arciera

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per @Luigi Criscuolo: con l'avvallo dei legittimati medesimi, certo! qui però non ci sono avvalli di sorta. Uno con la sua roba (nel senso del diritto del legittimato) ci può fare quel che vuole. Non può farci quel che vuole il testatore. Non sono beni suoi.
per nemesis: continuo ad ignorare la funzione della pubblicazione e continuo certamente ad ignorare molto altro. Io so solo una cosa: tutta "la robba" non è a disposizione del testatore. semplicemente non è "robba sua". Non può disporne in termini proprio di legge. Eppure la legge permette di pubblicare un testamento che sarà impugnato. E che sicuramente sarà invalidato. chi ci guadagna? Secondo poi: il legittimato vuole versare la sua parte al beneficiato? innanzitutto io gli farei pagare le tasse, per donazione, sulla quota che legalmente gli spetta, questo per non ovviare facili raggiri, oppure, cosa ancor più semplice, deve rinunziare. A questo punto sentiamo anche coloro i quali, i discendenti, vengono privati per questo atto di generosità. Ragazzi, vengono prima i legittimati e poi i beneficiati, e vengono prima del testatore. Questa si chiama Civiltà e non bordello.
 

Luigi Criscuolo

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@arciera vedo che ti sei troppo infervorata nella discussione e l'enfasi ti ha fatto scrivere che le proprietà del testatore, che al momento in cui redige un testamento olografo è vivo, con,quindi, tutti i diritti di disporre delle cose di sua proprietà, non sono più sue perché vincolate dalla quota di legittima. Ma stai scherzando? Uno può fare testamento olografo poi il giorno dopo per coprire improvvise necessità finanziarie vendere tutti i beni che aveva elencato nel testamento. Non c'è l'obbligo della coerenza. Da come hai scritto mi sembra che tu appartiene a quel gruppo di persone che sentono già come proprie le proprietà dei genitori. Di solito, con la loro morte, è così; ma non è un automatismo. Quando uno è vivo può vendere tutte le sue proprietà per conquistarsi un posto in paradiso ed i figli, se ciò succede, devono solo abbozzare. Lo so che è dura; sopratutto quando uno si era già fatto la bocca buona.
Cosa diversa è un testamento fatto redigere da un notaio, il quale a fronte di determinate disposizioni che ledono i diritti di legittima è tenuto ad avvisare il de cuius che il testamento può essere impugnato da un qualsiasi erede sia stato leso nel suo diritto. Ripeto diritto non obbligo di accettare.
 

arciera

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nel caso in cui il proprietario momentaneo dei beni avverte il bisogno di coprire delle spese improvvise e vende i beni, da buon padre di famiglia, ti assicuro che la sua vita eterna non sarà maledetta. Anzi, potrebbe pure, se supportato dai morti suoi, guadagnarsi il paradiso. Sai, a Roma si è molto sottili, non i morti soli, ma li mejo, anzi l'anima delli mejo morti sui. Sai? veniamo da una antichissima cultura, non dal caos.
 

Luigi Criscuolo

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@arciera mi dispiace ma ti stai addentrando sempre più all'interno di una conghiglia di una lumaca con il guscio turrito che diventa sempre più stretto. Quello che tu sostieni è materialismo bello e buono. Ed il materialismo non fa parte della cultura: non c'é cultura quando si insultano i morti. Anche con i modi di dire.
 

arciera

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e quando si insultano i vivi? la legge sempre si rifà al "buon padre di famiglia" e sai cosa è un buon padre di famiglia? colui che si strappa il cuore per i figli, indistintamente.
A questo mira la legge. Poi...poi dai nobili romani in poi si è fatto un compromesso con le bestie umane. Questo lo consideri materialismo?
 

Luigi Criscuolo

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e quando si insultano i vivi?
Sei mai stata all' Olimpico quando c'é il derby oppure Roma - Juventus o Roma - Inter? Se ti interessa visto che abitiamo nella stessa città ti ci accompagno per mano.

la legge sempre si rifà al "buon padre di famiglia" e sai cosa è un buon padre di famiglia? colui che si strappa il cuore per i figli, indistintamente.
Non mi risulta che la legge imponga ai genitori questo comportamento. Questa caso mai è la concezione di coloro che pensano dei genitori: " mi avete generato? adesso mi devete mantenere e consentire una vita il più agiata possibile."

poi dai nobili romani in poi si è fatto un compromesso con le bestie umane.
Ai tempi dei nobili romani il concetto di "buon padre di famiglia" come lo intendi tu (indistintamente per i figli) non esisteva. Il capitale andava al primogenito maschio, ai maschi successivi una rendita o una carriera ecclesiastica e alla femmine o andavano in sposa per fare un matrimonio di interesse oppure anche per loro si apriva una bella carriera da badessa in qualche convento dove poter sfogare le proprie frustazioni con il "funesto Egidio".
 

arciera

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stai confondendo epoche diverse. nell'epoca romana l'aristocrazia era talmente libera, femmine e maschi, che ad esempio l'imperatore Augusto alla figlia Giulia che si voleva solo divertire sessualmente e non fare figli, riservò l'isole pontine. Poi certo c'erano molte famiglie dove vi era moralità. Prova a togliere i beni in successione alle femmine romane dell'impero e vedevi che fine facevi. Con il feudalesimo le povere famiglie della piccola nobiltà non potevano dividere la proprietà, non era permesso dall'impero, ma le grosse famiglie avevano ogni bene. e i Papi e gli Imperatori se ne andavano a Canossa. Non credere a quel che hai studiato: lo facevano fare al popolino il primogenito, loro si son sempre divertiti. Femmine e Maschi. Con amanti e tutti gli armamenti.
 

