Spero di aver capito male io, ma vediamo.
Purtroppo no.
Scusa se ti rispondo solo adesso, e ti rispondo andando a memoria.
Premetto che ho letto "Lezioni di Politica sociale" moltissimi anni fa, e non sono tendenzialmente allineato alle posizioni espresse da Einaudi.
Ma ne riconosco innanzi tutto la proprietà e ricchezza del linguaggio usato. Oggi può apparire desueto, come lo sono i "Promessi Sposi": ma dobbiamo riconoscere che il linguaggio odierno si è impoverito in maniera impressionante.
Fatta questa prima premessa, , vengo al punto: non sono in grado su due piedi di sintetizzare con poche righe 15 pagine di trattazione, che se desideri potrò inviarti in privato; ma posso, se la memoria non mi inganna, inquadrare il tema ed il personaggio. Mi scuso anche per la prolissità, poco consona in un forum..
Intanto L. Einaudi, lo considererei un liberale attento ai problemi sociali: niente a che vedere col neoliberismo odierno e la scuola di Chicago: il liberalismo piemontese ha espresso in passato figure di rilievo, che hanno fatto scuola e sono stati di riferimento per personaggi che si sono guadagnati un posto di rilevo nella storia della democrazia italiana: penso ad un giovanissimo Gobetti, che dialogava con autorità come Croce , Turati, Gramsci, Matteotti, esercitando una influenza anche in intellettuali come Nello Rosselli ecc; a quella scuola appartengono Norberto Bobbio, Carlo Levi , Vittorio Foa, ecc., anche se ciascuno ha seguito poi percorsi intellettuali differenti.
Il saggio che include le considerazioni sulla imposta di successione, è incluso in un capitolo che ha come titolo "L'uguaglianza dei punti di partenza": ora gli esempi che propone, mi pare abbiano solo il fine di sostenere due cose: una equa tassazione di base uguale per tutti, ed una progressività per i redditi più alti.
La base del prelievo fiscale dovrebbe basarsi su due pilastri: imposta sul reddito e quella ereditaria.
Quanto alla
supposta aliquota del 33% ad ogni passaggio, , io non ricordo se fosse realmente applicata a fine anni 40 o 50; Il testo usa sempre il "condizionale", e credo vada presa come semplificazione numerica per affermare il principio di fondo della mentalità (non ho scritto del "pensiero") di Einaudi.
L'esempio di pag 287 cui forse hai citato, fa parte del paragrafo col titolo:
126- Il limite d'imposta ereditaria normale; e l'avocazione del valore monetario del patrimonio allo stato in tre generazioni.
Tale paragrafo così conclude:
Quelle sole famiglie durerebbero, che serbassero virtù di lavoro e di ricostruzione, non di mera conservazione. Una fortuna , la quale non fosse diuturnamente ricostituita con nuovo risparmio, sarebbe ridotta dall'imposta inesorabilmente e gradualmente a zero col trascorrere di tre generazioni dopo quella del suo creatore. Ma si annullerebbe di fatto prima, se è vero essere, come afferma la sapienza popolare, assai più difficile conservare una fortuna del crearla. La imposta ereditaria avrebbe soprattutto lo scopo e l'effetto di accelerare il processo di per sé naturale e di volgere a profitto della cosa pubblica la tendenza alla dilapidazione propria delle nuove generazioni non astrette al lavoro dalla necessità di procacciarsi da vivere.
Segue un breve paragrafo tecnico, seguito da un nuovo paragrafo indicativo della posizione di questo "liberale" sui generis.
128 - L'eliminazione degli eredi incapaci a gestire imprese od a conservare patrimoni conseguente all'imposta successoria avocatrice.
Già il titolo parla da solo. E anche qui si trovano affermazioni che evidenziano la matrice etica del pensiero dell'autore. Ecco alcuni brani:
Chi meglio di lui [...il fondatore] atto al comando? Ma i figli, ma i nipoti ed i pronipoti? Vi è ragion di credere che essi, insieme alla fortuna, abbiano ereditato le qualità che fanno i grandi capitani d'industria? ....
.... e conclude
O gli eredi posseggono queste qualità e ad ogni generazione ricostituiranno il terzo del patrimonio ereditato e prelevato dall'imposta; o non le possederanno e l'inesorabile opera dell'imposta ereditaria li priverà insieme del patrimonio e del governo dell'impresa
Vengono poi tre paragrafi oggi superati dal nuovo diritto di famiglia (il nostro è pur sempre un uomo dell'800). Ma significativi per entrare nel pensiero del nostro autore:
130 - Come nasce la diseguaglianza tra figli ugualmente dotati dl padre.
...............
131 - La persistenza dei patrimoni nelle famiglie è dovuta a fattori morali; che soli possono sormontare l'ostacolo dell'imposta ereditaria avocatrice.
............... il quale (si riferisce a mo' di esempio, alle grandi famiglie editrici storiche di giornali....) così conclude:
Ma il nome, ma la tradizione, ma l'esperienza sono ricchezza propria della famiglia, che, serbata in essa, reca vantaggio agli altri e, tòltale, rimane distrutta con danno universale.
Ecco perchè queste affermazioni, le ho sempre lette non tanto e non solo come indicazioni tecniche di un economista, ma una sorta di insegnamento morale, una specie di religione laica, che possiamo criticare o condividere, ma specchio di una disposizione umana, volta a pretendere da ogni uomo, da ogni cittadino, di fare la propria parte, al meglio delle proprie capacità.
Non è poco.