Trib. civ.Busto Arsizio, sez. dist. Gallarate, 24 dicembre 2010
Comunione dei diritti reali - Condominio negli edifici - Contributi e spese condominiali - Morosità -Art. 63, comma 3, att. c.c. -Sospensione del condòmino moroso dai servizi comuni suscettibili di utilizzazione separata - Potere dell’amministratore in via di autotutela - Ostacoli frapposti dal condòmino moroso all’esercizio di tale potere da parte dell’amministratore -Esperibilità di ricorso ex art. 700 c.p.c. - Ammissibilità -Sussistenza - Fattispecie in tema di riscaldamento centralizzato.
Pur a fronte del disposto normativo dell’art. 63, comma terzo, disp. att. c.c. (che – in via di autotutela e senza ricorrere previamente al Giudice – attribuisce all’amministratore condominiale, ove il regolamento lo consenta, il potere di sospendere al condòmino moroso l’utilizzazione dei servizi comuni suscettibili di godimento separato), deve ritenersi fornito di interesse ad agire il ricorso ex art. 700 c.p.c. promosso dal condominio per rimuovere ostacoli frapposti all’esercizio del suddetto potere di autotutela. (Nella specie, sul presupposto che per attuare la sospensione del servizio di riscaldamento centralizzato era indispensabile intervenire all’interno dell’abitazione dei condòmini morosi, i quali – benché preventivamente avvisati – si erano opposti all’accesso dei tecnici incaricati della chiusura degli elementi radianti, il condominio ricorrente ha quindi domandato al Giudice di ordinare ai condòmini morosi di consentire la sospensione del servizio e di non ostacolare tale potere, determinandone anche le modalità applicative).
Tribunale civile Busto Arsizio sez. dist. Gallarate, 24 dicembre 2010, n. ( ). Est. Di Lorenzo – Ric. Supercondominio e Condominio Alpha A/B in Gallatate – c. C. ed altri
1. Il supercondominio e il condominio Alpha A/B hanno proposto ricorso ex art. 700 c.p.c. chiedendo al Tribunale, in ragione del disposto dell’art 17 bis del regolamento condominiale e dell’art. 63 c. III disp att. c.c., di autorizzare la sospensione della fornitura del servizio di riscaldamento all’appartamento di cui i condomini resistenti sono comproprietari, o comunque di ordinare ai resistenti di tollerare e non ostacolare la sospensione del servizio di riscaldamento da parte di parte ricorrente, mediante le opportune operazioni sugli impianti comuni da eseguirsi all’interno della proprietà esclusiva dei condomini.
A fondamento del ricorso, parte ricorrente ha dedotto, quanto al fumus boni iuris, che: – l’appartamento dei resistenti è servito dal riscaldamento centralizzato; i condomini convenuti risultano gravemente morosi nel pagamento delle spese condominiali almeno dal 2006 fino a raggiungere il debito di € 24.955,90 verso il condominio, con conseguente aggravio delle spese a carico degli altri condomini; al fine di ovviare alla predetta situazione, l’assemblea condominiale in data 20 dicembre 2010 ha integrato il regolamento condominiale introducendo l’art. 17 bis, che abilita l’amministratore del condominio a sospendere l’erogazione dei servizi comuni suscettibili di uso separato in presenza delle condizioni di cui all’art. 63 c. III disp att c.c.; per la sospensione del servizio è indispensabile intervenire all’interno dell’abitazione dei resistenti; i resistenti con raccomandata del 8.11.2010 sono stati avvisati che tecnici incaricati si sarebbero presentati in casa loro per eseguire materialmente la sospensione del servizio, ma in occasione dell’intervento programmato in data 12.11.2010 i resistenti hanno inibito l’accesso nel proprio appartamento.
