vittorievic

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Proprietario Casa
Secondo me il problema è meno complesso di quanto possa apparire.
Cantine e soffitte dovevano essere riportate nel documento d'acquisto come pertinenze delle unità immobiliari. La proprietà si dimostra con i documenti notarili giacenti presso la AdT e non nelle planimetrie catastali. Il catasto non è probante la titolarità del diritto di proprietà.
Quindi se il sottotetto non è stato suddiviso neanche sulla carta e le porzioni pertinenziali non descritte nei rogiti delle unità immobiliari assegnatarie il sottotetto rimane condominiale.
A questo punto chi ha occupato materialmente gli spazi verbalmente assegnatigli, se sono passati più di venti anni, potrebbe percorrere la strada dell'usucapione nei confronti del condominio, anche se secondo me il risultato è alquanto incerto.
Una strada più economica è senz'altro quella dell'accordo tra condomini, per cui venga ufficializzato con 1000(1000 questa situazione: assegnare un pezzo di sottotetto da usare come soffitta a chi ha lo ha avuto solo verbalmente, a compensazione del fatto di non disporre di una cantina. La parte eccedente la parte assegnata in proprietà rimarrebbe condominiale. Ufficializzare, sempre con 1000/1000, se ce ne fosse bisogno, la proprietà delle cantine.
Ci vuole un geometra ed un notaio.
 

basty

Membro Storico
Proprietario Casa
Secondo me il problema è meno complesso di quanto possa apparire.
Concordo, ma forse non mi sono fatto intendere completamente.
Cantine e soffitte dovevano essere riportate nel documento d'acquisto come pertinenze delle unità immobiliari. La proprietà si dimostra con i documenti notarili giacenti presso la AdT e non nelle planimetrie catastali. Il catasto non è probante la titolarità del diritto di proprietà.
E fin qui nessuno ha contestato la lapalissiana precisazione.

Sul piano pratico non esiste alcun problema: e comunque sono presenti le soluzioni.

La mia domanda era prevalentemente giuridica e procedurale.
Quindi se il sottotetto non è stato suddiviso neanche sulla carta e le porzioni pertinenziali non descritte nei rogiti delle unità immobiliari assegnatarie il sottotetto rimane condominiale.
Qui tu sei categorico: e può darsi tu abbia ragione. Ho trovato sentenze che concordano con tale assunto: ma non tutte concordi. Oggi l'art. 1117 include, in determinate condizioni, il sottotetto tra le parti comuni, ma se appare evidente la intenzione e destinazione ad usi esclusivi, la appartenenza al condominio delle quote libere non sembra scontata.
A questo punto chi ha occupato materialmente gli spazi verbalmente assegnatigli, se sono passati più di venti anni, potrebbe percorrere la strada dell'usucapione nei confronti del condominio, anche se secondo me il risultato è alquanto incerto.
Qui invece usi il condizionale: e non sono certo di condividere il motivo dell'incertezza: e qui entra in gioco la procedura e la definizione di usucapione.

Sul piano pratico l'interessato che aveva occupato senza titolo una soffitta, e che era stato invitato a liberare la soffitta, ha brillantemente risolto la questione promuovendo presso il tribunale ricorso ex art 1168 CC e 703 CPC Azione per reintegrazione del Possesso , dando ampia documentazione del possesso continuato, pacifico e ultra sessantennale.
Più articolata, anche per mia incompetenza giuridica, la questione dell'usucapione.
E' pur vero che dal 2007 l'atteggiamento giuridico si è orientato nel considerare l'usucapione come acquisto originario:
Secondo la dottrina maggioritaria, l’usucapione è qualificato come modo di acquisto della proprietà a titolo originario per la cui realizzazione, come visto, è unicamente necessario il possesso protrattosi per la durata di vent’anni. Una volta ottenuta la proprietà del bene oggetto di usucapione, il nuovo titolare potrà disporne come meglio crede.

L’articolo 1158 del Codice civile, stabilisce che “La proprietà dei beni immobili e gli altri diritti reali di godimento sui beni medesimi si acquistano in virtu’ del possesso continuato per venti anni.

Al riguardo, va precisato che la sentenza del giudice ha una funzione dichiarativa rendendo, di fatto, incontestabile il diritto di proprietà acquisito in capo al soggetto che ha usucapito.

Il fatto che il diritto acquisito per usucapione sorga ex lege implica che, in teoria, non sia necessario l’intervento di un giudice o di un notaio per la mera constatazione dell’usucapione.

Tuttavia, questa situazione porta ad una discrepanza tra il reale titolare del diritto e quanto riportato nei registri immobiliari e in Catasto.

La sentenza n. 2485 del 5 febbraio 2007 della Corte di Cassazione ha stabilito che non è nullo il contratto di compravendita di un immobile sul quale il venditore abbia esercitato il possesso per un tempo sufficiente a far maturare l’usucapione, anche se l’acquisto della proprietà da parte sua non sia stato ancora accertato giudizialmente.

