Secondo la Sent. n. 362/2000 della Corte Costituzionale, punto 8 motivazioni diritto, nel caso il locatore si sia avvalso della clausola risolutiva espressa bnel contratto (ex art. 1456 cod. civ.) in fase costitutiva del giudizio di sfratto di morosità o meglio ancora nel caso in cui la procedura sia già perfezionata all'atto della dichiarazione dei redditi, i redditi non sono da dichiarare:
"La risoluzione del contratto impedisce di configurare il pagamento, effettivo o solo presunto, come effettuato a titolo di canone, cui possa essere commisurata la base imponibile ai fini dell'imposta sul reddito."
Anzi eventuali pagamenti successivi perdono del tutto la natura di canoni locativi:
"In ogni caso, una volta che la risoluzione si sia verificata, l'obbligazione del corrispettivo a carico del conduttore inadempiente per la restituzione ha natura risarcitoria (art. 1591 cod. civ.), e non di canone di una locazione ormai risoluta."
Ma anche nel caso nel contratto non si sia inserita una apposita convenzionale clausola risolutiva espressa (ex art. 1456 cod. civ.) e quindi l'azione di risoluzione sia esclusivamente raggiunta per via giudiziale il locatore può non dichiarare i canoni non percepiti in quanto la Corte precisa:
"In realtà, solo nel caso di azione di risoluzione giudiziale occorrerà che il locatore attenda - per avere l'efficacia della risoluzione - la sentenza, la quale ha carattere costitutivo, anche se con effetti retroattivi. Con ciò non si afferma che il locatore non possa invocare l'inadempimento e la risoluzione anche prima della sentenza di risoluzione giudiziale, quando risulti in maniera certa che abbia scelto la via di risolvere il contratto, e ovviamente il locatore lo può fare a suo rischio, anche per le sanzioni tributarie conseguenti, nel caso in cui la sua domanda di risoluzione giudiziaria non venga accolta."