Infatti è proprio questa l'assurdità e mi spiego meglio: se il RdC è stato redatto 40 anni fa con le leggi in vigore all'epoca, quando ancora non esistevano le nuove leggi approvate ad esempio negli ultimi 5 anni, vale sempre quanto indicato nel RdC redatto 40 anni prima ed accettato in fase di rogito ?
Pertanto questa legge o norma non può essere applicata in un caso cosi evidente:
" Il normale criterio di ripartizione delle spese elencate nel primo comma dell'art. 1123 c.c. "Le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza, sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprieta' di ciascuno, salvo diversa convenzione", e' quello della proporzionalita' espressa dalla tabella millesimali di proprieta'.
Un esempio delle spese che si ripartiscono in base al citato articolo chiarira' le idee. Se l'amministratore percepisce un compenso di 1000 euro e il condomino Tizio ha un quota millesimali pari a 200, per il compenso del professionista egli dovra' pagare 200 euro. Allo stesso modo per tutte le altre spese indicate dall'art. 1123 primo comma c.c.
Per una serie di cose e servizi comuni il criterio di ripartizione della spese della proporzionalita' e' mitigato dal criterio dell'uso preveduto dal secondo comma dell'art. 1123 c.c. che recita: "se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa, le spese sono ripartite in proporzione dell'uso che ciascuno puo' farne".
Pertanto tutto questo non è vero:
La Cassazione e' intervenuta sulla questione specificando che la ripartizione delle spese di cui al secondo comma dell'art. 1123 c.c. fatta "in misura proporzionale non gia' al valore della proprieta' di ciascun condomino ma all'uso che ciascun condomino puo' fare di una determinata cosa comune - riguarda il caso in cui la cosa comune (piu' esattamente il servizio comune) sia oggettivamente destinata a permettere ai singoli condomini di goderne in misura diversa (inferiore o superiore al loro diritto di comproprieta' sulle parti comuni); e, a tal fine, si deve avere riguardo all'uso che ciascun partecipante puo' farne, cioe' al godimento potenziale e non al godimento effettivo, e, quindi, non all'uso che effettivamente ne faccia o non ne faccia" (Cass. n. 13161 del 1991).