Per ovviare alla discontinuità delle trascrizioni, e quindi evitare il pericolo di evizione in caso di acquisto di un bene usucapito, diventa utile ottenere anche un accertamento giudiziale dell’usucapione avvenuta.

Poichè però , a quanto sembra, non è possibile avviare un processo di accertamento della usucapione senza individuare la controparte, il possessore che voglia anche ottenere l'accertamento giudiziale chi convoca? 1) L'Amministratore come rappresentante del Condominio?
2) Il Condominio stesso , che non ha personalità giuridica?
3) Tutti i Condomini?
4) O magari deve rintracciare il proprietario originario e/o suoi eredi ecc. ecc.?
Su questi ultimi punti, ho notato che c'è una certa incertezza da parte degli addetti ai lavori, che non vedono questo aspetto come trascurabile.

Ecco quindi spiegata la ragione del mio quesito iniziale: e in tutte le sentenze ed articoli scovati in rete da un profano come me, essi concludono che la questione vada esaminata "caso per caso": come dire che è facilissimo cascare su una buccia di banana procedurale, così come può diventare soggettivo a seconda di chi giudica, l'esito dell'iniziativa.
 

vittorievic

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Proprietario Casa
e qui entra in gioco la procedura e la definizione di usucapione
io ho scritto quello che le mie cognizioni mi suggeriscono: prima di tutto perché farsi validare la avvenuta usucapione di un bene condominiale non è una cosa molto semplice. Secondo, come nel caso da te citato, occorre che la porzione di superficie di cui si vuole avere la proprietà per usucapione deve essere delimitata con certezza e deve essere impedito l'uso a terzi. Per questo ho scritto che il risultato non è certo.
Il fatto che il diritto acquisito per usucapione sorga ex lege implica che, in teoria, non sia necessario l’intervento di un giudice o di un notaio per la mera constatazione dell’usucapione.
direi che stai confondendo il possesso con la proprietà. Chi vuole che sia trascritta la sua proprietà deve passare da un giudice, altrimenti presso la AdT l'immobile rimarrà in carico al proprietario originale. In questo caso mancherebbe il titolo di provenienza della proprietà: acquisto o usucapione.
Bisognerebbe vedere il caso esaminato dalla Cassazione per capire la sentenza che porti a suffragio della tua ipotesi. A volte il notaio, verificate le condizioni necessarie di avvenuta usucapione sostenute dalla parte venditrice, ne certifica l'avvenimento prendendo per valido la provenienza della proprietà.
non è possibile avviare un processo di accertamento della usucapione senza individuare la controparte,
come ho già avuto modo di scrivere la spoliazione della proprietà per usucapione si fa nei confronti di chi risulta proprietario alla AdT. L'immobile o parte di esso che si vuole usucapire se di proprietà di un qualcuno deve essere individuato catastalmente: Foglio Particella, dimensioni ecc..ecc... . Se il bene è condominiale, non produttore di reddito, deve essere considerato un BCNC. La causa va fatta nei confronti di tutti i condomini, ognuno per la sua parte millesimale di proprietà, questi poi saranno rappresentati dall' amministratore.
 

Nemesis

Membro Storico
Proprietario Casa
A volte il notaio, verificate le condizioni necessarie di avvenuta usucapione sostenute dalla parte venditrice, ne certifica l'avvenimento
Il notaio non "certifica" l'avvenuta usucapione. Ma, eventualmente, trascrive accordi di mediazione che accertano l'usucapione con la sottoscrizione del processo verbale. Cioè di un accordo tra le parti (che non sono il venditore e l'acquirente di un contratto di compravendita del bene usucapito).
 

basty

Membro Storico
Proprietario Casa
Per questo ho scritto che il risultato non è certo.
Tutto condivisibile ciò che hai scritto: non sto qui a dilungarmi, ma è chiaro che tutte le ipotesi che hai formulato si sono verificate e non faccio confusione tra possesso d proprietà.
Appunto sintetizzavo scrivendo che l’interessato nella sua azione di reintegro nel possesso , lo ha potuto sostenere proprio perché bene segregato, chiuso con lucchetto, identificato con targa esclusiva, posseduto da sempre ecc ecc. ed ha iniziato col rivendicare il possesso, con tutti gli elementi atti alla fine a procedere, se vuole, anche poi a rivendicare l’usucapione.

Pare però che gli avvocati siano cauti oggi nell’ identificare lo stato/titolo di queste soffitte non rivendicate. Il condominio non dispone di evidenza documentale circa la proprietà, e come il condòmino non dispone di un titolo. Entrambi quindi si limitano a rivendicare il possesso: il condòmino di una specifica soffitta, che lui ha sempre usata in esclusiva, il condominio di quelle non rivendicate.

