Forse bisognerebbe che qualcuno spieghi che la caldaia condominiale, a differenza dei singoli caloroferi che sono di proprietà individuale, è un bene la cui proprietà è suddivisa proporzionalmente ai millesimi di proprietà dei condomini serviti dall'impianto.
Quando il legislatore parla di conservazione e innovazione del servizio di riscaldamento intende implicitamente la sotituzione/rifacimento della caldaia, perché questa non è eterna: arriva un momente per il quale la caldaia deve essere sostituita con una nuova, e magari più aggiornata tecnologicamente, per continuare a fornire il servizio di riscaldamento.
Le spese di sostituzione della caldaia condominiale devono essere ripartite secondo i millesimi di proprietà e non secondo l’uso che ciascun condomino può farne (Salvo deroga contrattuale attraverso una convenzione che obblighi tutti i condomini).
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1420 del 27 gennaio 2004, precisando che tali spese, attenendo alla conservazione, cioè alla tutela dell’integrità materiale e, quindi, del valore capitale dell’impianto comune, esse interessano i condomini quali proprietari dell’impianto, a cui carico la legge (articolo 1123 primo comma Cc) pone l’obbligo di concorrere alle spese, configurando a carico di essi obligationes propter rem, che, nascendo dalla con titolarità del diritto reale sull’impianto comune, sono dovute in proporzione della quota che esprime la misura della appartenenza. In altri termini, è proprio il nesso che esiste fra il diritto di comproprietà e l’obbligo, che fa si che il quantum del contributo debba corrispondere al valore della quota.
Quando il legislatore parla di conservazione e innovazione del servizio di riscaldamento intende implicitamente la sotituzione/rifacimento della caldaia, perché questa non è eterna: arriva un momente per il quale la caldaia deve essere sostituita con una nuova, e magari più aggiornata tecnologicamente, per continuare a fornire il servizio di riscaldamento.
Le spese di sostituzione della caldaia condominiale devono essere ripartite secondo i millesimi di proprietà e non secondo l’uso che ciascun condomino può farne (Salvo deroga contrattuale attraverso una convenzione che obblighi tutti i condomini).
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 1420 del 27 gennaio 2004, precisando che tali spese, attenendo alla conservazione, cioè alla tutela dell’integrità materiale e, quindi, del valore capitale dell’impianto comune, esse interessano i condomini quali proprietari dell’impianto, a cui carico la legge (articolo 1123 primo comma Cc) pone l’obbligo di concorrere alle spese, configurando a carico di essi obligationes propter rem, che, nascendo dalla con titolarità del diritto reale sull’impianto comune, sono dovute in proporzione della quota che esprime la misura della appartenenza. In altri termini, è proprio il nesso che esiste fra il diritto di comproprietà e l’obbligo, che fa si che il quantum del contributo debba corrispondere al valore della quota.