Luigi Criscuolo

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nell'epoca romana l'aristocrazia era talmente libera, femmine e maschi, che ad esempio l'imperatore Augusto alla figlia Giulia che si voleva solo divertire sessualmente e non fare figli, riservò l'isole pontine.

Se la Giulia di cui scrivi è la stessa persona figlia di Augusto, nata quando costui si chiamava ancora Ottaviano, non mi sembra che quello che tu hai scritto sia vero.
Il matrimonio tra Ottaviano e la madre di Giulia, Scribonia, era già al traguardo finale del divorzio ufficiale quando la bambina nacque. Secondo la legge romana dell’epoca, che assomiglia alla legge islamica odierna, Ottaviano ne ottenne la patria potestà togliendola alla madre (come erano progrediti vero?).
Giulia, un po’ come le giovani capre, all’età di 2 anni era stata promessa in sposa al figlio di Marco Antonio, Marco Antonio Antillo, che all’epoca aveva 10 anni, per cementare la pace tra i due genitori al termine della prima guerra civile (che libertà questa aristocrazia romana).
Il matrimonio non si fece perché Ottaviano, riscoppiata la guerra civile, sconfisse Marco Antonio.
Un secondo tentato matrimonio organizzato dal padre, ma non andato a buon fine, fu quello con il re dei Geti, Cotisone, al quale Ottaviano, diventato nel frattempo Augusto, aveva chiesto di poter sposare la di lui figlia (insomma io sposo tua figlia e tu sposerai la mia).
Finalmente all’età di 14 anni Giulia si sposò con Marco Claudio Marcello, suo cugino, ma, dopo 2 anni di matrimonio, rimase vedova e senza figli.
All’età di 18 anni la vedova Giulia sposò Agrippa, amico e collaboratore di Augusto, più vecchio di lei di 25 anni. Tuttavia a giudicare dai 5 figli nati dall’ unione il matrimonio ha funzionato (alla faccia di non volere figli). L’ultimo figlio dei due, Agrippa Postumo, si chiamò così perché nato dopo la morte del padre.
Ottaviano adottò e dichiarò suoi eredi solo il primo (Gaio Vipsanio Agrippa ) ed il terzo (Lucio Vipsanio Agrippa) dei nipoti trascurando le due femmine e l’ultimo maschio nato postumo.
Per volere del padre, Giulia si sposò una terza volta con Tiberio, futuro imperatore, suo fratellastro, in quanto costui era figlio di primo letto di Liva Drusilla, terza moglie di Augusto (quella che aveva scalzato la madre di Giulia). Tiberio per sposare Giulia dovette divorziare da una donna che amava moltissimo Vipsania Agrippina, figlia di Agrippa, secondo marito di Giulia. Il matrimonio durò solo 4 o 5 anni tuttavia dall’ unione nacque un figlio (è la sesta gravidanza portate a termine) che però morì in tenera età.
Nonostante il suo stato di madre di due eredi e moglie di un pretendente imperatore Giulia venne arrestata per adulterio e tradimento (come succede ancora oggi nei paesi islamici ma a quei tempi i Romani era progrediti).
Augusto per non condannarla a morte la mandò in esilio a Ventotene per circa cinque anni: a quell’epoca la vita nell’isola era disagiata; inoltre era impedita l’accesso agli uomini (chissà come la ormai matura Giulia si divertiva sessualmente) ed i visitatori maschi, oltre ad avvisare Augusto, dovevano essere schedati : altezza, colore della carnagione, segni particolari ecc.. ecc… .
Passati i cinque anni Giulia ritornò sulla terra ferma ma a Reggio Calabria; mentre Augusto decretava che le ceneri della figlia non avrebbero dovuto essere inumate nel mausoleo di famiglia.
Quando ex marito Tiberio divenne imperatore tolse a Giulia le sue rendite e confinò l’ex moglie in una stanza dove non poteva vedere nessuno e in quella stanza morì in poco tempo.
Ma che bell’ esempio hai citato di aristocrazia romana.
 

arciera

Membro Senior
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ti fa capire che le femmine altolocate hanno avuto sempre un grandissimo potere. Come i maschi erano destinati, persino gli imperatori, a sposare la ragion di stato, anche le femmine, col permesso degli amanti, facevano lo stesso.
 

Luigi Criscuolo

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ti fa capire che le femmine altolocate hanno avuto sempre un grandissimo potere.
va bene il tuo femminismo esagerato ma di potere Giulia mi sembra che ne abbia avuto ben poco: si è sposata 3 volte con uomini imposti dal padre; quando ha voluto fare la libertina è scampata alla condanna a morte perché il padre l'ha mandata in esilio in un'isola dove non potevano esserci uomini. Inoltre, sempre il padre, ha messo per iscritto che, una volta morta, non doveva essere sepolta assieme a lui. E, "dulcis in fundo", l'ex marito gli ha confiscato tutte le entrate e l' ha messa in una sorta di "domiciliari" dove non poteva vedere nessuno fino alla morte. Io tutto questo grandissimo potere non lo vedo; forse è meglio che parli di Maria Luigia d'Austria.
 

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