In ordine al periculum in mora, parte ricorrente ha paventato il pericolo che: la persistente morosità possa determinare l’insolvenza delcondominio nel suo complesso con conseguente interruzione dei servizi comuni da parte dei Gestori e ripercussione sul diritto dei condomini virtuosi all’uso di servizi essenziali nella vita quotidiana; la pendenza di una procedura esecutiva sull’immobile di parte resistente, nella quale è intervenuta, oltre a parte ricorrente, anche Beta S.p.A. quale creditore privilegiato per un credito di € 159.053,80 a fronte di una perizia di stima dell’immobile valutato € 125.099,02, con conseguente aggravio del rischio di mancato soddisfacimento del credito del condominio.
I resistenti indicati in epigrafe, pur ritualmente citati, sono rimasti contumaci, e all’udienza del 24 dicembre 2010 il Giudice si è riservato in ordine alla decisione sul ricorso.
2. Preliminarmente, è opportuno tracciare un inquadramento generale dello strumento di tutela di cui all’art. 63 c. III disp. att. c.c. nei limiti strettamente necessari al fine di individuare la soluzione del caso concreto.
L’art. 63 c. III disp. att. c.c. attribuisce all’amministratore di condominio, ove il regolamento lo consenta, il potere di sospendere al condomino moroso l’utilizzazione dei servizi comuni che siano suscettibili di godimento separato, in caso di morosità nel pagamento delle spese protratta per almeno un semestre.
In linea generale, va rilevato che la norma riveste carattere eccezionale, essendo tassative le ipotesi di autotutela previste dall’ordinamento: essa autorizza infatti una fattispecie di ragion fattasi, che si realizza nel sospendere un servizio senza adire previamente il Giudice.
Con riferimento all’ambito operativo, la dottrina ha chiarito che non sono qualificabili come servizi suscettibili di godimento separato, ad esempio, l’illuminazione e la pulizia delle scale.
Viceversa, è passibile di godimento separato il servizio del riscaldamento (Trib. Busto Arsizio – sez. dist. Gallarate -, 17 novembre 2010, inedita; Trib. Milano, 19 ottobre 1998, in Arch. Locazioni, 1999, 448; Trib. Busto Arsizio, 4 marzo 1988, inedita), potendo l’amministratore chiudere gli erogatori dell’acqua calda che collegano gli elementi radianti siti all’interno dell’unità immobiliare del condomino moroso all’impianto centralizzato, e quindi anche intervenendo all’interno della proprietà esclusiva del condomino moroso (Trib. Milano, 19 ottobre 1998, cit.).
Analogamente, è suscettibile di godimento separato il servizio dell’uso dell’ascensore, ma in tal caso più problematico in concreto è l’esercizio del potere previsto dalla norma in esame. In letteratura si è affermato che l’amministratore potrebbe diffidare il condomino moroso di non fare uso dell’impianto o di consegnarne la chiave, fermo che, qualora il condomino non osservi la diffida, l’amministratore non potrebbe fare altro che adire il Giudice.
Anche il servizio dell’erogazione dell’acqua è qualificabile come fruibile separatamente dal condomino (Pret. Genova, 3 dicembre 1993, in Giur. merito, 1995, 528).
Come anticipato, altro requisito prescritto dall’art. 63 c. III disp. att. c.c. è che il regolamento condominiale autorizzi l’amministratore all’esercizio del descritto potere. Insomma, affinché venga riconosciuto tale ipotesi di autotutela, occorre che vi sia una esplicita manifestazione di volontà da parte dei privati sancita nel regolamento condominiale stesso. A differenza di altre fattispecie di ragion fattasi previste nell’ordinamento in cui la legge tout court legittima il potere, nel presente caso occorre che la volontà privata integri il precetto legale quale elemento costitutivo della fattispecie. E’ stata una precisa scelta del legislatore insomma quella di consentire la compromissione di diritti individuali di uso della cosa comune e della singola proprietà solo a condizione di una volontà espressa in via generale e astratta nel regolamento.
