Laura.L

Membro Attivo
Proprietario Casa
Buonasera a tutti, dopo lotte intestine si è finalmente giunti alla decisione di abbattere la barriera architettonica di 3 gradini (49 cm) che impedisce l'accesso al condominio da parte di una signora di 101 anni. Con la maggioranza legale si è deciso per la realizzazione di una rampa in metallo di circa 6 mt accostata al muro. La scelta della rampa al posto dell'elevatore è stata determinata dal fatto che non richiede manutenzione annuale, può essere facilmente utilizzata anche per carrelli spesa, passeggini, carrozzine ecc, non richiede opere murarie e, anche se all'aperto, non necessita di essere coperta e scoperta ad ogni utilizzo per via dei pini che si trovano nel giardino.
Detta rampa sarebbe collocata sul camminamento perimetrale dell'edificio, che è separato dall'accesso principale che tutti normalmente utilizzano (si congiungono solo all'ampia gradinata d'ingresso al portone). Qualsiasi altra collocazione risulta esteticamente o strutturalmente inadeguata (con necessità di ampliamento del selciato e palificazione a causa del terreno cedevole).
Detto tutto ciò, il condomino del piano rialzato (la rampa passerebbe sotto una delle 2 finestre del soggiorno chiuse da inferriate fisse) ha fatto ricorso contro la delibera dell'assemblea adducendo 1000 motivazioni tra cui la lesione del diritto di affaccio e la violazione della privacy. Sottolineo che la rampa sorgerebbe su spazio condominiale, che il corrimano resterebbe ampiamente sotto alla sua finestra e che anche ora se passa una persona alta 1,80 mt può facilmente guardarle in casa. La rampa sarebbe collocata in modo da non impedire minimamente la fruizione degli spazi da parte di altri condomini e proprio per la sua collocazione oltre ad avere impatto estetico quasi nullo, verrebbe utilizzata solo da chi ne ha realmente bisogno.
Quante possibilità può avere di vincere il ricorso?
Grazie
 

marcanto

Membro Senior
Professionista
Sono 2 interessi contrapposti e comunque validi, stabilire da quale parte possa tendere l'ago della bilancia è difficile.
Bisogna rimettersi alla decisione di chi giudicherà ........se si sarà bravi a far valere le proprie ragioni allora lago della bilancia potra cadere da quel lato .....
 

Gianco

Membro Storico
Professionista
In realtà una norma c'è ed è quella relativa alle vedute laterali che stabiliscono che ogni infisso debba distare dal confine laterale e sottostante m. 1,50, Quindi anche la rampa nel punto prossimo al perimetro della finestra dovrebbe rispettare quella misura. Eventualmente la rampa potrebbe avere un andamento tale da rispettare questo vincolo.
 

Luigi Criscuolo

Membro Storico
Proprietario Casa
secondo me dipende tutto da come la pensa il Giudice in materia. Comunque ci sono sentenze della CAssazione che sono preoccupanti.

- Cassazione civile Sentenza 13/06/2005, n. 12705
La menomazione nel godimento di una cosa materiale prevale sull'handicap fisico.

Nel caso di specie, una barriera architettonica condominiale - ad esempio la mancanza dell'ascensore che rende più difficile la vita ad un disabile - resta tale se la sua eliminazione determina impossibilità di uso di un bene comune da parte anche di un solo condomino.
La Corte di Cassazione ha confermato la decisone del Tribunale di Agrigento, che aveva ordinato ad un condominio, padre di due figli portatori di handicap, di demolire l'ascensore installato all'esterno dell'edificio per rendere meno gravoso lo spostamento dei due figli.
Ad averla vinta è stata una coppia di inquilini dello stesso stabile, che aveva sostenuto che l'ascensore aveva impedito loro di utilizzare una parte non trascurabile del terreno condominiale.
La Corte ha ribadito che pur quanto l'assemblea condominiale abbia autorizzato le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche resta fermo quanto disposto dagli artt. 1220, comma 2 e 1121 comma 3 c.c., per cui sono vietate le innovazioni che rendono talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.
Di fronte alla quale nulla può fare la legge 13/1989, che ha introdotto la normativa sulla eliminazione delle barriere architettoniche.

