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fondo patrimoniale, questa in sintesi è la disciplina e presupposti che lo regolano:
Fondo patrimoniale a tutela degli interessi della famiglia. Un «baluardo» nei confronti dei creditori per debiti contratti per scopi estranei ai bisogni della famiglia, anche nel caso di fallimento di uno dei coniugi, nelle azioni di responsabilità nei confronti di essi nonché, in determinate situazioni, anche nei casi di azioni esecutive da parte del fisco.
Il costo non proibitivo del fondo da sostenersi «una tantum» alla costituzione (in media dai mille ai 2 mila euro), la relativa semplicità di costituzione e alcune certezze sugli effetti ormai consolidati dalla giurisprudenza rendono l'utilizzo dello stesso sempre più frequente da parte di imprenditori e professionisti. Questo il quadro offerto dall'istituto, che è stato introdotto dalla legge 19 maggio 1975, n. 151 e poi disciplinato dagli articoli che vanno dal 167 a 171 del codice civile.
Esecuzione su beni e frutti: parola finale al giudice
L'esecuzione sui beni
Natura dei debiti
I beni conferiti nel fondo non possono essere oggetto di esecuzione per debiti contratti non in relazione ai bisogni della famiglia
Stato soggettivo del creditore
Ai fini della non aggredibilità è necessario che al momento della contrazione del debito il creditore fosse a conoscenza del fatto che i suddetti debiti erano stati contratti da uno dei coniugi per esigenze diverse da quelle familiari
Onere della prova
Spetta ai coniugi provare che il creditore era a conoscenza che l'obbligazione sia sorta per fini estranei a quelli della famiglia. Sono sufficienti anche presunzioni semplici
Ai sensi della seconda parte dell'art. 170 affinché i coniugi possano evitare l'azione esecutiva sui beni del fondo patrimoniale è necessario:
1.
che i debiti siano contratti dai coniugi per beni estranei ai bisogni della famiglia;
2.
che al momento del perfezionamento della fonte dell'obbligazione il creditore fosse consapevole della estraneità del debito rispetto alle esigenze familiari.
In un'ottica probatoria, peraltro, è da evidenziare come in sede di opposizione al pignoramento spetti al debitore (coniuge) provare che il creditore conoscesse l'estraneità del credito rispetto ai bisogni della famiglia.
A questo punto è necessario capire se i debiti per spese contratte da uno dei coniugi per una attività d'impresa sono o no riconducibili agli interessi della famiglia.
Secondo una recente pronuncia di merito (tribunale di Mondovì 13 ottobre 2005) la risposta appare negativa, poiché i redditi del coniuge imprenditore appartengono allo stesso che non è tenuto a destinarli integralmente ai bisogni della famiglia se non limitatamente all'onere di contribuzione familiare, onere che peraltro può essere assolto anche con redditi di diversa natura.
Tale posizione è sposata anche da autorevole dottrina secondo la quale il reddito di impresa di uno o di entrambi i coniugi, influisce esclusivamente sulla loro rispettiva capacità di assolvere la propria obbligazione contributiva. Ne deriva che le spese relative al miglioramento e allo svolgimento dell'impresa o della professione non possono ritenersi effettuate in adempimento di bisogni familiari, dal momento che il primo beneficiario di esse è il titolare delle stesse, e solo parzialmente e mediatamente la famiglia di appartenenza. Mancherebbe, quindi, in dette situazioni quella inerenza «diretta e immediata ai bisogni della famiglia», fondamentali secondo la Cassazione, per consentire ai creditori dell'imprenditore o del professionista, il pignoramento dei beni costituiti nel fondo (Cass. 31/5/06 n. 12998).
Sotto tali prospettive, evidentemente, neppure il risarcimento danno richiesto nell'ambito di una azione di responsabilità nei confronti di amministratori, sindaci o revisori consentirebbe al presunto creditore l'aggressione sui beni del professionista. Ciò in quanto l'attività da cui l'azione di responsabilità è scaturita dovrebbe ritenersi solo parzialmente finalizzata all'adempimento dei bisogni familiari.
La natura extra-contrattuale dei danni da risarcimenti, quindi, che pur secondo la Cassazione comporterebbero la piena responsabilità del fondo (in tal senso la più volte richiamata sentenza 5 giugno 2003 n. 8991) non parrebbe determinante in relazione alla situazione dinanzi esposta ai fini delle azioni ex artt. 2394 e 2395 c.c.).
In definitiva, spetterà al giudice di merito valutare se l'atto compiuto abbia o meno un'effettiva connessione con le esigenze della famiglia, le quali non andranno considerate solo in una funzione di mero vantaggio economico, ma in una prospettiva più ampia, comprensiva di tutte le esigenze volte al pieno mantenimento e all'armonico sviluppo del nucleo familiare ed al potenziamento delle capacità lavorative dei suoi componenti. Così come, costituisce accertamento di fatto quello relativo alla riconducibilità dei beni alle esigenze della famiglia, il quale è istituzionalmente rimesso al giudice di merito e censurabile in sede di legittimità solo per vizio di motivazione (Cass. 18 settembre 2001, n. 11683).
Per quanto concerne Equitalia, può iscrivere ipoteca sugli immobili a partire da € 8.000,00, sotto è opponobile.