sergio gattinara

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E pensare che Israele è l'unico Paese con una Democrazia in tutta l'area medio Orientale, ma mezzo mondo la soppesa e la confronta con tutte le dittature sanguinarie limitrofe!
vi trascrivo un vecchio articolo scritto da prof Volli d Torino e pubblicato su INFORMAZIONE CORRETTA che mi sembra istruttivo ed interessante
Cari amici,

spero che siate contenti di questa notizia: la signora Abbas sta bene. Per chi non lo sapesse e fosse incuriosito dalla mia comunicazione, aggiungerò che la signora in questione, molto discreta e nelle foto che abbiamo molto velata, alla faccia della pretesa laicità della sua famiglia, è moglie del dittatore palestinese Mahmoud Abbas. La ragione di dar notizie della sua salute è che la signora si è sottoposta due giorni fa a un delicato intervento di chirurgia. E l'ha fatto, questo il punto fondamentale, all'ospedale Asuta di Tel Aviv.


Guardate un po', non in una clinica dello Stato di cui è first lady, neppure nella Giordania di cui forse lei, ma certamente il marito, custodisce gelosamente il passaporto. Non dagli amici egiziani, non da quelli iraniani, non in un altro paese arabo o musulmanto qualunque, dal sultanato di Brunei alla Mauritania – pure sono tutti sostenitori del marito, amici dei palestinesi, insomma sono tutti buoni. E non è andata a operarsi neppure negli Stati Uniti. Certo, il volo è costoso, ma nei dieci anni di presidenza del marito (quattro anni di termine legale, sei di proroga autodonata), la sua famiglia si è parecchio arricchita, probabilmente di qualche miliardo di euro: un biglietto aereo se lo poteva permettere. E forse Obama, che notoriamente è buono anche lui, poteva darle uno strappo. No, è andata in Israele, dai nemici, nello stato di apartheid, dai coloni, dagli occupanti

( Wife of Palestinian Authority President undergoes surgery in Tel Aviv - Middle East - Jerusalem Post ).

Penso che sarebbe interessante chiedersi il perché. Si fidava dei medici? O della sicurezza? O di entrambi?


Un mio corrispondente, che non nomino per rispettare la sua privacy, ma ringrazio per le frequenti informazioni che mi invia, mi ha scritto facendomi notare che “Anche Abu Mazen stesso e' stato trattato in un ospedale israeliano. E qualche mese fa, ho dimenticato di dirvelo, la nipotina di Ismail Haniye [il primo ministro del governo di Hamas a Gaza ] è pure stata trattata all'ospedale Schneider per bambini.” Interessante, vero? Non solo i dirigenti dal'Autorità Palestinese, ma anche quelli di Hamas affidano se stessi e i propri parenti agli ospedali israeliani. Si fidano, chissà perché. Fatemi aggiungere un paio di informazioni in più. La prima è che è capitato abbastanza spesso che arabi i cui figli o se stessi sono stati salvati da ospedali israeliani hanno cercato di farne strage con cinture esplosive (Notizie su Israele - 23 giugno 2005) o si sono augurati che altri lo facessero al posto loro. La seconda, che conoscete bene, è che queste persone e chi sta loro vicino, sono responsabili di numerosi crimini inumani nei confronti degli stessi israeliani dei cui ospedali si fidano: il rapimento dei tre adolescenti che ci angoscia in questi giorni, quello di Gilad Shalit, catturato in territorio israeliano e tenuto sottoterra per quattro anni; lo sgozzamento di neonati insieme a tutta la famiglia, i tentativi continui di uccidere civili inermi con sassi sulle macchine in corsa, bombe molotov, coltellate, razzi diretti sulle case della gente.


E' un paradosso, non vi pare? Lo stesso paradosso per cui gli arabi sospettati di essere terroristi e trattenuti durante le indagini con un provvedimento amministrativo, secondo le norme di diritto inglese ereditate dal mandato britannico e applicate nei territori contesi di Giudea e Samaria per non usare il diritto israeliano e suscitare con ciò l'indignazione dei benpensanti di tutto l'Occidente, fanno lo sciopero della fame lamentandosi di essere trattenuti senza una sentenza, mentre Hamas ha il record mondiale di condanne capitali pro capite e sia Hamas che Fatah praticano allegramente la tortura nelle loro prigioni e ammazzano senza curarsi di processi chi vende una proprietà immobiliare a un israeliano – per non parlare dei diritti di Shalit o dei tre rapiti ora, che nessuno da quella parte ha mai difeso.


C'è insomma un gioco delle parti. Quando gli interessa usano le garanzie che l'etica e il diritto occidentale fornisce loro: tribunali regolari, stampa libera, ospedali i cui medici rispettano il giuramento di curare tutti i malati senza badare ad appartenenze religiose, statali ed etniche, condizioni di classe e così via. Ma da parte loro si guardano bene dall'applicare anche lontanamente vincoli del genere al loro interesse. Protestano se sono arrestati secondo norme antiquate, ma non hanno nessuno scrupolo a rapire gli innocenti, come i tre ragazzi e anche tutte le studentesse del Mali rese schiave e violentate, che non si è riusciti a liberare da mesi. Rapiscono anche i loro amici, come quel Padre Dall'Oglio gesuita, che è stato preso mesi fa, nonostante la sua dichiaratissima simpatia per l'Islam e la ribellione in corso in Siria. Ammazzano prigionieri disarmati come Fabrizio Quattrocchi e Daniel Pearl, rapiti e poi ammazzati davanti a una telecamera per eternare la bella azione.


Il fatto è che nessuno giudica male questi assassini e rapitori. La loro opinione pubblica porta in trionfo chi ammazza vilmente (per esempio con una bomba) o rapisce gli infedeli (Fatah continues to celebrate kidnapping while Abbas issues tepid condemnation - PMW Bulletins). Qui si vede che lo scontro non è solo politico, ma di civiltà; o meglio della civiltà occidentale faticosamente conquistata e della barbarie islamica che perpetra il più vile terrorismo, gli omicidi più laidi, i rapimenti più criminali, senza che una coscienza morale si ribelli dalla loro parte. In questo gli islamisti sono peggio dei nazisti: vi sono stati dei militari tedeschi che si sono rifiutati di compiere le stragi di ebrei disarmati che il nazismo comandava e non hanno subito gravi danni, sono solo stati rimandati ai reparti combattenti; mentre il solo insegnante universitario che ha avuto il coraggio di portare i suoi studenti a vedere Auschwitz (tutt'altro che un filoisraeliano, solo uno storico scrupoloso) è stato sottoposto a una vera persecuzione (Palestinian lecturer who led Auschwitz trip quits after backlash | The Times of Israel ).
 

quiproquo

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il muro , non quello del pianto, ma l'altro quello al quale si è rivolto il papa serve per impedire che i kamikaze si ammazzino per ammazzare gli ebrei
Quindi se è giusto, ed è giusto, che gli ebrei innalzano un muro per impedire lo sconquasso dei kamikaze, quanti muri o rifugi dovrebbero
costruire i palestinesi per difendersi dai bombardamenti devastanti dei loro vicini??? Tanti, tantissimi...ma come??? Con quali mezzi???
Chissà per quanto tempo ci arrovelleremo in tale dilemma. Brevemente ritorno su Papa Bergoglio. E chiedo a tutti gli intervenuti:
perchè, nonostante gli incidenti di percorso, è diventato tanto popolare e in così breve tempo??? E perchè è inviso, fuori dai denti, alla Destra...??? Alla nostra Destra in particolare...!!! A voi le risposte. Un cordiale saluto a tutti. qpq.
 

