La cedolare secca e la sanzione di nullita’ del contratto di locazione non registrato
Scritto da Massimo De Divitiis il luglio - 4 - 2011
A cura del Collega Avv. Massimo de Divitiis di Trieste
Come e’ stato ampiamente reso noto ed enfatizzato dalla Stampa, il DLgs.14 Marzo 2011 n. 23 e la successiva circolare interpretativa delll’Agenzia delle Entrate di data 01.06.2011, oltre ad introdurre il meccanismo della Cedolare Secca in sostituzione di IRPEF e Imposta di Registro per le locazioni di immobili ad uso abitativo, hanno rafforzato le sanzioni per l’omissione o il ritardo nella richiesta di Registrazione del Contratto.
In particolare, e’ stato previsto che
- nei casi di omessa richiesta di registrazione del contratto di locazione si applica l’articolo 69 TUR, il quale prevede che chi omette la richiesta di registrazione degli atti e dei fatti rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta, è punito con la sanzione amministrativa dal centoventi al duecentoquaranta per cento dell’imposta dovuta, e che tale sanzione è dovuta solidalmente dai soggetti obbligati a chiedere la registrazione del contratto di locazione,
- nei casi di tardività nella richiesta di registrazione del contratto di locazione, trova applicazione l’articolo 13 del decreto legislativo 18 novembre 1997, n. 472 e cioè la possibilità di avvalersi del c.d. “ravvedimento operoso”, ma chiarendo che nel caso in cui il locatore, in sede di registrazione tardiva del contratto di locazione, eserciti l’opzione per il regime della cedolare secca, Egli è tenuto al versamento di questa e non anche dell’ Imposta di Registro (conformemente a quanto avviene nei casi in cui l’opzione sia esercitata in sede di registrazione nei termini del contratto di locazione), ma che le parti contraenti restano comunque tenute al versamento delle sanzioni commisurate all’imposta di registro calcolata sul corrispettivo pattuito per l’intera durata del contratto, pur non versata
Tralasciando altre previsioni e chiarimenti relativi alle Sanzioni di tipo pecuniario, di cui potremo occuparci in altra sede (anche se appare tutt’altro che di scarsa rilevanza – specie se la si consideri un segnale delle linee di tendenza che muovono i nuovi tipi di intervento dell’ Amministrazione Finanziaria – la previsione che, in deroga a quanto previsto dal decreto legislativo 19 giugno 1997, n. 218, per i redditi derivanti dalla locazione di immobili ad uso abitativo, nel caso di definizione dell’accertamento con adesione del contribuente ovvero di rinuncia del contribuente all’impugnazione dell’accertamento, le sanzioni amministrative si applicano senza riduzioni),
appuntiamo la nostra attenzione su quella che appare una sanzione accessoria, ma che appare anche essere la chiave di volta di tutta la riforma per la sua asserita idoneità a fare finalmente emergere il “mare magnum” delle locazioni “non dichiarate” al Fisco.
L’articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo n. 23/2011 stabilisce, infatti, una specifica disciplina per i contratti di locazione ad uso abitativo, che, ricorrendone i presupposti di legge, non siano registrati entro i termine previsto di 30 giorni dalla stipula del contratto o dalla sua esecuzione.
L’articolo 3, comma 8 dispone che a tali contratti si applichi la seguente disciplina:
- la durata della locazione è stabilita in quattro anni a decorrere dalla data di registrazione, volontaria o d’ufficio;
- il periodo di locazione può essere prorogato e si rinnoverà con le modalità previste dall’art. 2 della L. 431/98, che prevede un rinnovo tacito di altri 4 anni, salve specifiche ipotesi tassativamente previste dalla norma, con ulteriori limiti al secondo rinnovo;
- a decorrere dalla registrazione il canone annuo di locazione è fissato in misura pari al triplo della rendita catastale, oltre l’adeguamento, dal secondo anno, in base al 75 per cento dell’aumento degli indici. Se il contratto prevede un canone inferiore, si applica comunque il canone stabilito dalle parti
Il successivo comma 9 prevede che le medesime disposizioni in materia di nullità del contratto non registrato si applicano anche ai casi in cui nel contratto di locazione registrato sia stato indicato un canone inferiore a quello effettivo oppure sia stato registrato un contratto di comodato fittizio
Chiariamo innanzitutto che, come spesso accade, la norma e’ molto meno innovativa di quanto sembri.
