Adriano Giacomelli

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Tutto sommato credo nulla, ma è discorso da commercialista.
A) Non penso si debba dichiarare in dichiarazione in quanto è una caparra inssata a titolo penale
B) Non crea plusvalenza.
 

maidealista

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•la caparra penitenziale rappresenta, invece, non una cautela contro l’inadempimento, ma il corrispettivo per l’attribuzione della facoltà di recesso. Per quanto concerne l’applicazione dell’imposta di registro, va detto che, non essendo espressamente contemplata dalla nota all’articolo 10 della Tariffa, non può trovare applicazione il rinvio all’articolo 6 della Tariffa stessa. Tenuto conto del carattere accessorio ed eventuale della clausola penitenziale, in quanto non connessa con un rapporto di derivazione necessaria alle disposizioni proprie del preliminare, e del suo contenuto patrimoniale che esula anche dal campo di applicazione dell’IVA, si ritiene debba trovare applicazione l’articolo 9 della Tariffa, che disciplina, in via residuale, tutte le disposizioni non altrove previste che manifestino un contenuto patrimoniale, con conseguente applicazione dell’aliquota proporzionale del 3 per cento (si richiama la risoluzione n. 310388 del 18/06/1990).
http://www.fiscooggi.it/attualita/articolo/il-contratto-preliminare-ipotesi-e-tassazione-2
 

gcaval

Nuovo Iscritto
Maidealista, sei fuori tema. L'articolo che hai riportato, che conosco, si riferisce alle imposte indirette (tassa di registro), ossia come tassare la caparra penitenziale rispetto alla confirmatoria. Mentre per la seconda si paga al momento della registrazione lo 0,5% dell'importo corrisposto, per la penitenziale è il 3%.

Ma cosa c'entra questo con l'eventuale tassazione ai fini IRPEF di una somma incassata come risarcimento per inadempimento?

Tutto sommato credo nulla, ma è discorso da commercialista.
A) Non penso si debba dichiarare in dichiarazione in quanto è una caparra inssata a titolo penale
B) Non crea plusvalenza.

Ok, quindi la distinzione prima casa o seconda casa non c'entra nulla. Anche perché, se riguarda l'acquirente, questi la dichiarazione prima casa la fa all'atto del rogito, fino a quel momento nessuno può determinare alcunché di diverso.

Il motivo per cui la caparra incassata come risarcimento non verrebbe tassata ai fini IRPEF, è dovuta all'interpretazione dell'art.6 comma 2 del TUR. Si riterrebbe infatti questo, non come risarcimento da mancato reddito, ma piuttosto come risarcimento per danno patrimoniale.

Un’approfondita analisi della materia del risarcimento nel diritto tributario non può prescindere da un breve riesame del concetto di danno, nella sua duplice accezione di danno emergente, ovvero di perdita economica subìta dal creditore e che si concretizza in una diminuzione del suo patrimonio, e di lucro cessante, ovvero di mancato guadagno che il creditore avrebbe potuto realizzare se non si fosse verificato il fatto dannoso (inadempimento o fatto illecito).

L’argomento è oggetto di attenzione anche da parte dell’Agenzia delle Entrate che, con Risoluzione n. 155/E del 24/05/2002, afferma: “In tema di risarcimento danni o di indennizzi percepiti da un soggetto, è principio generale quello per cui, laddove l'indennizzo vada a compensare in via integrativa o sostitutiva la mancata percezione di redditi di lavoro, ovvero il mancato guadagno, le somme corrisposte, in quanto sostitutive di reddito, vanno assoggettate a tassazione e, così, ricomprese nel reddito complessivo del soggetto percipiente. Viceversa, laddove il risarcimento erogato voglia indennizzare il soggetto delle perdite effettivamente subite (il cd. danno emergente), ed abbia, quindi, la precipua funzione di reintegrazione patrimoniale, tale somma non sarà assoggettata a tassazione. Infatti, in quest'ultimo caso, assume rilevanza assoluta il carattere risarcitorio del danno alla persona del soggetto leso e manca una qualsiasi funzione sostitutiva o integrativa di eventuali trattamenti retributivi: pertanto, gli indennizzi non concorreranno alla formazione del reddito delle persone fisiche per mancanza del presupposto impositivo”.

Detto questo, anche in rete si possono leggere pareri discordanti su tale interpretazione.
 

Adriano Giacomelli

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Proprietario Casa
la I° casa si dichiara all'atto, considerazione logica ed evidente di "gcaval" ma converrete che altrettanto logica è la situazione che se la vai a rivendere hai un profilo di tassazione differente. Quindi scusa il tuo tono assoluto, ma centra. Centra il profilo di tassazione che ho descritto sopra, la sola caparra, invece segue per logica.
 

gcaval

Nuovo Iscritto
Perdona il mio "tono assoluto", ma credo di aver argomentato, non di aver espresso un parere personale. A me continua a non esser chiara quella che tu definisci "logica conseguenza". Probabilmente sarò io un po' lento a comprendere...