sergio gattinara

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Intanto chiariamo che Hamas con suoi razzi (credo che si chiamino Kassam) bombarda indiscriminatamente Israele si calcola che ne abbia lanciati in un anno per un valore d 150 milioni i dollari e solo grazie allo scudo antimissili d cui si dotato Israele ne cadono solo alcuni, sufficienti per obbligare le famiglie a dividersi mandando figli in località più sicure .
I bombardamenti di Israele mirano a colpire i luoghi da dove partono i missili che gli israeliani identificano grazie al sistema antimissili che dispone di un numero satelliti fornito dagli USA .
In questo modo se il missile parte da un ospedale o da una casa di civile abitazione gli Israeliani avvisano telefonicamente chi ci abita in modo che possano allontanarsi.
Qualche mese fa bombardarono un ospedale causando morti e feriti con grande scandalo. senonchè emerse che fu HAMAS che impedì la corsa ai rifugi perchè gli fanno comodo un po di morti.
I palestinesi per non essere bombardati con bombardamenti mirati devono obbligare HAMAS a smetterla i lor0 bombardamenti ma dato che Hamas non ci pensa proprio cosa deve fare Israele?
Quanto a papa Bergoglio e alla domanda perchè è così popolare la risposta è semplice.
Il suo linguaggio da parroco di campagna piace .
Dare l'impressione di favorire il controllo delle nascite. di rtrovare una "comprensione " dei divorziati e dei gay
Non parliamo poi delle "interviste " di Scalfari che sono la gioia di tutti i progressisti
Il 28 ottobre 2014 ha ospitato in Vaticano vari movimenti no global compreso i LEONKA e ha scagliato fulmini Tanto che Fausto Bertinotti ha indicato lui a TGTRE NOTTE il vero rivoluzonario el momento. anche sul comunismo non si è mai espresso preferendo driblare le domande dicendo di aver conosciuto militanti comunisti in Argentina che erano brave persone, aggiungendo " chi sono io per giudicare"?
Secondo Sandro Magister colpiscw in alcuni discorsi del papa la somiglianza nei discorsi del papa con le teorie del filosofo Toni N egri e dal suo discepolo Michael Hardt in un libro del 2002 "IMPERO"
L'uomo vuole piacere ma così facendo titilla il populismo della massa e commette errori che lo rendono inadeguato.
Prendiamo il caso di Manila ad un certo punto il papa ha detto che la sofferenza innocente è l'unica domanda che non ha risposta.

Ma la Chiesa ha sempre insegnato che la risposta concretissima è Cristo crocefisso che si carica i tutto il dolore umano e lo redime vincendo il male e la morte spalancando la felicità agli uomini.
Bergoglio dice che non c'è risposta e sembra anzi pensare che il verbo di Dio ne sa meno di noi.
Ovviamente queste considerazioni le può fare chi va a messa alla domenica ed è cattolico osservante-
Gli atei, gli agnostici chi non crede o chi vuole che la C hiesa si adegui al laicismo e li lasci in pace son ben lieti per le sue uscite che trasmettono al popolo selezionandole
Infatti sui " conigli il giornale la Repubblica si è sbizzarita mentre l'attacco del papa all'isegnamemto delllatoria gender n elle scuole non ha fatto parola eppure l'ha defita " colonizzazione ideologica addirittura simile a quellle delle dittature come i balilla in Ialia e la gioventù hitleriana
 

quiproquo

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Intanto chiariamo che Hamas con suoi razzi (credo che si chiamino Kassam) bombarda indiscriminatamente Israele si calcola che ne abbia lanciati in un anno per un valore d 150 milioni i dollari e solo grazie allo scudo antimissili d cui si dotato Israele ne cadono solo alcuni, sufficienti per obbligare le famiglie a dividersi mandando figli in località più sicure .
I bombardamenti di Israele mirano a colpire i luoghi da dove partono i missili che gli israeliani identificano grazie al sistema antimissili che dispone di un numero satelliti fornito dagli USA .
In questo modo se il missile parte da un ospedale o da una casa di civile abitazione gli Israeliani avvisano telefonicamente chi ci abita in modo che possano allontanarsi.
Qualche mese fa bombardarono un ospedale causando morti e feriti con grande scandalo. senonchè emerse che fu HAMAS che impedì la corsa ai rifugi perchè gli fanno comodo un po di morti.
I palestinesi per non essere bombardati con bombardamenti mirati devono obbligare HAMAS a smetterla i lor0 bombardamenti ma dato che Hamas non ci pensa proprio cosa deve fare Israele?
Quanto a papa Bergoglio e alla domanda perchè è così popolare la risposta è semplice.
Il suo linguaggio da parroco di campagna piace .
Dare l'impressione di favorire il controllo delle nascite. di rtrovare una "comprensione " dei divorziati e dei gay
Non parliamo poi delle "interviste " di Scalfari che sono la gioia di tutti i progressisti
Il 28 ottobre 2014 ha ospitato in Vaticano vari movimenti no global compreso i LEONKA e ha scagliato fulmini Tanto che Fausto Bertinotti ha indicato lui a TGTRE NOTTE il vero rivoluzonario el momento. anche sul comunismo non si è mai espresso preferendo driblare le domande dicendo di aver conosciuto militanti comunisti in Argentina che erano brave persone, aggiungendo " chi sono io per giudicare"?
Secondo Sandro Magister colpiscw in alcuni discorsi del papa la somiglianza nei discorsi del papa con le teorie del filosofo Toni N egri e dal suo discepolo Michael Hardt in un libro del 2002 "IMPERO"
L'uomo vuole piacere ma così facendo titilla il populismo della massa e commette errori che lo rendono inadeguato.
Prendiamo il caso di Manila ad un certo punto il papa ha detto che la sofferenza innocente è l'unica domanda che non ha risposta.

Ma la Chiesa ha sempre insegnato che la risposta concretissima è Cristo crocefisso che si carica i tutto il dolore umano e lo redime vincendo il male e la morte spalancando la felicità agli uomini.
Bergoglio dice che non c'è risposta e sembra anzi pensare che il verbo di Dio ne sa meno di noi.
Ovviamente queste considerazioni le può fare chi va a messa alla domenica ed è cattolico osservante-
Gli atei, gli agnostici chi non crede o chi vuole che la C hiesa si adegui al laicismo e li lasci in pace son ben lieti per le sue uscite che trasmettono al popolo selezionandole
Infatti sui " conigli il giornale la Repubblica si è sbizzarita mentre l'attacco del papa all'isegnamemto delllatoria gender n elle scuole non ha fatto parola eppure l'ha defita " colonizzazione ideologica addirittura simile a quellle delle dittature come i balilla in Ialia e la gioventù hitleriana
Ti ho già detto che non sono in condizioni di approfondire nè in un senso, nè nell'altro...Mi limito a chiudere la mia partecipazione riepilogando schematicamente la mia posizione:
1)Israele fa parte del nostro mondo occidentale e sono dalla sua parte,
2) Il mondo musulmano che con il suo fondamentalismo permette
azioni per noi occidentali aberranti senza contare i dis-valori familiari,
mi fa orrore e muove una grande indignazione,
3) Nel contempo il POPOLO palestinese mi muove sentimenti di pietà...al di là dei torti che gli si attribuiscono...
4) E' possibile che partendo da Israele il mondo intero si unisca per bloccare le armi ai palestinesi??? Perchè Israele non l'ha mai chiesto?
5) Bergoglio...la tua battuta sul parroco di campagna mi fa sorridere...
ma ti chiedo: non ti sembra riduttivo??? Di solito i direttori d'orchestra
piccoli, grandi o grandissimi che siano diventati sono degli ottimi strumentisti...in primo luogo Piano forte-Organo e Violino...seguono a ruota gli altri...ultimo è il contrabbasso...ebbene lo strumento di studio ed elezione del grandissimo Artuto Toscanini era proprio il contrabbasso...A te il legame col Parroco...Bergoglio...Ti saluto sempre cordialmente. Quiproquo.
 

