La giurisprudenza ha costantemente inteso distinguere nell'ambito del concetto di residenza un
elemento oggettivo, costituito dalla stabile permanenza in un luogo, ed un elemento soggettivo,
costituito dalla volontà di rimanervi (si vedano ad esempio le sentenze della Cassazione: Sez. I del
21 giugno 1955 n.1925, Sez. I del 17 ottobre 1955 n.3226, Sez. II del 17 gennaio 1972 n.126, del 5
febbraio 1985 ,n.791, Sez. II del 14 marzo 1986, n. 1738 ). Tale soggettività deve essere un elemento "rivelato dalle consuetudini di vita e dallo svolgimento
delle normali relazioni sociali" (Cass., Sez II,14 marzo 1986 n.1738) cioè deve essere reso
conoscibile ai consociati attraverso la condotta del soggetto.
Quindi ne deriva che la residenza è comunque una situazione di fatto, alla quale deve
tendenzialmente corrispondere una situazione di diritto contenuta nelle risultanze anagrafiche.
La richiesta di residenza non può quindi essere vincolata ad alcuna condizione e tantomeno può
essere limitata la libertà di spostamento dei cittadini e la scelta di stabilirsi sul territorio dove
desiderano, pena la violazione dell'art. 16 della Costituzione..
L'unico requisito è la corrispondenza che deve intercorrere tra la situazione di fatto e quanto
dichiarato dall'interessato rispetto al suo luogo di dimora abituale.
L'iscrizione anagrafica non è infatti legata all'unità immobiliare ma all'effettività della dimora
abituale in quel luogo ossia alla realtà abitativa familiare. Pertanto i comportamenti rivolti ad
ulteriori verifiche al di là della dimora abituale si configurano quali aggravanti del procedimento
amministrativo e passibili di denuncia da parte del cittadino. Si ribadisce che attualmente non
possono essere da ostacolo alla iscrizione anagrafica la natura dell'alloggio quale ad esempio il
fabbricato non conforme alle prescrizioni urbanistiche, la grotta, la roulotte o la baracca di legno.
Il secondo comma dell'art.4 della Legge anagrafica (Legge 24 dicembre 1954, n.1228) impone
all'Ufficiale d'anagrafe di ordinare gli accertamenti necessari ad appurare la verità dei fatti
denunciati dagli interessati. Si desume chiaramente che il potere-dovere dell'Ufficiale d'anagrafe è
quello di disporre gli accertamenti per effetto dell'avvenuta presentazione di una dichiarazione
dell'interessato diretti proprio a verificare la corrispondenza tra quanto dichiarato e quanto attuato
nella realtà dei fatti.
Avere la residenza anagrafica (cioè essere registrati negli archivi della popolazione del Comune) là
dove realmente si vive è un diritto della persona (anche se è un "senza tetto", cioè senza una casa
"normale", che sia giuridicamente utilizzabile come civile abitazione). Si tratta di un diritto che ne
innesca molti altri: il diritto alle cure del servizio sanitario nazionale, al rilascio della carta di
identità, il diritto all'assistenza sociale, l'iscrizione alle liste per l'assegnazione degli alloggi di
edilizia residenziale pubblica, il diritto di voto in una serie di elezioni politiche e amministrative
(quest'ultimo solo per i cittadini italiani o comunitari). Non solo i "senza tetto", ma anche le persone
senza fissa dimora hanno diritto ad avere una residenza anagrafica. La legge impone ai comuni di
iscrivere all'anagrafe sia i "senza tetto" che i "senza fissa dimora". La residenza è infatti un diritto
fondamentale di libertà (quello di scegliere il luogo dove vivere) e un tratto irrinunciabile della
personalità (ciascuno, infatti, appartiene ad una comunità ed ha diritto a risultarne membro.
Per quanto riguarda la legge n. 94/2009, ha introdotto la possibilità per i competenti uffici comunali di verificare, al momento della richiesta di iscrizione anagrafica di ogni persona, le "condizioni igienico sanitarie dell'immobile in cui il richiedente intende fissare la propria residenza,ai sensi delle vigenti norme sanitarie". In altre parole al Comune viene data facoltà - e non l'obbligo - di esercitare le proprie competenze in materia sanitaria, controllando le condizioni igienico sanitarie degli immobili in occasione delle richieste d'iscrizione e di variazione anagrafica.
La formulazione della norma non prevede la richiesta di messa in sicurezza dell'immobile ma la sua adeguatezza a una serie di parametri igienico-sanitari che conferiscono idoneità abitativa all'immobile stesso. Tale norma si applica, in via discrezionale, nei confronti di tutti i cittadini e, come specificato dalla stessa, non può condizionare comunque il procedimento d'iscrizione anagrafica, il quale deve rimanere vincolato ai presupposti già citati di dimora abituale.
L'iscrizione nei registri della popolazione residente deve restare un procedimento amministrativo distinto e separato che deve trovare esito positivo anche nel caso in cui l'alloggio risulti eventualmente inidoneo.
A VOI L'ARDUA SENTENZA E CONCLUSIONI, NON VOGLIO METTERCI NASO.