Se si discute di come viene tassata una penale per inadempienza (in questo caso la caparra confirmatoria) ai fini IRPEF, come fai a determinare, per un acquirente, se lui la casa l'avrebbe acquistata come prima o come seconda? Tu stesso hai asserito che per una seconda casa non c'è tassazione (quindi quello che vale per la prima casa vale anche per la seconda). Ecco perché non comprendo la "logica conseguenza".

Ho riportato quanto specificato da una Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate, aggiungendo anche che dei dubbi restano tra giuristi e fiscalisti. La tassazione di un inadempimento, quindi, dovrebbe seguire la logica del "danno emergente", e prescinde dal fatto che si tratti di prima casa o seconda casa. Se invece tu sei tra quelli che ritenessero valida la situazione del "lucro cessante" (piuttosto forzata, direi, perché una persona che vuol comprare casa non lo fa certo per conseguire un reddito), dovresti ammettere che in ogni caso ci sarebbe IRPEF, mentre mi sembra di capire che tu lo abbia escluso (e per entrambi i casi).
 

Adriano Giacomelli

Membro dello Staff
Proprietario Casa
Allora, il caso non compreso è questo:
A) Se io posseggo una casa a suo tempo acquistata come I° casa e oggi la rivendo, non vado a pagare tasse sull'eventuale plusvalenza in quanto da me posseduta come I° casa, e (era il caso di origine di questa discussione) non avrei dovuto, per logica, non pagare tasse sulla eventuale caparra penitenziale.
B) Se io posseggo una seconda casa e vado a rivenderla dopo un lasso di 5 anni dalla data di acquisto, non vado a pagare nessuna tassa sulla eventuale plusvalenza, e nemmeno, per logica (era il caso di origine di questa discussione) su una eventuale caparra penitenziale.
Ecco quello che volevo far capire.
 

gcaval

Nuovo Iscritto
Quindi tu sposi la "teoria" che in ogni caso si tratti di "lucro cessante", giusto? Perché così, pur valendo il principio dell'art. 6 comma 2 del TUR (proventi conseguiti in sostituzione di redditi seguono la tassazione degli stessi redditi perduti), dici, non essendoci la tassazione per i casi A e B da te riportati, non ci saranno nemmeno per le caparre.

Ovviamente questa cosa varrebbe solo se il risarcito fosse il proprietario. E per l'acquirente come ti regoli?

Preciso che non c'è nessuna malizia nella mia domanda. Io mi sono fatto un'idea, credo anche manifesta da quanto già scritto (post #23). Mi interessa sapere il parere di altre persone, soprattutto se hanno informazioni o letto direttive e quant'altro che io non conosco.
 

mapeit

Membro Senior
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L’art. 67, comma 1, lettera b), del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Tuir – DPR 917/1986) comprende le plusvalenze immobiliari tra i redditi diversi.
Le plusvalenze sono quelle realizzate mediante cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni, esclusi quelli acquisiti per successione e le unità immobiliari urbane che per la maggior parte del periodo intercorso tra l'acquisto o la costruzione e la cessione sono state adibite ad abitazione principale del cedente o dei suoi familiari.
La recente risoluzione n. 218/E del 30.5.2008 l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la circostanza di effettivo utilizzo dell’immobile come dimora principale, anche se diversa da quella risultante dai registri anagrafici, deve essere dimostrata sulla base di circostanze oggettive.
Per circostanze oggettive, che liberino il proprietario dal pagare la plusvalenza ci sono ad esempio: l'indicazione del domicilio nella corrispondenza, l'intestazione delle utenze domestiche e l'effettivo utilizzo dei servizi connessi.
Chi vende un bene immobile può richiedere al notaio, all’atto della cessione, l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito pari al 20%.
La disposizione riguarda le plusvalenze realizzate per le cessioni a titolo oneroso di beni immobili (fabbricati e terreni agricoli) acquistati, costruiti o ricevuti in donazione da non più di cinque anni. In quest’ultimo caso, il periodo di cinque anni decorre dalla data di acquisto da parte del donante.
 

Barney

Nuovo Iscritto
Esatto e mi sembra che si va fuori tema!..

Aggiunto dopo 6 minuti ....

Esatto e mi sembra che si va fuori tema!..in effetti la miglior risposta al quesito mi sembra quella di "gcaval" del 02/10 nr.23 ed anche 25;
Ma come si può informare l'associazione di categoria sul comportamento scorretto dell'agenzia aderente F.I.M.A.A. e in che modo? Esiste qualche procedura?
 

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