- Cass. 5 novembre 2013 n. 24760
Se l'ascensore "limita" la visuale dalle finestre di una proprietà privata nel condominio va rimosso.

Ritorniamo alla vicenda su cui è stata chiamata a pronunciarsi la magistratura milanese che nasce, come spesso accade, dalla necessità, espressa da alcuni condomini, di superare le barriere architettoniche presenti in uno stabile d’epoca che impedivano, a chi aveva difficoltà motorie, l’accesso ai propri appartamenti.
I condomini interessati a eliminare le barriere architettoniche presenti nelle parti comuni dell’edificio (costituite dalle scale che collegano l’atrio di ingresso con l’accesso alle singole abitazioni) proponevano pertanto all’assemblea condominiale di installare due ascensori nel cortile, presentando un progetto e illustrando gli interventi necessari per poterli realizzare. Dopo un paio di assemblee riservate alla discussione e al confronto sull’intervento proposto, preso atto della presenza di alcuni condomini contrari, decidevano di “mettere ai voti” tale innovazione. Il risultato del voto sembrava non porre alcun ostacolo a questa proposta, visto che la maggioranza dei condomini votavano a favore dell’installazione dell’ascensore.
Tutto sembrava pertanto “filare liscio”, sennonché un paio di condomini (che già durante la discussione e nella votazione finale avevano espresso il proprio dissenso) decidevano di impugnare la delibera davanti al Tribunale sostenendo che tale intervento avrebbe leso non solo i loro diritti sulle parti comuni, rendendo più difficoltoso l’utilizzo del cortile condominiale, ma soprattutto avrebbe pregiudicato i diritti sulla loro proprietà esclusiva.
Di cosa si lamentavano nello specifico i condomini dissenzienti? In primo luogo dell’eccessivo e intollerante ingombro dell’ascensore in relazione all’esiguo spazio disponibile del cortile condominiale. La base dell’ascensore infatti avrebbe ridotto eccessivamente lo spazio residuo alterandone la sua naturale funzione, ma soprattutto, essendo collocato in prossimità della porta di ingresso delle scale comuni ne avrebbe pregiudicato eccessivamente il passaggio. In secondo luogo veniva contestata la lesione del complessivo decoro architettonico dello stabile. Ma è soprattutto sul presunto pregiudizio arrecato alle singole abitazioni che i ricorrenti avevano concentrato la loro contestazione, in quanto l’ascensore sarebbe stato realizzato troppo vicino alle finestre di alcuni appartamenti, pregiudicandone sia la vista che lo spazio d’aria. Ed è proprio questo l’aspetto principale e più delicato sul quale il giudice milanese è stato chiamato a pronunciarsi.
Aspetto che si può riassumere nel seguente quesito: è legittimo sacrificare il diritto di proprietà anche di un solo condomino per soddisfare le esigenze di accessibilità anche di diversi altri condomini con problemi motori?
Il condominio chiamato in causa si era infatti difeso evidenziando come tale intervento sarebbe stato assolutamente indispensabile per l’abbattimento delle barriere architettoniche, esigenza peraltro tutelata dalla Legge 13 del 1989 che prevede infatti maggioranze agevolate per installare gli ascensori. Era poi stata anche richiamata la rilevanza costituzionale del diritto a installare un ascensore anche in un’ottica di solidarietà sociale. Si sosteneva in altre parole che il diritto dei condomini con disabilità o degli anziani avrebbe dovuto prevalere in quanto finalizzato ad assicurare un adeguato svolgimento della loro personalità e della loro vita sociale.
Il condominio aveva infine rilevato come l’installazione dell’ascensore avrebbe in ogni caso valorizzato l’intero edificio.
Le argomentazioni sostenute dal condominio nella sua difesa insomma sono quelle che quasi sempre vengono utilizzate per sostenere il diritto ad effettuare degli interventi nonostante l’imposizione di sacrifici al resto dei condomini. Esistono infatti molte sentenze dei giudici di merito che hanno spesso dato prevalenza a tali ragioni ritenendo legittimo e doveroso il sacrificio subìto da chi è più fortunato e può camminare. A ben vedere però queste decisioni riguardano casi in cui tale sacrificio era ragionevolmente tollerabile e non eccessivo.
Evidentemente nel caso di specie il progetto presentato in assemblea poneva dei sacrifici eccessivi ad alcuni singoli condomini che il giudice ha ritenuto non potessero essere legittimamente imposti.
Nella sentenza viene infatti richiamata una recente sentenza della Cassazione (24760/2013) che evidenzia come sia la stessa normativa anti-barriere (Legge 13.1989) a prevedere che siano vietate in ogni caso le innovazioni che rendono talune parti comuni inservibili all’uso e al godimento di un singolo condomino. I giudici della Cassazione hanno più volte rilevato come inoltre siano a maggior ragione nulle anche le delibere che ancorché adottate con la maggioranza prevista dalla Legge 13, pur non pregiudicando eccessivamente le parti comuni siano comunque lesive dei diritti di un altro condomino sulla sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative.
In questi casi diventa quindi centrale la valutazione del sacrificio subito dagli altri. Solo se tale sacrificio viene valutato superiore alla normale tollerabilità allora si può affermare che gli interventi siano illegittimi.
Nel caso di specie i giudici milanesi hanno ritenuto che l’eccessivo ingombro dell’ascensore nel cortile e la vicinanza ad alcune finestre avrebbe richiesto ai singoli condomini un sacrificio (sia dal punto di vista del pregiudizio estetico sia dal punto di vista del pregiudizio economico) superiore alla normale tollerabilità. Ecco quindi la ragione per la quale il Tribunale di Milano ha ritenuto invalida la decisione del Condominio inibendo di fatto l’installazione dell’ascensore.
Questa decisione dimostra come l’installazione di un ascensore così come la realizzazione di qualsiasi altro intervento finalizzato al superamento delle barriere architettoniche non possa essere affrontata solo in un’ottica di solidarietà sociale ma debba tenere conto di molti altri aspetti.
 

