Altra domanda: ho fatto tinteggiare le 2 stanze e la parte rimanente dell'appartamento.
È vero che se la stanza che do in locazione è appena stata tinteggiata vi è l'obbligo per l'inquilino una volta che va via lasciarla nello stesso stato in cui si trovava all'inizio della locazione?
La risposta è negativa.
La cosa locata è deteriorabile, il godimento comporta per forza qualche alterazione: il discrimine è dato dalla normalità o dalla anormalità del deterioramento. Fisiologico o patologico. Come la nostra condizione di umani.
Deve essere provato che l’inquilino sia andato oltre la normale usura: il locatore non può pretendere che, al termine della locazione, lui riporti l’immobile nelle stesse, identiche condizioni di partenza, addossandogli la spesa di ritinteggio dei locali a fine locazione.
Spesso il locatore ci prova: fa pressione sull’inquilino tirando fuori l’allegato D (Tabella oneri accessori – Ripartizione fra locatore e conduttore) del dm 16 gennaio 2017 richiamata nei contratti convenzionati, si arrabatta a fargli vedere che lì sopra c’è scritto che la spesa della tinteggiatura delle pareti è a carico suo. Vedi, questa spesa spetta a te!
Ma quella voce della tabella si riferisce alla tinteggiatura ordinaria delle pareti interne quando questa lo richiede nel corso della locazione, non al termine del rapporto.
Il riferimento giuridico è la disposizione generale contenuta nell’art.1590 (Restituzione della cosa locata): “Il conduttore deve restituire la cosa al locatore nello stato medesimo in cui l'ha ricevuta, in conformità della descrizione che ne sia stata fatta dalle parti, salvo il deterioramento o il consumo risultante dall'uso della cosa in conformità del contratto” richiamata all’art.10 (Consegna) del contratto-tipo per studenti universitari.
In sostanza, se il conduttore non ha ridipinto l’appartamento di nero (perché questo colore gli piace molto) e ha usato il bene correttamente, con la diligenza del buon padre di famiglia, senza danneggiarlo (nel normale uso rientrano anche i fori dei tasselli e dei chiodi nel muro, le scalfitture, le ombreggiature per la presenza di dipinti o poster, lo scolorimento delle pareti) il locatore è tenuto a sopportare il deterioramento normale di casa sua, come deve sopportare anche il suo invecchiamento (vetustà, ex art.1609 cod. civ.): sono voci passive che il locatore deve mettere in conto nel canone di locazione, senza attingere al pozzo del deposito cauzionale.
Diversamente, in presenza di un deterioramento delle pareti eccedente il normale uso dello stesso, causa incuria, negligenza, macchie di umidità dovute ad imperizia nell’utilizzo del bene, muri viola o danni provocati dal conduttore, quest’ultimo tenuto a sopportare il costo delle opere necessarie per la rimessa in pristino.
Certo, il contratto potrebbe, però, contenere una specifica clausola nella quale il conduttore, per patto espresso - in deroga dall’art.1590 del codice civile – si è impegnato a restituire i locali nello stato originario dell’immobile, desumibile da un dettagliato verbale di consegna dell’appartamento, ma la giurisprudenza si è posta in direzione opposta alla dottrina tradizionale che ritiene che le parti, in forza del 1322 (Autonomia contrattuale), siano libere di concludere contratti di locazione iniqui e squilibrati.
I giudici hanno respinto con forza l’affermazione che a volte si legge anche in Rete “il contratto è il contratto e tu lo devi rispettare”: il diritto è contemperamento di interessi, non è la legge del più forte.
I giudici ritengono – anche in presenza di consenso - che clausole contrattuali (la tipologia è irrilevante) che, azzerando il rischio della normale usura, addossino obblighi di tale natura spettanti al locatore siano sproporzionate e squilibrate, perché non rispondono a interessi meritevoli di tutela, in quanto attribuiscono ad una sola parte qualcosa in più che non le spetta, oltre la proporzione delle prestazioni di un contratto di scambio (la locazione è un contratto di scambio) e, quindi, nulle.