe sul mediatore è infatti violato, e da ciò deriva la sua responsabilità, tanto nel caso di omessa comunicazione di circostanze che avrebbero indotto la parte a non concludere l'affare, quanto nel caso in cui la conoscenza di determinate circostanze avrebbero indotto la parte a concludere l'affare a condizioni diverse. (così Cass. 2277/94). Conseguentemente l'obbligo di comunicazione gravante sul mediatore si estende non solo alle circostanze accertate, ma anche a quelle di cui il mediatore abbia avuto semplicemente notizia. Si noti addirittura che alcune pronunce giurisprudenziali si sono spinte oltre, ovvero ravvisando una responsabilità del mediatore anche in ordine a circostanze che seppur non conosciute avrebbe dovuto conoscere perché rientranti nel contenuto della
prestazione che egli stesso usualmente si impegna a svolgere in favore del cliente (così Tribunale di Trieste 2.12.1991 che ha esteso la responsabilità del mediatore anche al caso in cui non abbia comunicato all'acquirente il carattere abusivo dell'appartamento proposto in acquisto, di cui peraltro non era a conoscenza. Si noti altresì l'isolata sentenza del Tribunale di Roma 19.6.1996 che ha esteso l'obbligo del mediatore anche alla verifica della "fattibilità giuridica e della regolarità formale dell'affare, propedeutica al suo naturale sbocco contrattuale"). La Corte Suprema comunque ha ribadito, anche recentemente, che il mediatore, in difetto di un incarico particolare in proposito, non é tenuto a svolgere, nell'adempimento della propria prestazione, specifiche indagini di natura tecnico-giuridica al fine di individuare circostanze rilevanti ai fini della conclusione dell'affare. Ad esempio, nel campo dell'intermediazione immobiliare, egli non è tenuto ad effettuare visure catastali ed ipotecarie al fine di accertare la libertà dell'immobile oggetto del trasferimento, senza un espresso incarico ricevuto da una delle parti. Ciononostante, a parere della Suprema Corte, il mediatore è gravato di un obbligo di corretta informazione, secondo il criterio della media diligenza professionale: tale obbligo ricomprende, in senso positivo, l'obbligo di comunicare le circostanze a lui note o comunque conoscibili con la comune diligenza richiesta al mediatore, nonché, in senso negativo, il divieto di fornire non solo informazioni in veritiere, ma anche informazioni su circostanze delle quali egli non abbia consapevolezza e che non abbia adeguatamente controllato, perché il dovere di correttezza e quello di diligenza gli imporrebbero in tal caso di astenersi dal darle ( nel caso in esame il mediatore aveva assicurato la libertà dell'immobile da vincoli ipotecari, fornendo tale garanzia sulla base delle semplici affermazioni riferitegli dal venditore, senza verificarne la veridicità. La Corte di Cassazione ha ravvisato la responsabilità dello stesso in quanto ha sancito che, secondo il criterio della media diligenza professionale, il mediatore non avrebbe potuto fornire alcuna assicurazione, ma si sarebbe dovuto limitare a informare l'altro contraente che la circostanza gli era stata comunicata dal venditore, e non era stata controllata. Per aver certezza della bontà dell'affermazione avrebbe dovuto consigliare di effettuare un'apposita visura). Alla luce dei sopraesposti principi appare evidente come attualmente la diligenza e la correttezza cui il mediatore deve ispirarsi nell'esercizio della propria attività non gli consentano più di fornire notizie non controllate, che risultino poi false o inesatte, senza incorrere nel regime di responsabilità contrattuale prevista a tutela del cliente danneggiato. Ai fini della valutazione della responsabilità quel che rileva non è tanto il fatto che il mediatore sia o meno consapevole di rendere una dichiarazione non veritiera, ma il non averne previamente verificato l'esattezza, assicurandone nel contempo la veridicità al contraente. Pertanto, ove il mediatore per negligenza, imperizia o leggerezza abbia omesso di informare le parti delle mancata verifica della bontà delle affermazioni reciprocamente scambiate, potrà essere chiamato in giudizio per risarcire il danno. Alla luce di questa nuova interpretazione, e delimitazione della responsabilità del mediatore, si può affermare che questi risponde anche nel caso in cui abbia agito in buona fede, a meno che non provi che l'inadempimento sia stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile, o che
l'approfondimento sulla circostanza del caso non sia conoscibile con l'ordinaria diligenza. Concludendo la giurisprudenziale prevalente, ponendo correttamente in rilievo la natura professionale dell'attività di mediazione, pur non spingendosi fino al punto da ritenere rientrante nell'obbligo di correttezza e di informazione, sanciti dal disposto dell'art. 1759 c.c. , anche l'obbligo per il mediatore di svolgere, di propria iniziativa e senza un particolare incarico in proposito, specifiche indagini di natura tecnico-giuridica (che possano esulare dalle sue capacità e possibilità materiali e che finirebbero per equiparare l'attività svolta dal mediatore a quella ben più tecnica del legale) è in grado di salvaguardare efficacemente l'interesse delle parti contraenti, interesse che potrebbe risultare compromesso da una falsa rappresentazione della realtà dovuta all'affidamento suscitato dall'opera dell'agente immobiliare.
Fonte FIMAA Avv. Daniele Mammani