basty

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Tutto quel capitolo è una lezione da tener presente. E il concetto di fondo è sempre lo stesso.

Per non parlare del saggio su liberalismo e socialismo, su liberismo è liberalismo col dialogo con Croce, ecc.

Oggi mi pare non ci siano più questi maestri del pensiero democratico, per riprendere il sottotitolo di una collana di libri del Corriere. Che siano di cultura liberale, cattolica, socialista, li accomuna la onesta intellettuale, la qualità della analisi e sintesi, e non ultima la chiarezza , ricchezza e proprietà del linguaggio scritto. Dove sono oggi i Gobetti, Salvemini, Croce, Dossetti, ecc?
 

Seth

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Con tutto il rispetto per Einaudi, la sua proposta mi pare alquanto macchinosa nella realizzazione pratica (richiede di confrontare patrimoni a distanza di decenni o secoli!), inoltre esonera la seconda generazione da ogni imposta di successione, però punisce la terza generazione per l’eventuale ignavia della seconda di cui i nipoti non hanno colpa alcuna… ma fino a prova contraria le imposte sulla successione le paga l’erede non il de cuius.
 

Seth

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@Seth : forse i pochi stralci ti hanno costretto a leggere male
Spero di aver capito male io, ma vediamo.
Se il capostipite Aldo lascia un milione, secondo la proposta Einaudi il figlio Berto riceve “intatto” il patrimonio, cioè non paga un bel nulla di successione, e già questo mi pare storto.
Poi, dopo qualche anno, alla morte del figlio, se il figlio del figlio, Carlo, riceve in eredità da Berto lo stesso 1.000.000, la tassazione sarà del 33%, mentre la parte eccedente 1.000.000 non sarà tassata. Ho capito bene?
Qual è il demerito del nipote Carlo per cui debba pagare un’aliquota così alta, e qual è il merito di Berto per pagare zero? Inoltre, di fronte alla prospettiva dell’esproprio di un terzo, vogliamo scommettere che fioriranno vendite e intestazioni fittizie?
Non sarebbe più equa e più semplice un’imposizione costante a ogni passaggio generazionale?
 

basty

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Spero di aver capito male io, ma vediamo.
Purtroppo no.

Scusa se ti rispondo solo adesso, e ti rispondo andando a memoria.
Premetto che ho letto "Lezioni di Politica sociale" moltissimi anni fa, e non sono tendenzialmente allineato alle posizioni espresse da Einaudi.
Ma ne riconosco innanzi tutto la proprietà e ricchezza del linguaggio usato. Oggi può apparire desueto, come lo sono i "Promessi Sposi": ma dobbiamo riconoscere che il linguaggio odierno si è impoverito in maniera impressionante.

Fatta questa prima premessa, , vengo al punto: non sono in grado su due piedi di sintetizzare con poche righe 15 pagine di trattazione, che se desideri potrò inviarti in privato; ma posso, se la memoria non mi inganna, inquadrare il tema ed il personaggio. Mi scuso anche per la prolissità, poco consona in un forum..

Intanto L. Einaudi, lo considererei un liberale attento ai problemi sociali: niente a che vedere col neoliberismo odierno e la scuola di Chicago: il liberalismo piemontese ha espresso in passato figure di rilievo, che hanno fatto scuola e sono stati di riferimento per personaggi che si sono guadagnati un posto di rilevo nella storia della democrazia italiana: penso ad un giovanissimo Gobetti, che dialogava con autorità come Croce , Turati, Gramsci, Matteotti, esercitando una influenza anche in intellettuali come Nello Rosselli ecc; a quella scuola appartengono Norberto Bobbio, Carlo Levi , Vittorio Foa, ecc., anche se ciascuno ha seguito poi percorsi intellettuali differenti.

Il saggio che include le considerazioni sulla imposta di successione, è incluso in un capitolo che ha come titolo "L'uguaglianza dei punti di partenza": ora gli esempi che propone, mi pare abbiano solo il fine di sostenere due cose: una equa tassazione di base uguale per tutti, ed una progressività per i redditi più alti.
La base del prelievo fiscale dovrebbe basarsi su due pilastri: imposta sul reddito e quella ereditaria.
Quanto alla supposta aliquota del 33% ad ogni passaggio, , io non ricordo se fosse realmente applicata a fine anni 40 o 50; Il testo usa sempre il "condizionale", e credo vada presa come semplificazione numerica per affermare il principio di fondo della mentalità (non ho scritto del "pensiero") di Einaudi.
L'esempio di pag 287 cui forse hai citato, fa parte del paragrafo col titolo:

126- Il limite d'imposta ereditaria normale; e l'avocazione del valore monetario del patrimonio allo stato in tre generazioni.
Tale paragrafo così conclude:

Quelle sole famiglie durerebbero, che serbassero virtù di lavoro e di ricostruzione, non di mera conservazione. Una fortuna , la quale non fosse diuturnamente ricostituita con nuovo risparmio, sarebbe ridotta dall'imposta inesorabilmente e gradualmente a zero col trascorrere di tre generazioni dopo quella del suo creatore. Ma si annullerebbe di fatto prima, se è vero essere, come afferma la sapienza popolare, assai più difficile conservare una fortuna del crearla. La imposta ereditaria avrebbe soprattutto lo scopo e l'effetto di accelerare il processo di per sé naturale e di volgere a profitto della cosa pubblica la tendenza alla dilapidazione propria delle nuove generazioni non astrette al lavoro dalla necessità di procacciarsi da vivere.

Segue un breve paragrafo tecnico, seguito da un nuovo paragrafo indicativo della posizione di questo "liberale" sui generis.

128 - L'eliminazione degli eredi incapaci a gestire imprese od a conservare patrimoni conseguente all'imposta successoria avocatrice.

Già il titolo parla da solo. E anche qui si trovano affermazioni che evidenziano la matrice etica del pensiero dell'autore. Ecco alcuni brani:

Chi meglio di lui [...il fondatore] atto al comando? Ma i figli, ma i nipoti ed i pronipoti? Vi è ragion di credere che essi, insieme alla fortuna, abbiano ereditato le qualità che fanno i grandi capitani d'industria? ....
....
e conclude
O gli eredi posseggono queste qualità e ad ogni generazione ricostituiranno il terzo del patrimonio ereditato e prelevato dall'imposta; o non le possederanno e l'inesorabile opera dell'imposta ereditaria li priverà insieme del patrimonio e del governo dell'impresa

Vengono poi tre paragrafi oggi superati dal nuovo diritto di famiglia (il nostro è pur sempre un uomo dell'800). Ma significativi per entrare nel pensiero del nostro autore:

130 - Come nasce la diseguaglianza tra figli ugualmente dotati dl padre.
...............
131 - La persistenza dei patrimoni nelle famiglie è dovuta a fattori morali; che soli possono sormontare l'ostacolo dell'imposta ereditaria avocatrice.
............... il quale (si riferisce a mo' di esempio, alle grandi famiglie editrici storiche di giornali....) così conclude:

Ma il nome, ma la tradizione, ma l'esperienza sono ricchezza propria della famiglia, che, serbata in essa, reca vantaggio agli altri e, tòltale, rimane distrutta con danno universale.

Ecco perchè queste affermazioni, le ho sempre lette non tanto e non solo come indicazioni tecniche di un economista, ma una sorta di insegnamento morale, una specie di religione laica, che possiamo criticare o condividere, ma specchio di una disposizione umana, volta a pretendere da ogni uomo, da ogni cittadino, di fare la propria parte, al meglio delle proprie capacità.
Non è poco.
 

uva

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la sua proposta mi pare alquanto macchinosa nella realizzazione pratica
In effetti la proposta (che si deve attribuire al socialista Eugenio Rignano) è macchinosa.
Einaudi ne era consapevole.

Riporto un passo tratto da uno studio sull'argomento:

Dopo avere così enunciato le premesse concettuali dell’imposta, l’economista piemontese
ne trae le dovute conseguenze, dichiarandosi sostenitore della proposta avanzata all’inizio
del ‘900 da Eugenio Rignano, che viene riassunta nei seguenti termini.
Alla morte di Tizio, tutto il suo patrimonio passa all’erede, in ipotesi il figlio Caio, senza
scontare alcun tributo. Tuttavia, lo Stato diviene contestualmente titolare di un credito nei
confronti dell’erede pari al valore dell’intero patrimonio. Tale credito non è immediatamente
esigibile né produce interessi a favore dello Stato che, però, è garantito da un’ipoteca
su tutto il patrimonio. Il credito così garantito diventa esigibile, per un terzo, alla morte di
Caio, «per un altro terzo alla morte del nipote Sempronio e per l’ultimo terzo alla dipartita
del pronipote Mevio … A questo punto, nulla esiste più, in mano agli eredi, del patrimonio
originario, costituito da Tizio. Tutto è passato in mano allo Stato».
Einaudi non si nasconde la grande complessità e i serissimi problemi applicativi di un simile
meccanismo. Ma, sostiene, la complessità è inevitabile nei moderni ordinamenti fiscali e
comunque ne vale la pena in nome dell’obiettivo supremo, che le eredità rimangano in possesso soltanto degli eredi i quali lo meritano…
 

uva

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Visto che @basty ha introdotto l'argomento, allego uno studio interessante edito dall'I.B.L.
L’imposta di successione tra socialismo e
liberalismo.
Il “caso” Luigi Einaudi
 

Allegati

  • IBL_WP-Einaudi_Successione.pdf
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basty

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Si, grazie: questo seguito , o meglio premessa, non la conoscevo. Meglio, la avevo trascurata: ne fa cenno al par. 126. dove scrive:
... come propose un tempo l'ing. Rignano, la quota spettante alla collettività crescerebbe ....