GianfrancoElly

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In tutto questo discorso si dimentica che i Sionisti hanno fondato il loro stato e lo stanno espandendo in Palestina, territorio abitato da arabi e da minoranze ebree. Il discorso che è stato creato acquistando terreni arabi è semplicemente ridicolo: se italiani comprano terreni svizzeri potrebbero creare uno stato? In realtà gli ebrei si sentono il popolo eletto che ha diritto di tornare in territori lasciati 2.000 anni fa.
 

quiproquo

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In tutto questo discorso si dimentica che i Sionisti hanno fondato il loro stato e lo stanno espandendo in Palestina, territorio abitato da arabi e da minoranze ebree. Il discorso che è stato creato acquistando terreni arabi è semplicemente ridicolo: se italiani comprano terreni svizzeri potrebbero creare uno stato? In realtà gli ebrei si sentono il popolo eletto che ha diritto di tornare in territori lasciati 2.000 anni fa.
E anche questo che riporti dovrebbe essere vero ed è una delle basi da cui partire per riconoscere a ciscuna delle parti i torti e le ragioni e
inchiodarli ad un compromesso che tenga conto dei diritti di base...
Non vi è dubbio che finora vi è stata una sproporzione di tali diritti
a favore di Israele e che la stessa forte della sua potenza dovrebbe
essere pronta a concedere di più. Per il resto è solo e sempre guerra...Quiproquo.
 

sergio gattinara

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Premesso che l'argomento della discussione sarebbero le riflessioni su PAPA BERGOGLIO per cui l'intervento mi sembrerebbe fuori tema, non ho difficoltà ad imbarcarmi in quest'altro argomento già da me trattato in passato
Tenuto conto però che sullo stesso argomento ho avuto l'impressione che per molti di quelli che intervengono la conoscenza del tema mi sembra incompleta preferisco trascrivere un servizio del Jeusalem Post che mi sembra possa interessare. dopo di che possiamo scambiarci le impressioni in una nuova discussione ( @guardiano permettendo)
Storia


Israele: 21 domande, 21 risposte

Luciano Tas, scrittore e giornalista, già direttore del mensile Shalom,ha pubblicato un utile documento per conoscere correttamente la questione israelo-palestinese.


1) Quasi duemila anni fa esisteva uno Stato ebraico in Palestina, ma poi ci hanno vissuto gli arabi, cioè i palestinesi. Dopo tanto tempo non hanno acquisito il diritto alla loro patria?


Gli arabi non hanno abitato a lungo in modo stabile la Palestina.

Continuativamente, solo poco più di un secolo. Per quattro secoli, dal 1516 al

1918, la Palestina è stata una negletta provin-cia turca quasi disabitata,

consegnata dall'incuria dei governi di Istanbul alla sabbia del deserto e alle

paludi. La Palestina (meglio conosciuta in quei secoli come "provincia di

Damasco" e comprendente l'attuale Israele, Cisgiordania, Giordania, Libano e

parte della Siria) incomincia a essere "restaurata" solo a partire dalla

seconda metà dell'800, quando i primi pionieri ebrei, giunti dall'Impero

zarista, creano qualche occasione di lavoro, capace di attirare lavoratori di

altre province turche, come la Siria, l'Iraq, l'attuale Giordania (creata

artificialmente, a tavolino, solo nel 1921), lo stesso Egitto. Maggiori

occasioni lavorative si sviluppano tra la prima e la seconda guerra mondiale,

sia per l'occupazione britannica che per le fatiche dei contadini ebrei, con i

loro aranceti e le terre acquistate a caro prezzo dagli sceicchi arabi e

strap-pate alla sabbia, e al conseguente indotto. Che oggi i palestinesi, cioè i

pronipoti dei tanti lavoratori arabi giunti in Pale-stina un secolo fa, esistano

e abbiano acquisito una coscienza nazionale, prima del tutto inesistente, è

vero. Che abbiano diritto a un loro territorio e a un loro Stato autonomo oltre

alla Giordania, dove più dei due terzi degli abitanti sono palestinesi, è ormai

altrettanto accettato. Ma non è falsando la Storia che questi diritti diventano

più sicuri.


2) Ma allora cos'è, di chi è la Palestina?


Come entità autonoma la Palestina (Peleshet) non è mai esistita, né sono mai

esistite una lingua e una cultura palestinesi. I palestinesi, come i giordani, i

si-riani, i libanesi e gli iracheni (tutte entità nazionali inventate dopo la

prima guer-ra mondiale, nel i 92X)) sono arabi, proprio come i giordani, i

siriani e così via, e tali unicamente si considerano. Per quasi 1900 anni

l'area designata con il nome greco-romano di Palestina (per far dimenticare il

nome stesso di Giudea) non è stata una nazione e non ha avuto frontiere, ma solo confini amministrativi. Gli Arabi conquistano la Palestina soltanto nel 637 e vi regnano fino al 750, per 11 3 anni in totale. Poi vi si alternano Persiani,

Turchi, Circassi, Bizantini, Curdi, e nel 1099 i Cro-ciati cristiani, sconfitti

nel 1187 da un condottiero curdo, il Saladino. Nel 1244 sono delle tribù alleate

di Gengis Khan a occupare e a mettere a sacco la Palestina. Poco dopo

arriveranno i Mongoli, cacciati nel 1516 dai Turchi che costituiranno l'Impero

Ottomano, dalla Turchia ai paesi del Magreb, vale a dire lungo tutta la costa

meridionale del Mediterraneo. I Turchi vi resteranno fino alla fine della prima

guerra mondiale, nel 1918. La decadenza e il degrado della Palestina la fa

apparire una " landa desertica e paludosa (..) quasi disabitata" agli occhi di

Edmondo De Amicis nella seconda metà dell'8OO, mentre nel 1867 Mark Twain

scriveva che la Palestina era (una silenziosa e funerea estensione, una

desolazione (.J Non abbiamo mai visto un essere umano sulla strada (...).

Perfino gli ulivi e i cactus, quegli amici sicuri di un terreno incolto, hanno

per lo più abbandonato il paese (..). La Palestina siede su sacchi di cenere,

desolata e brutta...". Gli unici insediamenti permanenti in Palestina -

segnatamente a Gerusalemme e a Safed, sede ininterrotta quest'ultima di

università religiose - sono stati quelli ebraici, a partire dalla fine del regno

ebraico nel 70.


3) Perché gli ebrei dopo la seconda guerra mondiale hanno scelto di andare

proprio in Palestina, dove già c'erano gli arabi?


Non si può dire che abbiano scelto.

