C’era un tempo in cui l’umanità si poneva domande intelligenti. L’incontinenza delle nubi, la folgore che squarcia il cielo, il fuoco, il mistero dell’attrazione erotica… Chi o cosa le provocava? E perché?
Una schiera di divinità greche liberò l’uomo dal peso di questi dubbi e gli regalò concetti come areté e hybris. La condotta spesso abbietta degli abitanti dell’Olimpo azzerava il senso di colpa e il pentimento nei mortali, che conducevano un’esistenza all’insegna della fertilità e dell’ebbrezza. Questo accadeva 2.000 anni fa in Grecia. 2.000 anni dopo qualcosa spazzò via la fertilità e l’ebbrezza dalla Grecia, ma questa è un’altra storia.
Da qualche parte al di là del Mediterraneo, si decise di levare di mezzo tutti quegli dèi. Erano troppi, e tutti viziosi. Ne bastava uno.Virtuoso, trino e senza nome. Il suo messaggio era una vita di perenne senso di colpa e di pentimento. Esattamente quello che l’umanità non aveva mai conosciuto.
Il dio senza nome non faceva che mettere alla prova i suoi fedeli, con gite organizzate nel deserto in cerca della Terra Promessa, sacrifici umani… e attese, attese infinite di un Messia che guidasse il proprio popolo verso la Salvezza Eterna. Finì che gli adepti si spaccarono in due. Una parte continuò a credere nel dio senza nome e senza figli; l’altra decise di eleggere Messia un falegname. La contentezza di aver finalmente trovato la prova vivente della divinità fu tale che gli adepti decisero di ammazzare il Messia appendendolo ad una croce, poiché era l’unico modo – pare – per conquistare la Salvezza Eterna.
Insomma, prima bastavano i miti per dare un senso all’esistenza e vivere felici: Zeus squarciava il cielo con le folgori, Prometeo portava il fuoco in souvenir agli uomini, Eros donava l’amore sputando dardi infuocati. Ora no. Ora il compito è più arduo. Ora bisogna cercare (e guadagnarsi) la Salvezza. Con attese, percorsi tortuosi e ostacoli degni di un videogame. E vale per tutti, non solo per chi ha fede.
Nell’Italia del 2.013 dopo Cristo, l’umanità si ritrova ancora una volta messa alla prova da una divinità. Una divinità multiforme e depravata come quelle olimpiche, vendicativa e poco indulgente come quella del Vecchio Testamento. Non più anonima, ma con un appellativo preciso, altisonante: burocrazia. Burocrazia. L’oracolo delle triplici copie, il vaso di Pandora dei campi obbligatori da compilare, il Pantheon dei funzionari negligenti.