Con tutto il rispetto, non entro nel merito della procedura, ma nel merito della valutazione.
Sono interessato alla questione, per via di un caso similare.
Il costruttore del condominio dove avevo acquistato la mia prima casa, si era riservato a fine vendite 8 su 18 degli alloggi della palazzina.
Dopo circa 25 anni, questo impresario fallisce: e le banche creditrici godevano di una ipoteca primaria.
L'amministratore ha tentato di insinuarsi nel fallimento, ma non ci sono state possibilità: alla fine delle vendite giudiziarie, il Condominio è rimasto con un debito consistente, che ha dovuto ripianare.
Ogni azione legale, o richiesta di decreto ingiuntivo, avrebbero ulteriormente gravato sul Condominio, senza alcuna speranza di ricavare qualcosa: quindi la valutazione dell'assemblea è stata quella di rimanere ai primi danni.
Buonasera, quello di cui parla lei è un caso ben diverso, dove si parla di fallimento (oggi liquidazione giudiziale) e non di una mera procedura esecutiva immobiliare concernente un immobile presente nel Condominio.
Peraltro, da quanto ci riferisce, l'amministratore si era correttamente attivato con una domanda di insinuazione al passivo fallimentare.
In tal caso, evidentemente, non era stato possibile intervenire direttamente in una procedura esecutiva (se presente) e, dopo il fallimento, la legge esclude la possibilità di avviare procedure esecutive da parte dei singoli creditori. Viene gestito tutto dal Curatore fallimentare (non scendo nei dettagli perché l'argomento è complesso e non lo si può trattare in un post sul forum).
Sicuramente al termine della procedura fallimentare il legale a suo tempo incaricato dall'amministratore avrà presentato una relazione all'assemblea condominiale ed in base a quella sarà stato deciso che non vi era convenienza nel procedere con ulteriori iniziative di recupero.
Si tratta di un caso molto peculiare quindi credo non abbia molto senso assimilarlo a quello del postante.
Quando si tratta di debitori persone fisiche il consiglio generale che rimane valido è:
1) verificare se vi è la possibilità di sanare la posizione debitoria con un piano di rientro;
2) in mancanza di quanto sopra, verificare che l'amministratore si attivi tempestivamente tramite un legale per ottenere un decreto ingiuntivo;
3) a seconda dell'importo del credito e di tutti gli altri elementi rilevanti nel caso concreto, adoperare il titolo esecutivo per iscrivere ipoteca giudiziale, avviare una procedura esecutiva o intervenire in quella eventualmente già pendente.
L'amministratore è di norma tenuto a seguire questo iter o comunque ad attivarsi in via giudiziale per il recupero dei crediti. Non si tratta di opinioni...
Vedi
art. 1129, comma 9, codice civile: "
Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del presente codice."