Prima che scoppiasse la seconda guerra mondiale, il nazismo in Germania già

perseguitava i suoi 500.000 cittadini ebrei. Le disperate richieste di quegli

ebrei di essere accolti nei paesi democratici al fine di evitare quello che già

si profilava chiaramente come il loro tragico destino, vennero respinte. Nel

luglio 1938 i rappresentanti di trentuno paesi democratici s'incontrarono a

Evian, in Francia, per decidere la risposta da dare agli ebrei tedeschi. Ebbene,

nel corso di quella Conferenza, la risposta fu che nessuno poteva e voleva farsi

carico di tanti profughi. Dal canto suo la Gran Bretagna, potenza mandataria

della Palestina, venendo meno al solenne impegno assunto verso gli ebrei nel

1917 di creare una National Home ebraica in Palestina, nel 1939 chiudeva la

porta proprio agli ebrei con il suo Libro Bianco, nel vano tentativo

d'ingraziarsi gli arabi. E' stata questa doppia chiusura a condannare a morte

prima gli ebrei tedeschi e poi, via via che la Germania nazista occupava

l'Europa, gli ebrei austriaci, ce-chi, polacchi, francesi, russi, italiani, e

così via. Il costo per gli ebrei d'Europa, che contavano allora una popolazione

di dieci milioni, fu di sei milioni di assassi-nati, inclusi un milione e mezzo

di bambini. Appena finita la seconda guerra mondiale i 5/600.000 ebrei

superstiti, in mas-sima parte originari dell'Europa orientale, si trovarono

senza più famiglia, senza amici, senza casa, senza poter rientrare nei loro

paesi, dove l'antisemitismo divampava (in Polonia ci furono sanguinosi pogrom

persino dopo la guerra, e nell'Unione Sovietica Stalin dava l'avvio a una

feroce campagna antiebraica). Tra il 1945 e il 1948 nessun paese occidentale,

Gran Bretagna e Stati Uniti in testa, volle accogliere neanche uno di quel mezzo

milione di ebrei displaced persons, come venivano definiti dalla burocrazia

alleata. La Palestina, malgrado la Gran Bretagna e il suo Libro Bianco, sempre

in vigo-re anche dopo la fine della seconda guerra mondiale, non fu quindi una

scelta, ma l'unica speranza, legata al sogno, all'utopia sionista, cioè quella

del "ritorno" a una patria, all'antica patria, il sogno di Teodoro Herzl. Una

patria anti-ca/moderna dove da tempo si era già formata una infrastruttura

ebraica.


4) Gli arabi non hanno mai perseguitato gli ebrei. E perché poi gli arabi

dovrebbero pagare per il fatto che gli ebrei sono stati sterminati dai nazisti?


Se il metro di misura dell'odio per gli ebrei è quello che nei secoli passati

ha esercitato in Europa la Chiesa, con i suoi ghetti, i suoi roghi, i suoi

pogrom, allo-ra si può dire che gli arabi non hanno mai fatto nulla di simile,

almeno nelle stesse dimensioni. Nel passato la vita degli ebrei nei paesi

islamici e negli stessi paesi arabi è stata nell'insieme sopportabile. Di serie

B, ma sopportabile. Gli arabi hanno incominciato a sviluppare in Palestina un

odio "politico" nei confronti degli ebrei pochi anni dopo l'inizio, nel 1920,

del Mandato britannico. L'odio, sapientemente fomentato dai capi arabi, primo

tra i quali il Gran Muftì di Gerusalemme (che durante la seconda guerra mondiale avrebbe raccolto volon-tari per formare una divisione SS araba andata poi a combattere a fianco dei tedeschi contro l'Unione Sovietica), doveva culminare, dopo molti altri gravi fatti di sangue antiebraici, nella strage perpetrata a Hebron nel 1928 contro l'inerme, antica comunità religiosa ebraica. Dopo il rifiuto arabo di accettare nel novembre 1947 la spartizione della resi-dua

Palestina - esclusa cioè la parte maggioritaria della Palestina diventata

Gior-dania - in due Stati, uno arabo e uno ebraico, e dopo la nascita dello

Stato d'Israele, il 15 maggio 1948, i dirigenti dei paesi arabi - Siria, Iraq,

Giordania, Libano, Egitto - mossero i loro eserciti contro il nuovo Stato

ebraico. L'aggressione fallì un anno dopo, ma i paesi arabi non vollero mai

trarre le con-clusioni dal loro fallimento. Per questo non vollero mai assorbire

i 4/500.000 profughi arabi loro fratelli, in gran parte fatti da loro stessi

fuggire dalla Palestina, quella rimasta dopo l'escissione della Giordania, e in

parte costretti ad andarsene, spinti dagli eventi bellici. Preferirono tenerli

confinati in campi, dove la loro sopravvivenza era assi-curata dagli aiuti delle

Nazioni Unite e tenendoli per due generazioni nell'ingrato ruolo di arma

politica contro Israele. Nessun paese arabo, con la parziale eccezione del Regno giordano, volle ac-cogliere e integrare i profughi palestinesi e qualche volta li espulse, come fece il Kuwait, appena liberato nel 1991 dall'occupazione

irachena, una occupazione per la quale i lavoratori palestinesi in Kuwait

avevano prematuramente e inopportu-namente festeggiato. Nello stesso 1948 i

paesi arabi avevano espulso o costretto a partire mezzo milione di ebrei, che

trovarono pronto rifugio in Israele. Questi profughi dai paesi arabi misero a

dura prova la capacità organizzativa ed economica dello Stato ebraico, ma alla

fine la loro integrazione finì per essere compiuta.


5) A proposito del 29 novembre 1947, quando le Nazioni Unite assegnarono una parte della Palestina agli arabi e un'altra agli ebrei. Quella ebraica non fu

forse sottratta agli arabi?


Quando l'ONU votò quella Risoluzione, da parte ebraica ci fu un'esplosione di

entusiasmo, sia fra gli ebrei di Palestina che quelli della Diaspora. Uno Stato

ebraico rappresentava per i primi la salvezza, per i secondi l'assicurazione

sulla vita, un polo di riferimento, una garanzia.


E si trattava di meno di un decimo della Palestina originale, di meno di un

centesimo del mondo arabo.

Lo stesso mondo arabo respinse invece con furore la spartizione di un lembo di

Palestina, che sottraeva alla loro influenza un pur minuscolo, insignificante e

poverissimo spazio. L'assegnazione agli ebrei di quel minuscolo spazio fu

consi-derata dagli arabi una profonda ferita, un'offesa inaccettabile.

Per questo i paesi arabi vicini - Libano, Siria, Iraq, Giordania, Egitto - con

l'appoggio finanziario e militare di tutti gli altri più lontani, non vollero

rispettare la Risoluzione dell'ONU e aggredirono lo Stato d'Israele, prima

ancora che la mezzanotte del 14 maggio ne segnasse la nascita.


6) Israele ha occupato militarmente la Palestina, cacciandone i palestinesi nel '48, nel '49 e nel '67. E ora non vuole farli tornare sulla loro terra, né

restituire i territori occupati nel 1967.


Non è vero che Israele abbia espulso tutti gli arabi durante e dopo le guerre

del 1948, '49 e '67. Altrimenti non si saprebbe spiegare come mai nello Stato

ebraico vivano oggi oltre un milione di arabi di nazionalità israeliana, e come

mai ne vivano un milione e mezzo in Cisgiordania.

Secondo le stime dell'ONU, si può fissare in 4/500.000 gli arabi che lasciarono

o furono cacciati dalla Palestina nel corso di quelle guerre. Una parte era

fuggita dalla guerra, stimolata dagli appelli dei paesi arabi che si

accingevano, secondo le loro intenzioni, a entrare in forza in Palestina e

"buttare a mare gli ebrei". In numerosi messaggi agli arabi di Palestina,

diffusi dalle radio di Damasco e del Cairo, veniva assicurato che essi sarebbero ben resto ritornati alle loro case da vincitori, con tutto quello che questo significava: per il momento però la loro presenza avrebbe ostacolato le

vittoriose operazioni di guerra.

Un'altra parte venne effettivamente cacciata dagli ebrei nel corso delle

opera-zioni belliche.