Il precedente par. che riguarda la progressività della imposta, termina infatti con:

L'esemplificazione numerica sopra fatta non ha alcun valore di consiglio, essendo fatta al solo scopo metodologico di chiarire il congegno dell'imposta; spettando invece ad ogni legislatore di applicare il concetto generico alle condizioni particolari del paese.

In effetti gli esempi einaudiani sono sempre al condizionale: in altri passi accenna ad aliquote ben più contenute: e la storia delle tre generazione, fa sempre il parallelo col detto piemontese, ma forse universale, che :
il padre fa, il figlio ne gode, il nipote lo dilapida.

E quelle pagine rispondono appunto anche a quel detto legato appunto alla saggezza popolare.

In altre parti, che non ritrovo, afferma anche che non è un bene che i patrimoni si disperdano, sia a causa della insipienza dei possessori, sia per la voracità dello stato ....
 

uva

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Non voglio avviare polemiche né discutere di politica, e premetto che anch'io ho stima di Einaudi.
Come scrissi qui sul Forum nel thread dei "Tre noti piemontesi", per me è stato uno dei migliori Presidenti della Repubblica italiana.
Ma Einaudi era un liberale un po' reazionario e di destra, come diremmo oggi.
Mentre Rignano era un socialista, seppure eclettico; oggi diremmo di sinistra.

Infatti l'autore di quello studio scrive:

Se invece veniamo allo specifico della proposta Einaudi/Rignano, mi sembra davvero difficile
sostenere che rientri nell’alveo del liberalismo, pur inteso in senso liberal. Come visto
sopra, le implicazioni della proposta sembrano sostanzialmente incompatibili con un’economia
di mercato degna di questo nome e integrano a pieno titolo una riforma socialista
della società, sia pure da conseguire per via democratica e non rivoluzionaria. Non è quindi
un caso che Eugenio Rignano fosse a tutti gli effetti un importante (per quanto peculiare)
esponente del socialismo riformista e che il volume in cui egli sistematizza in modo definitivo
la sua proposta del 1901 e il dibattito che ne seguì si intitoli Per una riforma socialista del
diritto successorio.


il padre fa, il figlio ne gode, il nipote lo dilapida.
Ci sono esempi anche in letteratura.
Ne "I Buddenbrook" Thomas Mann ben descrisse l'ascesa e successiva decadenza della borghesia mercantile.
 

basty

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Non vorrei esagerare nelle citazioni, ma risfogliando il libro i cui sopra, non resisto ad aggiungere alcune perle riguardanti la libertà:

- Non dalla società la quale circonda l'uomo viene la libertà; ma dall'uomo stesso.
- L'uomo deve trovare in se stesso, nel suo animo, nella forza del suo carattere la libertà che va cercando.

- Il prigioniero, il quale potrebbe acquistare la libertà se chiedesse grazia al tiranno e non la scrive perchè non riconosce nel tiranno e nei suoi giudici la potestà di giudicarlo, è uomo libero.

- Il proprietario il quale, giunto verso la sera della vita, ricorda i lunghi decenni durante i quali egli ha rinunciato a godere il frutto della sua terra e col risparmio così compiuto, l'ha trasformata con strade nuove, case ..., spianamenti e impianti di frutteti o vigneti o di uliveti o con opere di irrigazione, sicché dove viveva miseramente una famiglia, oggi due o tre famiglie traggono vita decorosa, sente, anch'egli, di aver creato qualcosa. ......... La volontà sua libera decise altrimenti, ed egli ora si compiace di aver fatto quell'uso della sua libertà.

-
Hai usato della tua libertà per rinunciare al vantaggio che poteva venirti dal danno altrui; epperciò tu sei uomo libero.

- Sì, in ogni tipo di società e di economia, l'uomo che ubbidisce alla voce della coscienza, è libero

- La libertà individuale, dell'uomo consapevole, dell'uomo che sa di dover ubbidire alla voce del dovere non dipende da fatti esteriori come l'organizzazione sociale o politica.


Mica male, direi ....:
 

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