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Il crollo del blocco sovietico toglie alla lotta politica l'alibi dello scontro ideologico, che aveva
pietrificato ogni spinta al rinnovamento.
Questa nuova condizione politica libera, dai lacci che l'avevano condizionata, la magistratura, che
avvia il più vasto processo giudiziario che l'Italia ricordi e apre il vaso di Pandora della corruzione
strutturale esistente nel Paese.
Come già visto, alla fine degli anni '90, l'insofferenza nei riguardi dei politici trova una valvola di
sfogo nel comportamento di Cossiga. Il presidente della repubblica, sentendosi tradito dal suo partito, in
occasione della scoperta di Gladio, esce dalle righe dei suoi compiti istituzionali per assumere quelli del
tribuno della plebe, e, gioia e delizia dei media, inizia a "picconare" quelle istituzioni delle quali, per
decenni, è stato uno dei massimi rappresentanti. Egli dà luogo ad una lunga e durissima contestazione con
il Csm, critica apertamente la costituzione, si autodenuncia per Gladio.
«Francesco Cossiga era in quel momento il simbolo del diffuso desiderio di un uomo forte. Un uomo
forte alla testa di uno stato debole..."»
Il 26 giugno '91, Cossiga invia un messaggio alle camere: le ottantadue cartelle più dirompenti della
storia della repubblica. Cossiga parla di elezione diretta del capo dello stato, di sistema uninominale, di
referendum propositivi, e di riforme costituzionali. È il certificato della morte costituzionale della prima
repubblica; Andreotti si rifiuta di controfirmare il messaggio. I maggiorenti di tutti i partiti pensano che
Cossiga sia uscito di senno. Dopo il messaggio, i rapporti con la Dc precipitano; il 23
gennaio '92, Cossiga notifica il divorzio ufficiale dal partito.
In questo periodo si apre un ferrato dibattito tra i politologi; la disputa è se debba prevalere una
democrazia elettorale o una referendaria. La discussione nasce dal fatto che, in Italia, i cambiamenti o le
indicazioni più significative non sono venuti dai risultati elettorali ma da quelli referendari. Il problema
ha attinenza con il livello di informazione dei cittadini. I sostenitori della validità della prima e della
negatività della seconda si basano sul fatto che il cittadino, essendo poco o male informato, non è in
grado di decidere e quindi non può che delegare il potere decisionale. È probabile, d'altra parte, che in
uno stato moderno il cittadino non potrà essere sovrano, ma dovrà poter disporre di strumenti che gli
consentano di influire sulla sovranità mediante comportamenti collettivi, come i referendum o i
movimenti.