Allora, per quanto riguarda il lavoro ritengo non si configuri come innovazione, ma come semplice intervento volto al maggior godimento della cosa comune (viene praticamente azzerata la distanza tra ascensore e cantine) e a un suo incremento di valore (la creazione del nuovo vano di proprietà comune).
A occhio e croce non dovrebbe trattatarsi neanche di un intervento particolarmente oneroso, dato che suppongo si tratti di buttare giù e ricostruire meno di una decina di metri quadri di tramezzo grezzo... probabilmente il tecnico che provvederà a tutte le variazioni catastali costerà più dei lavori stessi.
Stanti queste premesse, i quorum deliberativi necessari per l'esecuzione dei lavori dovrebbero essere, a mio avviso, quelle del secondo comma dell'art. 1136 CC (la maggioranza dei presenti che rappresentino almeno la maggioranza del valore dell'edificio) per la prima prima convocazione e quelle minime (1/3 partecipanti al condominio per 1/3 dei millesimi) in seconda convocazione.
Attenzione però:
Questa interpretazione presta il fianco a diverse contestazioni.
La prima è quella dei costi. Ciò che non è oneroso per uno, potrebbe esserlo per l'altro; quindi, per convenzione, si tende a considerare OGNI tipo di ristrutturazione come onerosa. Questo elimina di fatto la possibilità di votare i lavori con "1/3 & 1/3".
La seconda è quella che si tratti di una innovazione, e in quanto tale richiederebbe il voto favorevole della maggioranza dei partecipanti al condominio che rappresentino almeno i 2/3 del valore dell'edificio. Non è così, ma il codice legifera sulle innovazioni senza definirle e in genere i condomini tendono a considerare innovazione tutto quello che va oltre il cambiare una lampadina...
QUINDI:
A mio avviso per stare tranquilli dovete deliberare i lavori con la maggioranza dei presenti che rappresentino almeno la maggioranza del valore dell'edificio (art. 1136 CC, c. II).
Scusa se non fornisco certezze, ma la categorizzazione dei lavori è uno dei temi più delicati nei condomini.