Questo criteri li ho trovati prima in una società che opera prevalentemente in Svizzera, ma poi ne ho trovate alcune anche in Italia. Non sarà perfetta, ma si può sempre provare a migliorare...
Ricordo che quando si è cominciato a parlare di introdurre la contabilizzazione calore, avevo trovato in rete una guida svizzera che effettivamente prevedeva come operazione preliminare alla contabilizzazione, il rilievo della esposizione e dispersione generale dell'edificio: tali consumi "involontari" venivano assorbiti dalla quota fissa.
Lo stesso criterio era previsto dalla legge regionale lombardia: che poneva come prerequisito, l'effettivo equilibrio termico del fabbricato, prima della adozione della contabilizzazione. Poi è intervenuta la recente legislazione nazionale e la UNI 10200
Ritengo quindi che la citazione senza correttivi della UNI10200 da pare del legislatore, metta in luce o una superficialità o mentalità talebana da parte degli estensori della legge. (e di chi la applica e condivide supinamente)
Sostenere che siano cavoli di chi possiede l'attico ecc, non considera che tutti in passato hanno acquistato in condizioni di "equilibrio" termico (sia pur convenzionale, essendo ottenuto con sovradimensionamento dei radiatori nelle esposizioni svantaggiate).
Tale sostanziale equilibrio dovrebbe continuare a rimanere. I consumi "volontari" sono altri: ed il risparmio energetico non lo si fa perchè si stà più al fresco.
Non sono le termovalvole a far diminuire i consumi.
Oggi bisogna avere la fortuna di avere dei con-domini con una sufficiente apertura mentale, in grado di capire che coibentare (se non lo è) la soletta dell'ultimo piano e del piano terreno, non va a vantaggio solo dell'ultimo o del primo piano: il risparmio diventa generale, se si consuma meno. Mentre all'opposto, tutto il costo va a danno del primo ed ultimo piano senza alcun risparmio.
Se si voleva un vero risparmi energetico occorreva sponsorizzare soluzioni di isolamento, sostenuto da tutto il condominio, non la guerra condominiale.