Laura.L

Membro Attivo
Proprietario Casa
Grazie a tutti per le risposte.
Gianco: il geometra non ha menzionato il confine sottostante alla finestra...forse il fatto che la finestra sia al piano rialzato considera già che il piano rampa sia alla distanza di legge.
Criuscolo: concordo sull'impatto della costruzione di un ascensore in un piccolo cortile ma nel nostro caso si tratta di una lieve inclinazione di un piano pedonale che non ne pregiudica il normale utilizzo e non intralcia l'accesso principale.
Come potete vedere dalla foto allegata non viene impedito nulla. Il proprietario della bocca di lupo è a favore perché la rampa (di metallo) avrà installate delle botole che consentiranno l'accesso per la pulizia. La scalinata ha un'ampiezza di circa 5 mt e l'elevazione nel pianerottolo è di 49 cm.
Speriamo di trovare un giudice ragionevole 😕.
 

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Gianco

Membro Storico
Professionista
La rampa dovrebbe passare al di sotto della tua finestra, quella prossima al pianerottolo, fra m 1,05 e 1,10. Pertanto non rispetterebbe la misura minima di m 1,50.
 

Laura.L

Membro Attivo
Proprietario Casa
Non conosco le misure effettive, quindi potrebbe essere effettivamente come dici. Spero che questo cavillo non sia sufficiente ad impedire l'opera e che nella bilancia degli interessi contrapposti abbia un peso inferiore rispetto a quello dell'accesso del disabile (nel condominio su 9 appartamenti 6 sono abitati da persone anziane, a breve più d'uno gioverà della rampa)
 

basty

Membro Storico
Proprietario Casa
La rampa dovrebbe passare al di sotto della tua finestra, quella prossima al pianerottolo, fra m 1,05 e 1,10. Pertanto non rispetterebbe la misura minima di m 1,50.
A me risulta che una scala esterna non costituisce veduta sul fondo adiacente.
Non è che tale principio (a parti quasi invertite) non possa essere fatto valere anche per la rampa? Rampa o scala sono adibiti solo a passaggio: non nascono per stazionare e affacciarsi.
 

Gianco

Membro Storico
Professionista
Io non so se questo sia il caso, ma se tu hai una finestra al piano superiore, non ti si può fare una tettoia a distanza inferiore a m 1,50 dalla finestra.
 

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