Alla luce di ciò, parte della dottrina ha sostenuto che non tutte le tipologie di regolamento condominiale possono prevedere tale potere dell’amministratore ai sensi dell’art. 63 c. III disp. att. c.c. In particolare, occorrerebbe distinguere due diverse tipologie di regolamento condominiale: da un lato quello approvato dalla maggioranza dai condomini; dall’altro lato invece quello c.d. contrattuale, cioè predisposto dal costruttore ed inserito nei successivi contratti di compravendita delle singole unità abitative, o comunque deliberato ed approvato dall’unanimità dei condomini. Secondo la riferita opinione, solamente quest’ultima tipologia di regolamento, in quanto espressione della volontà di tutti i condomini potrebbe legittimamente prevedere il potere dell’amministrazione di limitare il godimento del condomino sulle cose comuni o anche sulla sua proprietà.
In realtà, è preferibile l’opposta tesi secondo cui, non indicando l’art. 63 disp. att. c. III c.c. una tipologia di regolamento piuttosto che un’altra, non potrebbe l’interprete restringere la portata precettiva della disposizione; tra l’altro, la criticata impostazione finirebbe per vanificare in caso di regolamento approvato a maggioranza la vera ratio della norma, consistente nel rafforzamento della tutela del condominio nei confronti del condomino moroso per potere far fronte alle spese comuni, e a cui si ispira anche il primo comma del citato articolo (sulla ratio legis della norma di cui al primo comma dell’articolo in esame, C. Cost., 18 marzo 1992, n. 111, in Arch. locazioni, 1992, 264; C. Cost., 19 gennaio 1988, n. 40, in Giur. cost., 1988, I, 106).
3. Sulla base di queste premesse è possibile valutare l’ammissibilità e la fondatezza del presente ricorso proposto ai sensi dell’art. 700 c.p.c.
Caratteristiche peculiari del procedimento ex art. 700 c.p.c. sono (oltre alla strumentalità, propria di tutti i procedimenti cautelari) la sussidiarietà e l’atipicità: tanto emerge, infatti, dal contesto della citata norma, sia dalla premessa per cui tale possibilità sussiste solo “fuori dei casi regolati dalle precedenti sezioni di questo capo”, ossia, e più genericamente, quando non risultano utilizzabili altre misure cautelari; sia dalla specificazione che i provvedimenti d’urgenza concretamente chiedibili ed ottenibili sono “quelli che appaiono, secondo le circostanze, più idonei ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione sul merito”. In sostanza, il giudice può pronunciare provvedimenti di contenuto non predeterminato dalla legge con il solo duplice limite che, da un lato, l’esigenza alla quale soccorrono non sia conseguibile con altra misura cautelare tipica o “nominata”, e che, dall’altro, il provvedimento appaia idoneo ad assicurare provvisoriamente gli effetti della decisione di merito, costituendo quest’ultima il limite per il contenuto del provvedimento d’urgenza sotto il profilo sia oggettivo che soggettivo.
4.1. Tuttavia in primo luogo, a fronte del disposto normativo in esame, che attribuisce all’amministratore il potere di sospendere il servizio in via di autotutela senza ricorrere previamente al Giudice, occorre verificare se sussiste in concreto l’interesse ad agire.
In linea generale, va affermata la carenza di interesse ad agire quando una parte adisce l’A.G. al fine di essere autorizzata all’esercizio di un’attività che la legge già riconosce come potere in via di autotutela (in tema di eccezione di inadempimento, Trib. Bari, sez. II, 3 agosto 2006, in Giur. merito, 2007, 2, 356; in tema di sospensione dell’esecuzione del contratto per mutamento della condizione economica di controparte, Pret. Roma, 23 aprile 1981, in Foro it., 1981, I, 2084; in tema di autotutela della P.A., Pret. Civitavecchia, 20 aprile 1978, in Giur. merito, 1979, 13); tuttavia sussiste l’interesse ad agire per rimuovere ostacoli frapposti all’esercizio del potere di autotutela (Pret. Roma, 26 marzo 1985, in Foro it., 1985, 2137).
