Cassa integrazione, ora è allarme rosso: 24 mila sardi da ottobre senza sussidio né pensione
di Marco Mostallino
Quell'assegno Inps da sei, sette, ottocento euro è spesso l'unico sostegno di oltre 24 mila famiglie sarde dove c'era una persona che prima lavorava ma che ora si trova in cassa integrazione in deroga o in mobilità. Famiglie sarde per cui si annuncia un gelido inverno. Famiglie di operai, impiegati, operatori di servizi messi fuori dalla produzione perché la loro azienda (1.470 nell'Isola) li ha “messi in esubero”oppure perché l'impresa ha cessato l'attività. Ma la situazione è destinata a precipitare nei prossimi mesi.
Per molte di queste persone, almeno i due terzi secondo i primi calcoli dei sindacati, il tempo è scaduto o sta per scadere: su 15.240 lavoratori in mobilità nel 2014, già 4.083 a settembre sono usciti dal sistema di protezione, perché hanno già maturato tre proroghe. Ma anche gli altri, secondo l'ultimo decreto in materia del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, il primo ottobre prederanno l'assegno (che tra l'altro percepivano per soli nove mesi su dodici), in attesa di capire quanti e quali di loro potranno ancora godere di un sostegno al reddito. È analoga ed altrettanto allarmante la situazione degli 8.183 lavoratori che si trovano in cassa integrazione “in deroga”: il decreto Poletti del primo agosto 2014 restringe le maglie di accesso alla Cig in deroga e sarà solo nei prossimi mesi che queste ottomila famiglie sarde sapranno se potranno ancora sperare in un assegno che tra l'altro arriva con enorme lentezza: le spettanze del 2013 sono entrate in pagamento solo in queste settimane, con oltre un anno di ritardo.
L'INGORGO INFORME - A rendere ancora più incerta la situazione c'è l'ingorgo di riforme del lavoro, annunciate o avviate in questi anni dai Governi e mai portate a termine. Il sistema degli ammortizzatori sociali era stato già in parte modificato dalla riforma di Elsa Fornero (esecutivo Monti), con l'indennità di disoccupazione unica, che però dovrebbe scattare dal 2017. Poi, meno di due mesi fa, anche il governo attuale, con il decreto Poletti, ha ridotto le chance di questi lavoratori di vedersi rinnovati gli assegni. Ed ora il premier Renzi promette di sconvolgere l'intero mercato del lavoro e del sostegno al reddito, ma le sue intenzioni sono ancora affidate a indiscrezioni di stampa.
LE AZIENDE - Uno dei settori dove il problema è più grave è l'industria meccanica. Il caso Keller, l'azienda di Villacidro che produce carrozze ferroviarie, parla per tutti: 293 lavoratori i quali, esaurita la cassa integrazione in deroga, sperano che dai ministeri del Lavoro e dello Sviluppo giunga una nuova, possibile soluzione. In bilico tra cassa in deroga e nessun reddito ci sono anche i 303 dipendenti dell'Eurallumina di Portovesme e i circa 300 lavoratori delle imprese di appalto al servizio dell'Alcoa, come tanti altri. Ancora a Portovesme, in mobilità a rischio ci sono i 160 operai dell'Ila (alluminio): trenta loro colleghi hanno già perduto in luglio il diritto all'assegno Inps. Ma sono anche piccole aziende dell'edilizia, dei servizi e dell'artigianato, casi non conosciuti alla grande cronaca, ad avere dipendenti che rischiano di uscire dal regime della cassa integrazione: nel settore del legno, per esempio, l'8,8 per cento degli operai ricevono l'assegno in deroga e molti di loro rischiano, per raggiunto numero massimo di rinnovi, di trovarsi senza sostegno al reddito.
LE REALTA' PUBBLICHE - Ma nel calderone ci sono anche lavoratori di aziende pubbliche, di proprietà della Regione, come quelli della Carbosulcis e dell'Igea, società per la quale l'assessore al Lavoro Maria Grazia Piras pensa a un passaggio dalla mobilità al prepensionamento per quanti abbiano i requisiti necessari.
OTTANA E MACOMER, ALLARME SOCIALE - Nel tessile, a Macomer, un centinaio di dipendenti, soprattutto donne, del calzificio Queen sperano che la loro fabbrica, oggi ferma, trovi in fretta un acquirente, altrimenti perderanno tutte gli assegni di Cig o mobilità tra ottobre e dicembre di quest'anno. Molto simile alla loro è la situazione dei dipendenti della Legler: la quasi totalità di essi prederà il sostegno al reddito tra dicembre di quest'anno e giugno 2015. Al disastro industriale del Nuorese si è aggiunta nei mesi scorsi anche la fermata della Polimeri di Ottana, azienda che aveva già messo in Cig numerosi operai. Nel solo territorio dell'ex polo Ottana-Macomer, il sogno industriale degli anni '60 e '70, sono oggi circa 1.100, 800 dei quali solo nel tessile, (secondo Assoindustria) i lavoratori che, tra ottobre e dicembre di quest'anno, potrebbero restare privi dell'assegno Inps che permette loro di tirare avanti in una zona dove non ci sono altre possibilità di impiego.
I SOLDI CHE NON ARRIVANO - A dare un pizzico di respiro a queste 24 mila persone c'è, paradossalmente, l'enorme ritardo accumulato dalla Regione e dallo Stato nel reperire i fondi per cassa integrazione e mobilità. L'accordo tra Giunta e sindacati per la mobilità 2014 è stato firmato solo l'11 agosto ed è lo stesso giorno che l'assessore al Lavoro, Virginia Mura, ha comunicato di aver trovato i 17 milioni di euro necessari per pagare il saldo degli ammortizzatori in deroga per il 2013. Ciò significa che, nel 2015, pur avendo perduto il diritto alla Cig o alla mobilità, molti lavoratori incasseranno nel mensilità relative al 2014: un anno è più o meno il tempo medio che passa tra i decreto ministeriale che autorizza la Cig e l'arrivo del primo assegno Inps sul conto dei lavoratori.
IL MASSACRO DEL REDDITO - Secondo una recente ricerca della Cgil nazionale, la perdita di reddito di un lavoratore che entra in Cig, rispetto a quando era impiegato, è in media di 7.400 euro l'anno. Un taglio secco, pesante, ma che ora per 24 mila persone nell'Isola minaccia di trasformarsi nella cancellazione totale di ogni forma di entrata. In attesa della riforma Renzi e della nuova indennità di disoccupazione per tutti, la quale però – stando alle regole attuali – entrerà in vigore solo nel 2017.
25 settembre 2014