E' curioso osservare che il numero di arabi che in un modo o nell'altro

lascia-rono la Palestina, è uguale a quello degli ebrei espulsi o costretti a

fuggire dai paesi arabi nel 1948, subito dopo la nascita dello Stato d'Israele,

e che Israele assorbì allora con immense difficoltà. Dei territori occupati da

Israele nel 1967, la Cisgiordania e la parte orientale di Gerusalemme facevano

parte del Regno di Giordania, il Sinai dell'Egitto, e Gaza era occupata

dall'Egitto ma non ne faceva parte, per cui agli abitanti venne sempre

rifiutata la nazionalità egiziana. Si sa che il Sinai venne integralmente

restituito all'Egitto quando nel settem-bre 1978 venne firmato a Camp David dal

Premier israeliano Begin, dal Presidente egiziano Sadat, e con l'autorevole

avallo del Presidente degli Stati Uniti Carter, il trattato di pace. Quanto alla

Cisgiordania e a Gerusalemme Est, la Giordania non volle più trat-tare la loro

restituzione, preferendo girare il problema alle nascenti organizza-zioni

palestinesi che mai, nei decenni precedenti, avevano rivendicato una so-vranità

su quei territori: i palestinesi della Cisgiordania erano semplicemente

cittadini giordani, come lo sono tuttora i palestinesi di Giordania, vale a dire

i due terzi degli abitanti il Regno hascemita. Perché poi gli abitanti della

Cisgior-dania non abbiano mai rivendicato un loro Stato quando facevano parte

della Giordania, e gli arabi di Gaza non abbiano fatto altrettanto durante

l'occupazione egiziana, nessuno lo ha spiegato.


7) Ma Israele non ha voluto accogliere i profughi palestinesi


In seguito agli accordi di Oslo del 1993, il negoziato di pace tra Israele e

Or-ganizzazione per la Liberazione della Palestina di Yasser Arafat, sembrava

giunto a conclusione a metà del 2000: Israele aveva offerto ai palestinesi il

98% della Cisgiordania e naturalmente Gaza, con la possibilità di una strada

extraterritoria-le che unisse la prima alla seconda, e un settore orientale di

Gerusalemme. L'offerta, avallata negli Stati Uniti dal Presidente Clinton,

venne però respinta da Arafat, il quale volle aggiungere alle clausole di pace

anche l'impegno d'Israele di prendersi - nel territorio d'Israele - quattro

milioni, quattro milioni e mezzo di "profughi" palestinesi, quanti cioè

sembravano essere diventati secon-do i calcoli dell'OLP, i discendenti di quei

41500.000 del 1948. Con una popolazione ebraica di cinque milioni, la pretesa

diventava palese-mente provocatoria, come ebbe a dichiarare senza mezzi termini lo stesso Presi-dente degli Stati Uniti ad Arafat. Facendo le debite

proporzioni, come farebbe l'Italia, con tutta la buona volon-tà, ad assorbire

40, 45 milioni di immigrati nel suo territorio?


8) E' stato Israele, e non i paesi arabi, ad avere incominciato la guerra del

1967, allo scopo di espandere il suo territorio.


E' falso. E bisogna fare un passo indietro. Nel 1955 l'Unione Sovietica decise

di "cambiare cavallo": dall'appoggio politico dato a Israele nel 1948, passò

ad appoggiare,. politicamente e militarmente, l'Egitto, fino a rompere

pretestuosa-mente le relazioni diplomatiche con Israele. L'Egitto di Nasser

voleva prendersi la rivincita della sconfitta subita nel 1948 e 1949, e

incominciò ad ammassare nel Sinai truppe e mezzi corazzati forniti dall'URSS.

Nel 1956 Israele prevenne l'attacco egiziano e travolgendo i mediocri mezzi

motorizzati forniti dall'URSS, occupò tutto il Sinai, giungendo fino al Cana-le

di Suez. Le pressioni e le garanzie americane persuasero pochi mesi dopo Israele a ri-tirarsi da tutti i territori egiziani occupati. A partire dai primi anni

Sessanta l'Egitto ricominciò a preparare una seconda rivincita, con l'aiuto

ormai tanto scoperto quanto massiccio, dell'Unione Sovieti-ca, che mirava a

sostituire l'influenza americana nella regione con ogni mezzo. I raid di

terroristi palestinesi e di commando egiziani contro kibbuz israeliani si

moltiplicavano, partendo dalle basi di Gaza. In perfetta sintonia si muovevano

dal fronte opposto i siriani, i quali dalle al-ture del Golan sparavano con le

loro artiglierie sui sottostanti insediamenti e kibbuz ebraici di Galilea. Dopo

alcuni mesi di tensione, il 7 aprile 1967 artiglierie e carri armati siriani

attaccano pesantemente villaggi ebraici di frontiera. Damasco fa alzare in volo

i suoi caccia, ma quelli israeliani ne abbattono sei. L'umiliazione di Damasco

è cocente. L'URSS riprende massicciamente i suoi rifornimenti di armi alla

Siria e all'Egitto. Poi a maggio i suoi servizi segreti forni-scono a siriani

ed egiziani un'informazione falsa. Dicono cioè che Israele ha am-massato truppe e mezzi corazzati ai confini con la Siria. Il Segretario Generale dell'ONU,

Sithu U Thant, smentisce: "I rapporti degli osservatori delle Nazioni Unite

hanno confermato l'assenza di concentramenti di truppe o movimenti di truppe di qualche rilievo su ambo i lati della linea armistiziale ".

Il 14 maggio è l'Egitto che fa sbarcare numerose unità oltre il Canale per

rinforzare il suo già massiccio schieramento nel Sinai. 1116 maggio il

Presidente egiziano Gamal Abdel Nasser intima al comandante delle forze

dell'ONU nel Sinai e a Gaza, generale Rikhye, di sgombrare le truppe presenti

nel Sinai dal 1957, all'indomani del conflitto che aveva visto Israele arrivare

al Canale di Suez. Poi Nasser proclama il 22 maggio il blocco dello Stretto di

Tiran: nessuna na-ve, di nessuna nazionalità, che si rechi al porto di Eilat, in

Israele, o che da Eilat parta, potrà più passare. Secondo il diritto

internazionale è "atto di guerra". Le dodici potenze marittime non onorano le

garanzie che nel 1956 avevano offerto a Israele per la libertà di navigazione, e

non mandano le loro navi da guerra a proteggere la libertà di navigazione. Il 30

maggio re Hussein di Giordania mette le sue truppe sotto il comando e-giziano.

Truppe egiziane, saudite, irachene affluiscono in Giordania. Truppe ira-chene,

algerine e kuwaitiane raggiungono invece l'Egitto. Il 3 giugno il generale

Murtaji, capo delle forze egiziane nel Sinai, dirama un ordine del giorno alle

truppe, nel quale invoca "la Guerra Santa con cui voi rista-bilirete i diritti

degli arabi conculcati in Palestina e riconquisterete il suolo deru-bato della

Palestina ". (Da notare che il generale parla di arabi e di Palestina, ma non

di palestinesi, che nessun paese arabo nel 1967 conosceva e riconosceva, tanto è vero che quando la Cisgiordania era parte della Giordania non si sentiva neanche parlare di sovranità palestinese). Il 5 giugno 1967, all'alba, Israele

risponde.


9) Perché gli ebrei, che hanno tanto sofferto per il nazismo, fanno ai

palestinesi quello che i tedeschi hanno fatto a loro?


Ecco un esempio di "parole malate". Iiabuso di certi termini finisce per

di-struggerne il significato. I nazisti sono quelli che hanno scientificamente

stermi-nato sei milioni di ebrei, tra cui un milione e mezzo di bambini, che

hanno prodi-toriamente invaso e saccheggiato i paesi europei, devastato,

bruciato, distrutto e ucciso e fatto uccidere milioni di persone. I nazisti si

erano prefissi di distruggere non un nemico, che in realtà esisteva solo nella

loro mente malata, ma tutto un popolo, quello ebraico, con accuse immaginarie e folli. Non si trattava dunque di un conflitto, come quello che contrappone

israeliani e palestinesi, ma di un ge-nocidio. La differenza non è piccola.

