nel caso di mia sorella il problema è più articolato: si tratta di un complesso di case di edilizia convenzionata (ex Gescal), costruite agli inizi del 1950, di 5 piani fuoriterra. Il condominio è costituito da 3 edifici con ciascuno 3 scale, senza ascensore, ci sono 2 appartamenti per piano per un totale di 90 condomini. Non c'é tromba delle scale in quanto l'anima centrale delle stesse è in c.a. .
Come ho già avuto modo di dire in un mio precedente intervento, le riunioni (pseudo assemblee) di scala hanno fatto emergere che non c'erano neanche le maggioranze previste allora vigenti dalle Legge n. 13/1989 quella dell'abbattimento delle barriere architettoniche. Pertanto i fautori della installazione dell'ascensore optarono per il fai da te: due scale partirono costruendo l'elevatore idraulico a ridosso del davanzale del pianerottolo di riposo. La soluzione non fu molto convincente perché agli utenti rimaneva sempre il dover fare una rampa di scale. Un consultore, accanito sostenitore dell'abbattimento delle barriere architettoniche, riuscì a far votare una mozione nella quale si incaricava una società di progettazione di trovare una soluzione che risolvesse il problema di far arrivare gli utenti al piano dell'appartamento. La società dopo aver fatto dei sopralluoghi partorì il progetto di un elevatore idraulico da installare sul retro del prospetto degli edifici, facendo passare gli ascensori tra lo spazio esistente tra i balconi. Il progetto è piaciuto ai fautori dell'ascensore, i quali, scala per scala, diedero incarico ad una ditta convenzionata con il condominio di eseguire l'installazione.
E qui arriva il primo nodo della discordia sollevato da una dei 18 condomini del piano rialzato. Per installare l'elevatore e consentire a tutti, anche a quelli che per il momento non erano interessati alla costruzione dell'ascensore, l'uso dell' ascensore si rese necessaria la costruzione dei piani di sbarco a livello di ogni balcone: due per piano. I piani di sbarco rappresentano dei prolungamente ulteriormente aggettanti la sporgenza dei balconi. Il rapporto aeroilluminante di una stanza è una formula che rapporta la superficie utile della parte finestrata di una stanza rispetto alla sua superficie: nel conteggio della superficie utile si tiene conto di metà della sporgenza aggettante che si trova sopra alla finestra/porta finestra. Praticamente tutti i locali si trovano per effetto di questa ulteriore sporgenza fuori dal valore stabilito dal regolamento edilizio del comune di Milano. Il bello è che gli allargamenti dei balconi non sono stati fatti a spese dei fautori degli ascensori/elevatori ma a spese dei singoli condomini.
Secondo nodo della discordia: per arrivare al livello del piano di sbarco del piano rialzato hanno dovuto costruire una rampa, demolendo alcune piante di alto fusto, e costruendo una tettoia in prossimità della porta di uscita dell'ascensore. Tutto questo "bussolotto" che si protrude dallo spazio una volta esistente tra i balconi di fatto ha ridotto da 180° a 90° la vista dai balconi del piano rialzato.
Ecco perché la condomina del piano rialzato ha vinto; e la causa al condominio intero, anzichè farla ai proprietari dell'elevatore della sua scala, è costata tra risarcimento danni, pagamento delle spese processuali, spese legali della controparte, spese legali proprie e spese CTU circa 35.000 €.
Il fatto è che il consultore, anziché fare causa al progettista che ha portato lui, ha convinto l'assemblea a fare appello.