secondo me dipende tutto da come la pensa il Giudice in materia. Comunque ci sono sentenze della CAssazione che sono preoccupanti.
- Cassazione civile Sentenza 13/06/2005, n. 12705
La menomazione nel godimento di una cosa materiale prevale sull'handicap fisico.
Nel caso di specie, una barriera architettonica condominiale - ad esempio la mancanza dell'ascensore che rende più difficile la vita ad un disabile - resta tale se la sua eliminazione determina impossibilità di uso di un bene comune da parte anche di un solo condomino.
La Corte di Cassazione ha confermato la decisone del Tribunale di Agrigento, che aveva ordinato ad un condominio, padre di due figli portatori di handicap, di demolire l'ascensore installato all'esterno dell'edificio per rendere meno gravoso lo spostamento dei due figli.
Ad averla vinta è stata una coppia di inquilini dello stesso stabile, che aveva sostenuto che l'ascensore aveva impedito loro di utilizzare una parte non trascurabile del terreno condominiale.
La Corte ha ribadito che pur quanto l'assemblea condominiale abbia autorizzato le innovazioni da attuare negli edifici privati dirette ad eliminare le barriere architettoniche resta fermo quanto disposto dagli artt. 1220, comma 2 e 1121 comma 3 c.c., per cui sono vietate le innovazioni che rendono talune parti comuni dell'edificio inservibili all'uso o al godimento anche di un solo condomino.
Di fronte alla quale nulla può fare la legge 13/1989, che ha introdotto la normativa sulla eliminazione delle barriere architettoniche.
- Cass. 5 novembre 2013 n. 24760
Se l'ascensore "limita" la visuale dalle finestre di una proprietà privata nel condominio va rimosso.
Ritorniamo alla vicenda su cui è stata chiamata a pronunciarsi la magistratura milanese che nasce, come spesso accade, dalla necessità, espressa da alcuni condomini, di superare le barriere architettoniche presenti in uno stabile d’epoca che impedivano, a chi aveva difficoltà motorie, l’accesso ai propri appartamenti.
I condomini interessati a eliminare le barriere architettoniche presenti nelle parti comuni dell’edificio (costituite dalle scale che collegano l’atrio di ingresso con l’accesso alle singole abitazioni) proponevano pertanto all’assemblea condominiale di installare due ascensori nel cortile, presentando un progetto e illustrando gli interventi necessari per poterli realizzare. Dopo un paio di assemblee riservate alla discussione e al confronto sull’intervento proposto, preso atto della presenza di alcuni condomini contrari, decidevano di “mettere ai voti” tale innovazione. Il risultato del voto sembrava non porre alcun ostacolo a questa proposta, visto che la maggioranza dei condomini votavano a favore dell’installazione dell’ascensore.
Tutto sembrava pertanto “filare liscio”, sennonché un paio di condomini (che già durante la discussione e nella votazione finale avevano espresso il proprio dissenso) decidevano di impugnare la delibera davanti al Tribunale sostenendo che tale intervento avrebbe leso non solo i loro diritti sulle parti comuni, rendendo più difficoltoso l’utilizzo del cortile condominiale, ma soprattutto avrebbe pregiudicato i diritti sulla loro proprietà esclusiva.
Di cosa si lamentavano nello specifico i condomini dissenzienti? In primo luogo dell’eccessivo e intollerante ingombro dell’ascensore in relazione all’esiguo spazio disponibile del cortile condominiale. La base dell’ascensore infatti avrebbe ridotto eccessivamente lo spazio residuo alterandone la sua naturale funzione, ma soprattutto, essendo collocato in prossimità della porta di ingresso delle scale comuni ne avrebbe pregiudicato eccessivamente il passaggio. In secondo luogo veniva contestata la lesione del complessivo decoro architettonico dello stabile. Ma è soprattutto sul presunto pregiudizio arrecato alle singole abitazioni che i ricorrenti avevano concentrato la loro contestazione, in quanto l’ascensore sarebbe stato realizzato troppo vicino alle finestre di alcuni appartamenti, pregiudicandone sia la vista che lo spazio d’aria. Ed è proprio questo l’aspetto principale e più delicato sul quale il giudice milanese è stato chiamato a pronunciarsi.
Aspetto che si può riassumere nel seguente quesito: è legittimo sacrificare il diritto di proprietà anche di un solo condomino per soddisfare le esigenze di accessibilità anche di diversi altri condomini con problemi motori?
Il condominio chiamato in causa si era infatti difeso evidenziando come tale intervento sarebbe stato assolutamente indispensabile per l’abbattimento delle barriere architettoniche, esigenza peraltro tutelata dalla Legge 13 del 1989 che prevede infatti maggioranze agevolate per installare gli ascensori. Era poi stata anche richiamata la rilevanza costituzionale del diritto a installare un ascensore anche in un’ottica di solidarietà sociale. Si sosteneva in altre parole che il diritto dei condomini con disabilità o degli anziani avrebbe dovuto prevalere in quanto finalizzato ad assicurare un adeguato svolgimento della loro personalità e della loro vita sociale.
Il condominio aveva infine rilevato come l’installazione dell’ascensore avrebbe in ogni caso valorizzato l’intero edificio.
Le argomentazioni sostenute dal condominio nella sua difesa insomma sono quelle che quasi sempre vengono utilizzate per sostenere il diritto ad effettuare degli interventi nonostante l’imposizione di sacrifici al resto dei condomini. Esistono infatti molte sentenze dei giudici di merito che hanno spesso dato prevalenza a tali ragioni ritenendo legittimo e doveroso il sacrificio subìto da chi è più fortunato e può camminare. A ben vedere però queste decisioni riguardano casi in cui tale sacrificio era ragionevolmente tollerabile e non eccessivo.
Evidentemente nel caso di specie il progetto presentato in assemblea poneva dei sacrifici eccessivi ad alcuni singoli condomini che il giudice ha ritenuto non potessero essere legittimamente imposti.
Nella sentenza viene infatti richiamata una recente sentenza della Cassazione (24760/2013) che evidenzia come sia la stessa normativa anti-barriere (Legge 13.1989) a prevedere che siano vietate in ogni caso le innovazioni che rendono talune parti comuni inservibili all’uso e al godimento di un singolo condomino. I giudici della Cassazione hanno più volte rilevato come inoltre siano a maggior ragione nulle anche le delibere che ancorché adottate con la maggioranza prevista dalla Legge 13, pur non pregiudicando eccessivamente le parti comuni siano comunque lesive dei diritti di un altro condomino sulla sua proprietà esclusiva, indipendentemente da qualsiasi considerazione di eventuali utilità compensative.
In questi casi diventa quindi centrale la valutazione del sacrificio subito dagli altri. Solo se tale sacrificio viene valutato superiore alla normale tollerabilità allora si può affermare che gli interventi siano illegittimi.
Nel caso di specie i giudici milanesi hanno ritenuto che l’eccessivo ingombro dell’ascensore nel cortile e la vicinanza ad alcune finestre avrebbe richiesto ai singoli condomini un sacrificio (sia dal punto di vista del pregiudizio estetico sia dal punto di vista del pregiudizio economico) superiore alla normale tollerabilità. Ecco quindi la ragione per la quale il Tribunale di Milano ha ritenuto invalida la decisione del Condominio inibendo di fatto l’installazione dell’ascensore.
Questa decisione dimostra come l’installazione di un ascensore così come la realizzazione di qualsiasi altro intervento finalizzato al superamento delle barriere architettoniche non possa essere affrontata solo in un’ottica di solidarietà sociale ma debba tenere conto di molti altri aspetti.