Definire "nazisti" gli ebrei è quindi affermare il falso e commettere

un'infamia. Se poi a dare una simile definizione sono degli europei, cui meglio

converrebbe come minimo il silenzio per tutte le loro responsabilità, dirette e

indirette, per le persecuzioni e lo sterminio degli ebrei, l'infamia diventa

anche più abietta. L'occupazione israeliana di territori abitati da arabi non è

stata sempre indolore. Nessuna occupazione militare lo è mai. Ma non è successo in Israele quello che è accaduto in Europa, dove decine di milioni di persone, dopo la seconda guerra mondiale, sono state cacciate dalla loro terra. In Israele vivono più di un milione di cittadini israeliani arabi con pieni

diritti, e oltre due milioni di arabi vivono in Cisgiordania e a Gaza. Oggi

nessuno in Europa, tedeschi, polacchi, italiani, rivendica la terra e le case

abbandonate quando la guerra ha ridisegnato confini e proprietà, come

nor-malmente accade quando dei paesi vincono una guerra e altri la perdono. Ma tutto in Europa ha finito per sistemarsi perché c'era la volontà generale di

farlo e nessuno ha speculato sull'esodo forzato di milioni di persone.


10) Sionismo uguale a razzismo.


All'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dove la maggioranza dei seggi

appartiene ai paesi islamici e ai loro alleati, già una volta fu votata questa

ignobile equiparazione. Le Nazioni Unite sono sicuramente una istituzione

democratica, la maggioranza dei cui membri è però altrettanto sicuramente

antidemocratica. E di tanto in tanto questa maggioranza automatica ci riprova.

Che cos'è il sionismo? E' l'idea, affermata da Teodoro Herzl sul finire del

XIX secolo, che l'antisemitismo non può essere vinto se non con la costituzione

di uno Stato ebraico in grado di garantire la sicurezza degli ebrei che ne fanno

parte, con un passaporto che li protegga ovunque si trovino: uno Stato che li

accolga quando ne hanno bisogno, un governo che li rappresenti nei consessi

internazionali, e un esercito pronto a difenderli. E ancora: il sionismo è oggi

la realizzazione politica e nazionale di un sogno millenario mai dimesso. Il

sionismo è uno Stato ebraico che offre un confortevole margine di sicurezza agli

ebrei di tutto il mondo, garantendo con legge dello Stato (la "Legge del

Ri-torno") il loro diritto permanente a entrare in Israele, diventandone

immediata-mente cittadini. Con uno Stato ebraico non si ripeterà più quanto è

accaduto nei secoli, e soprattutto prima della seconda guerra mondiale, quando nessun paese volle accogliere gli ebrei per salvai loro la vita. Questa l'idea di Teodoro Herzl, questo e nient'altro è il sionismo. E' interessante

osservare che nel 1897 nascevano a poche settimane di di-stanza il primo partito socialista russo in assoluto, l'Unione Generale Operaia Ebraica di Russia e di Polonia", brevemente detta Bund e l'Organizzazione Sioni-sta Mondiale, le due anime dell'ebraismo dell'impero russo. Al di là delle formulazioni teoriche, il socialismo e il sionismo sono semplici da spiegarsi. Il primo risponde a un'esigenza di giustizia, molto forte nel dettato religioso ebraico, il secondo nasce da un giornalista austriaco, Theodor Herzl, che incontrando nella Francia uscita dalla grande Rivoluzione una imprevedibile campagna antisemita seguita al famigerato processo Dreyfus, si rese conto che l'antisemitismo non era eliminabile né dal liberalismo, né dal socialismo. Herzl arrivò alla conclusione che agli ebrei restava una sola strada valida: dar vita a un loro Stato indipendente e sovrano. Il sionismo è tutto qui. L'antisemitismo si è sempre mascherato dietro qualche nome: gli ebrei sono stati a lungo deicidi per la Chiesa, semplicemente giudei per i nazisti, che non avevano bisogno di mascherare le loro idee, cosmopoliti per Stalin, che non riteneva producente dichiararsi antisemita e basta, sionisti per larghi settori politici (che si vergognavano di dirsi antisemiti), a partire da quando la politica estera sovietica nel 1955 era cambiata radicalmente in favore dei paesi arabi. Ecco come la parola "sionismo" ha assunto una connotazione negativa.


11) Gli israeliani si sono macchiati della strage di Sabra e Chatila del 1982.


Il 6 giugno 1982 Israele lancia un attacco con 60.000 soldati in Libano, dove

l'OLP ha istituito una specie di Stato nello Stato, e da dove partono gli

attentati contro i villaggi israeliani al confine settentrionale. L'OLP è

costretto a trincerarsi dentro Beirut, già dal 1975 in preda alle convul-sioni

della guerra civile. Sotto il controllo di forze dell'ONU francesi, americane e

italiane, alla fine d'agosto una parte dell'OLP lascia il Libano. Alla fine

dell'anno successivo sarà costretto a lasciarlo definitivamente anche Arafat.

La vittoria israeliana nel sud e al centro del Libano è salutata con entu-siasmo

dai libanesi cristiani, che eleggono alla Presidenza del paese un loro illu-stre

combattente, Bashir Gemayel, l'uomo della pace con Israele. Prima ancora di

prendere possesso della carica, Bashir Gemayel viene assas-sinato. I libanesi

cristiani vogliono vendicarsi dell'assassinio del loro condottiero Ba-shir.

Così penetrano nella parte occidentale di Beirut in mano israeliana, dilagano

nei due quartieri di Sabra e Chatila e compiono un vero e proprio massacro.

Quasi mille palestinesi vengono sgozzati. La carneficina riempie d'orrore

l'opinione pubblica di tutto il mondo, che subi-to punta il dito contro Israele

che controllava la zona. Qui però Israele dimostra la sua robusta collocazione

democratica. Il governo (di destra) non esita a nominare una commissione

d'inchiesta che dimostra la sua assoluta indipendenza e, senza guardare in

faccia nessuno e nemmeno farsi condizionare dalla delicatezza della situazione

politica (estera e interna) d'Israele, accerta la responsabilità oggettiva dei

comandi militari, ma anche quella politica del governo. I responsabili,

riconosciuti colpevoli di non essere intervenuti a impedire la strage, sono

tutti esemplarmente puniti. Il mini-stro della Difesa Ariel Sharon è costretto a

dimettersi. La crisi farà poi cadere il governo. Il bilancio libanese di tanti

anni di feroce guerra civile, in gran parte fomenta-ta e diretta dalla Siria, è

disastroso. Tra i 1975 e la fine degli anni Ottanta sono morti 150.000 libanesi,

su una popolazione di poco più di due milioni.


12) Ma perché i palestinesi non possono tornare a casa loro?


Chi può essere qualificato "profugo palestinese"? Secondo l'ONU era

conside-rato profugo palestinese qualunque arabo che avesse vissuto in Palestina per due anni, e che avesse lasciato il paese nel 1948. Due anni di permanenza ed ecco che anche un siriano, un iracheno, un giordano, tutti sono trasformati in palestinesi e profughi. Quando nella Dichiarazione Balfour del 1917 si garantiva agli ebrei una Natio-nal Home in Palestina, per Palestina non s'intendeva il territorio al di qua del Giordano, ma in realtà tutta la Palestina, cioè il territorio del futuro Mandato nella sua interezza. Quindi la National Home

ebraica doveva essere costituita su una parte della Palestina e non su una parte di una piccola parte della Palestina. Il distacco della Giordania, che

rappresentava il 75% della Palestina, fu un at-to arbitrario di Londra ed una

violazione della Dichiarazione Balfour. Quanto ai profughi palestinesi del

'48/'49, il loro numero, come abbiamo già visto, non superava i 4/500.000,

anche considerando "refugees" chi era entrato in Palestina solo due anni

prima. Se nelle ultime richieste di Yasser Arafat, quel numero viene

moltiplicato per dieci, è evidente che non c'è volontà (o possibilità) di giungere a un accordo definitivo. Nessun paese al mondo potrebbe assorbire un numero di immigrati pari all'80% della sua popolazione. Non vi sono precedenti

nella Storia di un "diritto al ritorno", né la giurispru-denza internazionale

lo prevede. Giusto o sbagliato che sia, l'orologio della Storia non può esser

rimesso indietro di oltre mezzo secolo. E' curioso poi che tale "diritto" sia

stato preteso non per il ritorno dei palestinesi in uno Stato palestine-se, ma

nello Stato d'Israele.


