provo a spiegarmi meglio (e ringrazio uva della precisazione) correggendo, in parte, quanto scritto in precedenti post (parte sottolineata): la clausola risolutiva espressa (se ha ad oggetto il pagamento canone entro termine previsto in contratto) risolve il contratto col ricevimento da parte del conduttore della raccomandata (con la quale il locatore intende avvalersene); nel caso di locazione ad uso abitativo è lo stesso legislatore -art. 5, cit- a stabilire il termine entro il quale pagare se si vuole evitare morosità e -previa convalida- risoluzione del contratto (entrambe però sanabili o evitabili con purgazione della mora banco iudicis, eventualmente anche usufruendo di ulteriore termine di grazia, ex art. 55, cit.); in tale fattispecie la clausola risolutiva espressa: per alcuni autori -maggioranza- sarebbe inidonea a derogare il regime pubblicistico anzidetto e, pertanto, a fronte di non persistenza di morosità o di sua purgazione (inclusi accessori e spese processuali), in udienza (per giurispudenza di legittimità, anche nell'ambito del procedimento ordinario ex art. 1453 c.c. e ss.), il contratto non si risolverebbe ed il locatore non potrebbe avvalersi nei confronti del Fisco di alcun tipo di registrazione per non pagare relativa imposta sul reddito locativo; per altri -minoranza-, i contraenti potrebbero negoziare autonomamente la deroga a detto regime e, pertanto, inserire in contratto valida clausola risolutiva espressa (con la quale, ad esempio, esplicitamente convenire che "il mancato pagamento del canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando l'importo non pagato superi quello di due mensilità del canone, costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'art. 1455 del codice civile"; agli occhi del Fisco potrebbe non bastare la mera raccomandata o una successiva dichiarazione di rilascio del conduttore esigendosi, altresì, che la registrazione venga supportata da provvedimento giudiziale che accerti l'inadempimento ipso iure del conduttore o, comunque, da prova documentale di data certa; del tutto diversa la fattispecie di locazione ad uso non abitativo alla quale non si applica il regime di cui agli artt. 5 e 55, cit. (vd. Cass. Civ., 31 maggio 2010, n. 13248) e, pertanto, l'approvazione di clausola risolutiva espressa legittima il locatore -che con raccomandata l'abbia fatta valere- a rifiutare qualunque adempimento tardivo e/o parziale imponendo al giudice la pronuncia dichiarativa di risoluzione, ex art. 1456 c.c. (anche e soprattutto in ambito di procedimento di sfratto per morosità, ex art. 658 c.p.c.) e/o a registrare la risoluzione del contratto (nei confronti del Fisco permangono i limiti probatori riguardo alla data certa di cessazione degli effetti del contratto, difficilmente documentabili in difetto di provvedimento giudiziale e/o di effettivo rilascio dell'immobile da parte del conduttore); in conclusione, sul piano civilistico la clausola risolutiva espressa produce effetti risolutivi ipso iure dalla data ricevimento raccomandata (per alcuni anche se apposta a contratti ad uso abitativo), ma, solo riguardo ai contratti ad uso non abitativo il locatore può pacificamente rifiutare l'adempimento tardivo e/o parziale e ottenere sentenza dichiarativa di accertamento (anche nella forma di convalida di sfratto per morosità); sul piano tributario, invece, pur in presenza di clausola risolutiva espressa, il locatore solo in caso di canoni ad uso abitativo non riscossi può ottenere il rimborso dell'imposta ad essi riferita e solo se dispone di prova documentale di data certa -attestante la morosità o altra causa di risoluzione- può legittimamente registrare l'avvenuta risoluzione del contratto e non assoggettare a tassazione i canoni non percepiti.