In questa direzione andava, infatti, già l’articolo 7 della legge n. 431/98, il quale subordinava l’esecuzione del provvedimento di rilascio dell’immobile locato alla dimostrazione che il contratto di locazione fosse stato registrato, ma che fu dichiarato incostituzionale con pronuncia n. 333/01, sotto il duplice profilo che un onere tributario, condizionava l’esercizio di un diritto fondamentale e che il disposto violava anche l’articolo 10, comma 3 ultima parte, della L. n. 212/2000 (Statuto del Contribuente) secondo cui “Le violazioni di disposizioni di rilievo esclusivamente tributario non possono essere causa di nullità del contratto”,
e nello stesso senso, con disposizione ancora più simile, andava anche la legge n. 311/2004 (cioè la Finanziaria per l’anno 2005) che dichiarava essere nulli i contratti di locazione non registrati (“I contratti di locazione, o che comunque costituiscono diritti relativi di godimento, di unità immobiliari ovvero di loro porzioni, comunque stipulati, sono nulli se, ricorrendone i presupposti, non sono registrati”),
e chiariamo anche, per precisione e non per amore di polemica, che, in entrambi i casi, la apparente rigidità normativa non ha certo contribuito a raggiungere gli obiettivi che si era prefissata (chè, altrimenti, non saremmo ancora qui a discutere di emersione dei contratti “in nero”).
Ma vi è qualcosa di più grave!
Fin dal momento della sua introduzione, l’articolo 1, comma 346 dela legge n. 311/2004 aveva suscitato un vivace dibattito in dottrina, in relazione all’ambito di applicazione della stessa, e alla portata della qualifica di “nullità del contratto di locazione per omessa registrazione”, senza dimenticarsi che ci si chiedeva, anche ed insistentemente, se, con detta previsione, si dovessero abbandonare i principi che sembravano essere stati posti in maniera ferma dalla già citata sentenza n. 333 del 2001 della Corte Costituzionale.
Ancora una volta, infatti, un onere di natura fiscale vincolava pesantemente un rapporto civilistico, interferendo con esso e comprimendo i diritti dei cittadini in ordine ai rapporti di locazione e, comunque, rimaneva irrisolto il nodo che aveva portato alla pronuncia di incostituzionalità della Legge del 1998 e cioe’ la violazione sopra ricordata del testuale disposto dello “Statuto del Contribuente”.
Le successive pronuncie della Corte Costituzionale , e, in particolare, le ordinanze n. 420/2007 e n. 389/2008 non sono servite a chiarire la situazione, anche se l’ordinanza del 2007 sembra riconoscere il diritto dell’ Amministrazione Finanziaria (e del Parlamento) ad “elevare la norma tributaria al rango di norma imperativa, la violazione della quale determina la nullità del negozio ai sensi dell’art. 1418 cod. civ.”, e ad autorizzare, quindi, un’interpretazione volta a ritenere legittima la sanzione “tributaria” di radicale nullità di un contratto di locazione fondata non su carenze originarie del contratto stesso, ma sull’ inadempimento di un onere di natura fiscale imposto alle parti per un momento successivo a quello della “valida” stipula del contratto stesso,
ma, per queste stesse ragioni, non è difficile ipotizzare che nuovi dubbi di legittimità costituzionale verranno sollevati rispetto alle nuove norme, essendovi ancora amplissimi margini per approfondire le ragioni di irragionevolezza della previsione normativa in relazione agli articoli 3 e 24 della Costituzione, alla disciplina in essere delle locazioni (e non solo di quelle abitative), al regime delle nullità (fondamentale e “rigido” nel nostro ordinamento civilistico), al senso da attribuirsi ai principi portati dallo Statuto del Contribuente ed in particolare a quelli di cui all’art. 10, comma 3 e al valore residuo della pur chiarissima pronuncia n. 333/01 della Corte Costituzionale (che sembra essere stata assolutamente dimenticata).
Non e’ azzardato prevedere che il Contenzioso Tributario e Civile che scaturirà dalle previsioni dell’ articolo 3, commi 8 e 9, del decreto legislativo n. 23/2011 sarà enorme, anche l’ apparentemente semplice soluzione prescelta lascia molti altri nodi irrisolti. Fra gli altri:
- Chi sarà competente a dichiarare la nullità del contratto originario? L’ Amministrazione Finanziaria quale contenuto della Sanzione irrogata o i Tribunali ordinari a conclusione di un’ordinaria azione di cognizione e condanna?
- Come saranno sostituite le clausole, contenute nel contratto originario, diverse dalla misura del Canone, dalla durata della Locazione e dall’ obbligo di rinnovo alla scadenza?
- Di quale tipo potrà o dovrà essere la prova del pagamento del canone “in nero” o quella, ancora più difficile del pagamento “in nero” di un surplus di canone rispetto a quanto dichiarato?
- Basterà la denuncia dell’ Inquilino non supportata da alcuna prova concreta?
- Saranno prove le dichiarazioni dei suoi familiari?
E poi:
- Che senso avrà, in questo tipo di Contenzioso, il tentativo obbligatorio di Conciliazione, che resta espressamente previsto per la materia?
Resta l’ auspicio che un giorno il nostro Legislatore impari a fare leggi chiare, complete e di univoca interpretazione, ma e’ un auspicio che si rinnova da ormai oltre 50 anni