13) Ma perché gli israeliani vogliono avere proprio Gerusalemme come capitale? Che diritto ne hanno, dopo esserne stati assenti per quasi duemila anni?


Gli ebrei non hanno mai lasciato Gerusalemme e anzi, secondo tutte le

stati-stiche note, vale a dire dalla metà dell'8OO, a Gerusalemme gli ebrei

hanno sempre costituito la maggioranza relativa della popolazione, che a una

delle prime rilevazioni statistiche ammontava in totale a 15.000 persone.

Nel 1876, assai prima dunque della nascita del sionismo, vivevano a Gerusa-lemme 25.000 persone, delle quali 12.000, quasi la metà, erano ebrei, 7500 musulmani e 5500 cristiani.

Nel 1905 gli abitanti erano saliti a 60.000. Di questi 40.000 erano ebrei, 7000

musulmani e 13.000 cristiani.

Nel 1931 su 90.000 abitanti, gli ebrei erano 51.000, i musulmani 20.000 e i

cristiani 19.000.

Nel 1948, alla vigilia della nascita dello Stato ebraico, la popolazione di

Geru-salemme era quasi raddoppiata: 165.000 persone, di cui 100.000 ebrei,

40.000 musulmani e 25.000 cristiani. La presenza ebraica a Gerusalemme ha sempre costituito il nucleo etnico nu-mericamente più forte. Con Gerusalemme gli ebrei hanno sempre avuto un forte legame religioso, storico, nazionale, e di nessun altro popolo Gerusalemme è mai stata capitale. E' quindi una leggenda

l'affermazione che gli ebrei siano stati assenti da Ge-rusalemme per quasi

venti secoli o che costituissero una insignificante percen-tuale della

popolazione gerosolimitana.


14) Israele non ha voluto portare a compimento gli accordi di Oslo del 1993.


E' vero il contrario, e cioè che Arafat ha volutamente fatto saltare quegli

ac-cordi quando si è accorto che potevano sul serio essere realizzati.

L'accordo di Oslo del 1993, perfezionato nel 1995, prevedeva il progressivo

ri-tiro israeliano da gran parte della Cisgiordania e da Gaza, fatte salve tutte

le misure di sicurezza necessarie. Il territorio evacuato da Israele sarebbe

stato gradualmente affidato "in ge-stione a una Autorità palestinese".

Preliminare ad ogni passo verso la concreta attuazione dell'accordo erano il

ri-fiuto ad ogni atto di terrorismo e il. reciproco riconoscimento. Molti

termini di questo pre-accordo erano in parte stati deliberatamente tenuti nel

vago: ognuna delle due parti li avrebbe interpretati come voleva, ma non

impegnavano nessuno. I nodi cruciali del contenzioso israelo-palestinese, dopo l'offerta del Premier israeliano Barak di evacuare il 95-98% della Cisgiordania (e naturalmente tutta Gaza) erano sostanzialmente questi: Primo. Gerusalemme, per la quale i palestinesi volevano una soluzione che non li escludesse da quella che consideravano la loro capitale. Israele aveva offerto all'Autorità palestinese il controllo del quartiere orientale della città e un compromesso per il Monte del Tempio (o Spianata delle Moschee). Secondo. Quanti insediamenti israeliani nelle zone che sarebbero andate all'Autorità palestinese sarebbero stati smantellati? Presumibilmente sarebbero rimasti sotto l'autorità israeliana solo quegli insediamenti di sicura stabilità che avrebbero garantito la sicurezza militare dello Stato ebraico e alcuni altri che rappresentano motivi cari ai religiosi. Il discorso rimaneva aperto. Terzo. E questi insediamenti che status avrebbero avuto? Secondo Israele a-vrebbero dovuto godere di una sorta di extra-territorialità. Anche qui l'applicazione degli

accordi avrebbe richiesto lunghe consultazioni israelo-palestinesi in un clima

di pacificazione. Quarto. Quale sarebbe stato il disegno finale del nuovo

spiegamento israelia-no di forze, quali i punti considerati strategici? Quinto.

Gaza come sarebbe stata collegata con la Cisgiordania? Si ipotizzava una strada sopraelevata extraterritoriale a sorveglianza mista israelo-palestinese. Se questi negoziati si sono impantanati, ciò è stato determinato dal fatto che

Arafat ha dimostrato di non avere l'intenzione o la possibilità di concludere

la pace. Di fronte all'offerta del Premier laburista israeliano Ehud Barak di

cedere all'OLP il 95-98% della Cisgiordania, oltre a Gaza e a un settore arabo

di Gerusa-lemme per costituirvi la capitale della "entità palestinese", Arafat

rifiutava e "rilanciava', chiedendo, come abbiamo visto, che Israele

assorbisse entro i suoi confini quattro milioni, quattro milioni e mezzo di

profughi arabi, vale a dire i figli, nipoti, bisnipoti, parenti e amici dei

quattro, cinquecentomila profughi del 1948/49. Invece di mettere una firma o di

presentare una controproposta, il leader pa-lestinese organizzava una nuova e

più cruenta Intifada, prendendo a risibile pretesto una passeggiata considerata

provocatoria (ma effettuata dopo accordi precisi presi con l'autorità musulmana

delle Moschee) di Ariel Sharon, non anco-ra Premier e in quel momento capo

dell'opposizione, sulla Spianata delle Mo-schee (o Monte del Tempio, a seconda dell'ottica). Per questo si sono acuite l'insicurezza e i timori degli

israeliani, che già si era-no divisi sull'iniziativa di pace di Rabin.

Insicurezza e timori resi più acuti dai crescenti atti terroristici palestinesi,

perpetrati proprio per sabotare ogni nego-ziato. Una visione distorta e

degenerata del dettato religioso aveva fatto armare la mano di un giovane ebreo, ortodosso fanatico, che la sera di sabato 4 novembre 1995 uccise il Premier Yitzaak Rabin, artefice degli accordi di Oslo. Da quel momento i governi

israeliani, di sinistra o di destra, sono risultati tutti indeboliti. Shimon

Peres, Benjamin Netanyahu, Ehud Barak, e oggi in parte forse anche Ariel Sharon, non hanno più avuto quella larga maggioranza di consensi necessaria per affrontare i forti nodi da sciogliere.


Non può meravigliare che i timori e il senso d'insicurezza degli israeliani

siano molto aumentati dopo il fallimento della proposta di Barak, che lo pagò

con una bruciante sconfitta elettorale. Ovviamente timori e insicurezza

indeboliscono Israele. I2atteggiamento di Arafat di fronte alle offerte di Barak

spiega inoltre come mai l'opinione pubblica e per la prima volta gli

intellettuali d'Israele si siano compattati intorno a Sharon. Gli intellettuali

israeliani si sono sempre schierati in larghissima parte con il fronte politico

progressista e pacifista. Scrittori noti anche in Italia, come Abra-ham

Yehoshua, Amos Oz, David Grossman, Yoram Kaniuk, Un Orlev, Meir Shalev e così via, hanno sempre sostenuto con forza i diritti dei palestinesi. Il movimen-to

"Shalom Achshav", Pace Subito, ha riempito spesso le piazze d'Israele. Di

fronte alla palese intenzione della dirigenza palestinese di non voler

con-cludere alcuna pace, ma anzi, di costringere Israele a una resa senza

condizioni, questo non poteva essere accettato neanche dal più ostinato dei

pacifisti.


