Innanzitutto va considerato che la donazione, per definizione, incide sul patrimonio del donante. L'impoverimento di tale patrimonio può avere conseguenze, anche gravi, alla morte del donante, nel caso in cui a cui uno degli eredi non sia stata riconosciuta la spettante quota di legittima.
In questo caso l'erede leso ha la possibilità, entro dieci anni dalla morte del donante (o meglio, dall'apertura della pratica di successione, corrispondente con la morte del donante) di far valere i propri diritti chiedendo un'azione diriduzione, ed eventualmente restituzione, sulle donazioni.
L'azione di riduzione può essere effettuata solo nel caso in cui l'erede leso non riesca a soddisfare i suoi diritti attraverso il patrimonio lasciato alla morte dal donante.
In questo caso l'erede privato della sua quota di legittima può chiedere al beneficiario della donazione che la stessa venga restituita o in caso lo stesso ne abbia disposto, può rifarsi sui suoi beni fino alla soddisfazione del suo diritto.
Nel caso in cui il bene donato sia stato venduto a un terzo soggetto e i beni del beneficiario non siano sufficienti a soddisfare il legittimario, lo stesso ha la possibilità di chiedere la restituzione del bene (o il saldo attraverso il versamento di una somma corrispondente) all'acquirente, anche se estraneo alla vicenda e proprietario attraverso un atto d'acquisto in buona fede.
Ciò a patto che non siano trascorsi vent'anni dalla trascrizione della donazione.
Trascorso detto termine, e in assenza di opposizioni alla donazione, il bene non potrà più essere oggetto di restituzione.