@Lara 19 ed agli intervenuti:
Il principale motivo di questa situazione è la mancanza d’investimenti.
Gli imprenditori privati, soprattutto quelli delle grandi imprese, adottano politiche aziendali espansive soltanto se hanno il sostegno finanziario dello Stato. Pertanto l’intervento pubblico nel sistema economico è inevitabile ma, in passato, ha comportato continui ed onerosi disavanzi di bilancio.
Le politiche d’incremento della spesa pubblica fatte con deficit di bilancio sono necessarie nelle fasi di recessione ma devono essere applicate con parsimonia e solo per favorire gli investimenti e l’occupazione. Invece, alla fine degli anni Settanta i governi italiani cosa hanno fatto? hanno iniziato ad incrementare notevolmente la spesa pubblica ma nello stesso tempo non hanno saputo creare le condizioni per favorire lo sviluppo economico. Ingenti risorse pubbliche anziché essere utilizzate per sostenere la crescita e ridurre le disuguaglianze sono state sperperate solo per mantenere il consenso elettorale e per favorire l’arricchimento di pochi.
A beneficiare di queste politiche economiche scriteriate sono stati soprattutto gli imprenditori italiani ma nonostante ciò essi continuano a lamentarsi, a chiedere "una scossa politica molto forte". Negli ultimi anni le aziende, almeno quelle di grandi dimensioni, hanno ottenuto numerosi provvedimenti legislativi a loro favore (la riforma del mercato del lavoro, investimenti in infrastrutture anche se solo nel Nord del Paese ed incentivi finanziari ed economici) eppure, tranne poche eccezioni, esse continuano a non investire. Anzi "battono cassa", insistono cioè a chiedere l’intervento dello Stato. L’ultima richiesta: nei prossimi nove anni ci sarebbero a disposizione del Governo e degli enti locali "fondi europe" per circa venti miliardi di euro annui. In sostanza, secondo il presidente degli industriali, lo Stato deve tornare a spendere soldi perché solo così le imprese potranno aumentare i loro fatturati ed il Pil potrà tornare a crescere. Questo significa che il "Pubblico" (sic!) dovrà assumersi i rischi e gli oneri degli investimenti mentre gli industriali si limiteranno ad incassare i profitti.
Impedire questi privilegi è molto difficile, possiamo solo auspicare che le risorse disponibili siano impiegate per sostenere quelle imprese che creano lavoro e che operano stabilmente nel nostro Paese.
Vorrei prendere come esempio queste imprese in Sardegna non entro nel campo nazionale: Alcoa, Eurallumina, Keller, Queen, e infine OTTANA. Il più grande bluff della storia dell’industria del centro Sardegna. E, forse, dell’isola. Una truffa colossale. Mandata avanti negli anni nell’indifferenza più assoluta di governo e Regione che, pure, hanno foraggiato le aziende con decine di milioni di soldi pubblici.
A proposito d’investimenti, perché per la demolizione della Costa Concordia non è stato preso in considerazione nessun porto meridionale? La domanda è retorica e la risposta è ovvia. Il Sud continua ad essere considerato dalla classe dirigente italiana un mercato di sbocco per i prodotti delle imprese del Nord e un mercato dei voti per mantenere il consenso, per il resto è abbandonato a se stesso, ma questa non è una novità.