Le mie domande erano rivolte proprio a immaginare il passo successivo, cioè l’accertamento d’usucapione. Gli avvocati di ambo le parti per ora si sono fermati in attesa di approfondimento su chi possa essere tecnicamente la controparte di questi beni, tuttora non identificati e trattati a catasto.
 
Ultima modifica:

vittorievic

Membro Senior
Proprietario Casa
Gli avvocati di ambo le parti per ora si sono fermati in attesa di approfondimento su chi possa essere tecnicamente la controparte di questi beni, tuttora non identificati e trattati a catasto.
ma non vorrei fare la pipì fuori dal vaso ma trovo strano l'atteggiamento temporeggiante dei legali.
Il sottotetto di un edificio può considerarsi pertinenza dell’appartamento sito all’ultimo piano solo quando assolva alla esclusiva funzione di isolare e proteggere l’appartamento medesimo dal caldo, dal freddo e dall’umidità, tramite la creazione di una camera d’aria e non anche quando abbia dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo. In tale ultima ipotesi, l’appartenenza del bene va determinata in base al titolo, in mancanza o nel silenzio del quale, non essendo il sottotetto compreso nel novero delle parti comuni dell’edificio essenziali per la sua esistenza o necessarie all’uso comune, la presunzione di comunione ex art. 1117, n. 1, c.c. è applicabile solo nel caso in cui il vano, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, risulti oggettivamente destinato, sia pure in via potenziale, all’uso comune oppure all’esercizio di un servizio di interesse condominiale. * Cons. Stato, 14 settembre 2005, n. 4744, Targa c. Manotovani, in Arch. loc. e cond. n. 2005, 666.
 

basty

Membro Storico
Proprietario Casa
Grazie anche per questo contributo: che se intendo bene, invece di contraddire, conferma la prudenza dei legali coinvolti.
Mi riferisco alla tua (della Cassazione) conclusione
la presunzione di comunione ex art. 1117, n. 1, c.c. è applicabile solo nel caso in cui il vano, per le sue caratteristiche strutturali e funzionali, risulti oggettivamente destinato, sia pure in via potenziale, all’uso comune oppure all’esercizio di un servizio di interesse condominiale.
E allora se non è esplicito di chi siano le parti non compravendute, ritorniamo al mio quesito iniziale.
Chi sarebbe la controparte oggi? Mi pare che la cosa sia dibattuta , con esiti differenziati: e ogni sentenza di Cassazione che ho avuto occasione di trovare sembrano sempre concludere in modo perentorio che occorre esaminare caso per caso.
(non mi ripetere che ogni caso fa storia a se: qui la cosa sembra accentuata. Forse, perché c’è stata una inversione di indirizzo negli ultimi 10-20 anni; un tempo ad es. si dava per scontato che il sottotetto era nella disponibilità dell’ultimo piano. Quando questi spazi hanno cominciato ad avere una certa fruibilità, si è cominciato a disquisire e chiedersi anche come far riemergere giuridicamente spazi che nemmeno a progetto erano citati e conseguentemente elencati a catasto)
 

vittorievic

Membro Senior
Proprietario Casa
Grazie a te che dai modo a tutti di arricchire il proprio bagaglio culturale e/o professionale.
Il Consiglio di stato ha cercato di spiegare la gestione del sottotetto. Io ho capito questo:
- quando il sottotetto non è praticabile (altezza al colmo 1,10/1,30 m), in sostanza serve solo per termoregolare gli appartamenti sottostanti è una pertinenza di quest'ultimi.
- quando il sottotetto è praticabile ma non abitabile, può essere usato come C2 o BCNC, cioè ha "dimensioni e caratteristiche strutturali tali da consentirne l’utilizzazione come vano autonomo" la appartenenza, cioè la proprietà, si desume dagli atti giacenti presso la AdT. In mancanza di atti attestanti la proprietà, siccome il sottotetto non è citato tra le parti comuni dall' art. 1117 del c.c., per considerarlo condominiale bisogna vedere se il sottotetto abbia le caratteristiche strutturali e funzionali, anche solo potenzialmente, all'uso comune oppure all'esercizio di interesse condominiale".
Dalla descrizione che tu hai fatto fin qui, mi sembra che il sottotetto in questione abbia tutte le caratteristiche per essere considerato sia un locale di deposito, quale pertinenza di un qualsiasi condomino (non solo di quelli dell'ultimo piano), con opportuni tramezzi per delimitarne le dimensioni, sia un locale unico di interesse condominiale dove accantonare materiale e prodotti per la pulizia delle scale, oppure stivare le lampadine di scorta per la illuminazione delle scale ecc.ecc... .
Il sottotetto risulta frazionato con tramezzi anche solo parzialmente? I locali ottenuti hanno delle porte per essere considerati locali autonomi e quindi usucapibili?
 

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