Per
endecasillabo si intende un verso, tendenzialmente di
undici sillabe (il nome deriva dal greco
éndeka, "undici"), che abbia
come ultima sillaba tonica (e cioè, accentata)
la decima. Numerose sono, tuttavia, le varietà formali, che si realizzano in base alla posizione delle altre sillabe toniche all’interno del verso, alle cesure (cioè le pause del ritmo all'interno del verso) e alle uscite dell'endecasillabo stesso. Due varianti sono le più importanti: la prima si realizza con la
quarta sillaba accentata, dando vita così nella parte iniziale (o emistichio) dell'endecasillabo a un
quinario, che risulta più breve della parte restante del verso, il quale viene pertanto detto
a minore. La seconda possibilità si realizza quando è la
sesta sillaba ad essere tonica, realizzando nella parte iniziale un
settenario, cioè un emistichio più lungo della parte restante del verso, che quindi è chiamato nel suo complesso
a maiore. I primi due versi del canto incipitario della
Commedia di Dante sono appunto un endecasillabo
a maiore e uno
a minore:
Nel | mez|zo | del | cam|
mìn | di | nos|tra |
vi|ta
mi | ri|tro|
vái | per | u|na | sel|va os|
cú|ra
Un pò complicato. Credo che questo esempio possa far da inizio per un neofita[DOUBLEPOST=1394485611,1394485399][/DOUBLEPOST]
l’amor che move il sóle//e l’altre stélle
la mor che mo ve il sò le e là ltre stè lle