Lungi dal voler alimentare la polemica, mi permetto di dire che la risposta non è pertinente.
Ritengo che il quesito vero fosse diverso: e anche interessante. Provo a riproporlo in termini più diretti.
1) Alla luce delle nuove disposizioni del c.c., può oggi un condomino dissenziente pretendere comunque dall'amministratore l'azione di recupero crediti tramite DI, pur in presenza di una delibera assembleare presa a maggioranza che esimeva l'amministrazione dall'adire le vie legali?
2) Nel'ipotesi su citata, su chi graverebbero le spese legali da affrontare?
Semmai la risposta era pertinente ...ma alcuni non si sforzano di trarre le conclusioni corrette.
In linea generale (senza riferimento al caso specifico)
Art. 1129
...
Salvo che sia stato espressamente dispensato dall'assemblea, l'amministratore è tenuto ad agire per la riscossione forzosa delle somme dovute dagli obbligati entro sei mesi dalla chiusura dell'esercizio nel quale il credito esigibile è compreso, anche ai sensi dell'articolo 63, primo comma, delle disposizioni per l'attuazione del presente codice.
La Legge è chiarissima sul punto...se l'assemblea dispensa l'amministratore non ha obbligo di perseguire.
E posto che, superata la ineludibile precedente fase del DI (senza che si abbia avuto modo di ottenere il saldo), qualsiasi altra azione comporta l'assunzione di spese (avvocato o altro) è di automatica comprensione che l'amministratore non possa proseguire in tale azione di sua iniziativa.
Nulla osta a che in assemblea si valuti, pur in assenza di maggioranza concorde, di agire per vie legali con l'astensione della maggioranza.
In tale evenienza, e nello specifico del caso di
@Gagarin e "consociati", tutte le spese sarebbero ad integrale carico degli stessi ...fermo restando la possibiliità di addebitarne quota qualora l'azione produca vantaggio al Condominio (vedi casistica "Dissenso alla lite").
Quindi 2 le strade possibili:
-agire fin da subito seppur in "minoranza"
-agire contro il Condominio (come illustrato da
@Ollj ) ma solo dopo che il danno si sarà "materializzato".
Penso che seppur non analiticamente la risposta alle 2 domande sia comprensibile.
Sempre restando nello specifico di quanto raccontato da
@Gagarin ...ogni valutazione andrebbe ben ponderata perchè non è acclarato che ci siano sempre possibilità di recupero.
Sì, ma finché è condomino, non può essere nullatenente.
Forse stai troppo sui libri e dovresti scendere dall'Olimpo di un "mondo perfetto" ...ma virtuale.
Anche volessi essere "lessicamente pignolo"...non è detto che "l'apparente" proprietà sia tale.
Un condòmino ancorchè "proprietario" ...può essere anche una ditta/impresa...e in quanto tale fallibile.
Anche un singolo "dipendente" potrebbe essere intestatario dell'immobile...ma con ipoteca a favore di una banca per il finanziamento, aggiungi improvvisa perdita del posto di lavoro...o "vittima" di perdita totale delle sue "risorse" per malattia, errati investimenti...o gioco e vita "libertina"....e la matematica ti dirà che seppur "tenente" in realtà possiede solo debiti.