15) Gli israeliani rispondono con le armi al lancio di sassi da parte di

ragazzi.


E' un ragazzino di 11 anni quello che in Macedonia ha ucciso con un

sasso un soldato inglese di 20, arrivato con altri soldati europei per dare una

garanzia di pace alla zona. I sassi possono uccidere, come è accaduto in Italia

con quelli gettati dai ca-valcavia sulle strade e autostrade. Se gli adulti non

temono, come fanno gli estremisti arabi nei territori dell'Autonomia

palestinese di farsi scudo di ragazzi e di bambini per proteggere il

cecchinaggio, la responsabilità ricade interamente su di loro. E talvolta è il

fuoco arabo che uccide i bambini arabi, anche se la loro propaganda che ha

successo nei media internazionali, accusa sempre e soltanto Israele.


16) Ma le rappresaglie israeliane? L'uccisione mirata dei capi dei movimenti

palestinesi nei territori dell'Autonomia?


Quale risposta alternativa ci sarebbe alle stragi nei supermarket, nelle

disco-teche, nei ristoranti, nelle strade e piazze d'Israele? Che cosa potrebbe

dissuadere coloro che mandano dei poveri esaltati fanatici a farsi saltare in

aria insieme a israeliani presi a caso, se non forse la loro eliminazione

fisica? Se un bandito o un pazzo compie una strage, non si cerca di catturarlo

ed eventualmente ucciderlo per evitare altre stragi? C'è poi da notare che ogni

volta che Israele distrugge per rappresaglia qual-che posto di polizia

palestinesi, lo fa sapere in anticipo. Altrimenti non si capirebbe come un

attacco portato da carri armati, aerei, elicotteri e navi, non produca che un

numero minimo di vittime e quasi nessuna tra la popolazione civile.


17) Gli attentatori suicidi, i kamikaze palestinesi, sono dei martiri che si

sacrificano per ottenere una patria.


I kamikaze erano piloti giapponesi che, a

guerra ormai perduta, volevano sal-vare l'onore della loro patria, secondo una

concezione molto lontana dalla cultura e dalla civiltà occidentali, e si

gettavano, facendo esplodere i loro aerei, sulle tolde delle navi da guerra USA.

Navi da guerra, non ristoranti e discoteche. Chi si fa saltare insieme ai

ragazzi che ballano o agli avventori di una pizzeria o tra i banchi di un

mercato, non compie alcuna azione eroica, né tutela un ono-re che così anzi

viene offeso e calpestato.


18) Anche gli ebrei per conquistare la loro indipendenza hanno richiamato

l'attenzione dell'opinione pubblica compiendo attentati terroristici.


Dopo la seconda guerra mondiale e negli anni del Mandato britannico, di fron-te

all'ostinata politica filoaraba e antiebraica dell'Inghilterra, ci fu un

episodio terroristico ebraico, quando fu fatto saltare un albergo di

Gerusalemme, il King David, che ospitava il quartier generale militare inglese.

Prima di farlo saltare, i suoi occupanti furono avvisati e si salvarono quasi

tut-ti. Non si ricorda che una, e una sola azione terroristica ebraica, ormai

lontana nel tempo, contro la popolazione civile araba, e nel corso di una

guerra. Non si può dire altrettanto del terrorismo arabo.


19) Israele organizza azioni belliche con armi pesanti, elicotteri e aerei,

contro popolazioni civili.


Ma è proprio quello che evita bagni di sangue. Le azioni sono sempre mirate con sorprendente accuratezza. Non si capirebbe altrimenti come un missile po-trebbe essere guidato con precisione millimetrica (un ufficio, una finestra)

sull'obiettivo prefissato. Talvolta purtroppo succede che dei civili vengano

coinvolti, ma è la conse-guenza del terrorismo organizzato a freddo dalla

direzione palestinese.


20) Che il "falco" Sharon sia stato eletto capo del governo israeliano è una

provocazione, ed è la dimostrazione che gli israeliani non vogliono la pace.


Probabilmente se Arafat avesse accettato le proposte del precedente Premier

israeliano, Ehud Barak, la pace sarebbe ora vicina e il popolo d'Israele lo

avrebbe confermato alla guida del paese. Si può quindi affermare che è stato

Arafat a determinare il successo di Sharon, che oggi, secondo tutti i sondaggi,

gode dell'appoggio del 70% della popolazione, la quale evidentemente non erede più alla buona fede di Arafat, o alle sue effettive possibilità di controllare i

suoi quadri.

Di fronte al rifiuto di Arafat il governo israeliano di coalizione (della destra

e della sinistra) ha prontamente accettato tutti gli accordi precedenti quel

rifiuto.


21) Se gli israeliani hanno la coscienza a posto, perché non accettano la

presenza di osservatori internazionali?


Gli osservatori internazionali non potrebbero impedire le azioni terroristiche

palestinesi, ma impedirebbero le risposte israeliane, perché le prime sono

evi-dentemente sempre clandestine e sfuggono ad ogni controllo. I terroristi

potreb-bero continuare a compiere i loro attentati nei luoghi affollati

d'Israele senza preoccuparsi della presenza di osservatori neutrali. Israele,

che è un paese so-vrano, membro dell'ONU, riconosciuto internazionalmente, non potrebbe rispon-dere se gli osservatori neutrali coprissero, magari

involontariamente, le basi da cui partono gli attentatori. L'esperienza degli

osservatori in Libano e successivamente in Bosnia non offre sufficienti

garanzie. Nessun accordo davvero e finalmente fattivo può essere raggiunto senza una vera tregua e prima che l'Autonomia Palestinese abbia debellato le sue frange estremiste, sotto qualunque sigla si nascondano.

www.jerusalemonline.com
 
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GianfrancoElly

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Sarebbe interessante leggere, oltre al servizio del Jerusalem Post (forse ... un pò di parte), anche il parere di qualche storico indipendente. Ma credo che il sig. Gattinara non l'accetterebbe, visto che (come risulta dal Jerusalem Post) europei, russi e americani sono inaffidabili. Una considerazione: forse l'ostilità verso gli ebrei in tutto il mondo potrebbe derivare dal fatto che gli stessi si sentono una RAZZA eletta ? Infatti l'ebraismo non è una religione come le altre (infatti non fa proselitismo) ma un modo di essere e di considerarsi al di sopra degli altri popoli (praticamente sono vietati i matrimoni misti, non esistendo in Israele il matrimonio civile ma solo religioso). Io da giovane (ho 74 anni) ho letto molti libri sul genocidio (dal "Diario di Anna Frank" a "Se questo è un uomo" e tanti altri) e ho sempre pensato che il popolo ebraico sia stato perseguitato. Ma ora, con l'estendersi degli insediamenti dei coloni in territori abitati da arabi, sono molto perplesso.
 

quiproquo

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Proprietario Casa
Non credo che la rifiuterebbe. Anzi!!!
Sergio Gattinara è un personaggio colto, riservato e...Democratico...
Condivido comunque con te una buona dose di Perplessità...che ho più volte espresso in tale difficile materia. E ripeto: più è profonda la lacerazione che divide i due popoli ( e a tal proposito Israele si dà la zappa sui piedi quando non vuol riconoscere lo stato di POPOLO(???)dei Palestinesi ...) e più occorre un accordo definitivo...dove dovrà essere Israele a concedere di più, molto di più di quel che ha proposto
negli incontri con Arafat e successivi ministri. A loro volta i paesi occidentali, con l'America in testa, dovrebbero intervenire per coinvolgere nella trattativa tutti i paesi arabi ed altri che sono ostili agli ebrei col fine di ottenere una pacificazione generale con risvolti
che lascio alla tua immaginazione. Cordiali saluti ad entrambi. QPQ.
 

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