Per sorridere un po'
"È da due giorni che non vuole uscire dalla sua stanza. E dice che ci resterà almeno fino a lunedì prossimo”. Secondo la ricostruzione dei Carabinieri, proprio con queste parole una concitata Annina Quoliscio, moglie del settantenne Ivano Turati, avrebbe spiegato ai dirimpettai l’improvvisa assenza del marito alla riunione condominiale di ieri sera.
L’assemblea avrebbe dovuto deliberare sull’adesione all’offerta luce e gas “Tutto incluso tranne i costi extra”, ma si è invece dovuta aggiornare per il mancato raggiungimento del numero legale.
Visibilmente scosso, il signor Matteo Giacomotti, vicino del Turati e suo antico compagno di bocce, avrebbe chiesto quindi alla signora Quoliscio di far visita al marito, per verificare di persona le sue condizioni: “Ivano non si è mai perso un’assemblea, nemmeno durante la storica epidemia di gastroenterite del ’91 che gli causò una terribile dissenteria, la sciolta della Bolognina. Venne lo stesso, col pannolone, ma tenne un accorato discorso in cui espresse la sua contrarietà a una ricostruzione radicale dello stabile, ritenendo preferibile procedere con una ristrutturazione graduale, un piano alla volta, ma accurata. Ci convinse tutti e proprio una settimana fa abbiamo finalmente terminato i lavori al pianterreno. Presto cominceremo col piano ammezzato”.
“Mi dispiace Matteo – lo avrebbe però informato una sempre più imbarazzata Quoliscio – Ivano ha detto chiaramente che non vuole vedere nessuno, che è diventato hikikomori e si è pure cambiato il nome in Inaso Turato, dice che fa più giapponese”.
“Ichicoche? – avrebbe quindi replicato seccamente Giacomotti – fammi entrare Annina, che lo tiro fuori io Ivano. Che domenica ci sono le elezioni e dopo abbiamo la partita a bocce contro quegli sboroni dei fratelli di Itala”.
A quel punto la voce del Turati, attraversando le mura domestiche (l’abitazione dei coniugi Turati è al secondo piano, che non è stato ancora interessato dalle opere di insonorizzazione, n.d.r.) avrebbe raggiunto le incredule orecchie dell’amico Giacomotti: “Oh bragàn [ficcanaso, n.d.r.], non ci vado mica a votare chel gavòt che m’ha piazza’ il partito. Sto a casa!”.
La situazione è dunque degenerata: da una parte, Giacomotti che, in preda ad un raptus, con un poderoso pugno ha sfondato il muro (non ancora ristrutturato, n.d.r.) della camera del Turati, restandovi incastrato fino all’avambraccio, e dall’altra, Turati, dall’interno, che continuava a imprecargli contro.
Accorsi sul posto, i Carabinieri, dopo aver calmato gli animi dei due, sono riusciti a estrarre l’avambraccio del Giacomotti (“Io tengo fermo il vecchio, tu spingi il muro”). Quindi, per mezzo della fessura, hanno a lungo dialogato con il Turati, cercando di convincerlo a uscire dalla sua stanza, almeno per andare a compiere il suo dovere di cittadino.
Turati tuttavia è stato irremovibile (a differenza del muro, n.d.r.) e ha cominciato a declamare, uno ad uno, tutti i nomi dei candidati al Senato e alla Camera nei collegi uninominali, provocando attimi di panico e disperazione tra gli astanti.
L’uomo ha quindi minacciato di passare alla lettura dei candidati nei collegi plurinominali, se non lo avessero lasciato in pace.
Di fronte all’escalation di disordini che stavano ormai sconvolgendo il condominio (la signora Tilde Iotti, dell’attico, dopo aver sentito il nome del candidato “DI STEFANO SIMONE” non ha potuto trattenere un conato di vomito, devastando le orchidee del giardino condominiale inondate di materiale gastrointestinale eiettato e precipitato per dodici metri) i due militari, anch’essi visibilmente provati dall’ascolto forzato dei nomi dei futuri parlamentari, hanno infine deciso di abbandonare lo scontro e cedere al ricatto."
Francesco Conte.