Orbene, nel caso in esame sussiste l’interesse ad agire, in quanto parte ricorrente, premettendo che per la sospensione del servizio è indispensabile intervenire all’interno dell’abitazione dei resistenti, ha adito il Giudice perché i condomini si sono opposti all’esercizio del potere in autotutela impedendo l’accesso presso la propria abitazione dei tecnici incaricati della chiusura degli elementi radianti, nonostante previamente avvisati dell’accesso; al Giudice è stato quindi domandato di ordinare ai condomini di consentire la sospensione del servizio di riscaldamento e di non ostacolare tale potere dell’amministratore, determinando anche le modalità di sospensione.
Inoltre, l’odierna domanda cautelare risulta ammissibile atteso che non sussiste altra azione tipica a disposizione del ricorrenti per ottenere l’invocata tutela.
4.2. Sussiste anche il fumus boni juris. Infatti, come risulta dalla documentazione versata in atti, il potere di cui all’art. 63 disp. att. c. III c.c. è espressamente previsto nel regolamento condominiale (cfr. doc. 6 della produzione di parte ricorrente). Inoltre sussiste una morosità protrattasi per almeno 6 mesi, come fatto palese dai documenti versati in atti, attestanti una morosità risalente ad almeno il 2006, fino a raggiungere il complessivo debito di € 24.955,90. Infine, il servizio di riscaldamento, la cui erogazione parte ricorrente chiede di sospendere, è suscettibile di godimento separato da parte dei singoli condomini.
4.3. Ricorre invero anche il requisito del periculum in mora dotato dei caratteri dell’imminenza e dell’irreparabilità, posto che la persistente morosità dei resistenti, ammontante a € 24.955,90, potrebbe determinare di qui a poco l’insolvenza dello stesso condominio rispetto agli enti erogatori dei servizi comuni di riscaldamento e dunque la concreta possibilità dell’interruzione dei medesimi servizi e ciò in danno dei condomini virtuosi che si vedrebbero così privare incolpevolmente dell’uso di prestazioni essenziali nella vita quotidiana.
Costituisce un dato di comune esperienza la gravità delle conseguenze di un’interruzione di servizi strumentali non solo al pieno godimento del diritto di proprietà dei singoli condomini, cui accedono completandolo i beni ed i servizi comuni, ma alla stessa realizzazione di interessi non meramente patrimoniali degli stessi. Inoltre i condomini in questione nei mesi invernali verosimilmente incrementeranno il consumo di energia per riscaldamento, con conseguente probabile aggravio di debito per spese condominiali non pagate. Si aggiunga che la documentata pendenza di una procedura esecutiva sull’immobile di parte resistente, nella quale è intervenuta oltre a parte ricorrente anche Beta S.p.A. quale creditore privilegiato per un credito di € 159.053,80 a fronte di una perizia di stima dell’immobile valutato € 125.099,02, è circostanza che evidenzia ancora di più il pericolo di aggravio del rischio di mancato soddisfacimento del credito del condominio, giustificando la cautela della sospensione del riscaldamento per evitare l’aumento dell’esposizione debitoria.
5. Orbene, alla luce di quanto sopra, sussistendo tutti i requisiti per il legittimo esercizio del potere di cui all’art. 63 c. III disp. att. c.c., i resistenti condomini morosi sono obbligati a tollerare e non ostacolare la sospensione del servizio di riscaldamento (Trib. Milano, 19 ottobre 1998, cit.). Tale sospensione potrà essere materialmente effettuata attraverso le necessarie operazioni sugli impianti, anche qualora esse siano da eseguirsi all’interno della proprietà esclusiva dei condomini morosi, potendo l’amministratore chiudere gli erogatori dell’acqua calda che collegano all’impianto centralizzato gli elementi radianti siti all’interno dell’unità immobiliare dei condomini morosi.
6. Le spese di lite seguono il principio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo in base agli artt. 669 octies c. VII c.p.c. e 91 c.p.c..
:daccordo: