Una delle maggiori preoccupazioni dell’utente che si affaccia agli sportelli informativi di AsSostegno, concerne i costi legati alla procedura per l’amministrazione di sostegno.
Brevemente possiamo identificare due fasi:
- la prima, meramente burocratica, comporta la presentazione del ricorso (istanza, richiesta al Giudice Tutelare) che verrà diligentemente depositato presso la Cancelleria della Volontaria Giurisdizione del Tribunale competente (si avrà riguardo a tal fine alla residenza della persona per la quale si propone la domanda).
Il ricorso (vd. modello) deve essere completato con tutta la documentazione idonea.
Il costo, oltre agli esborsi eventualmente dovuti per la certificazione medica ed il certificato storico di famiglia, è pari ad una marca da bollo da €. 8,00.
Giova ricordare, non senza rammarico, che non tutti i Tribunali permettono al ricorrente di scrivere e sottoscrivere da solo il ricorso: alcuni Giudici Tutelari infatti, aderendo ad un’interpretazione minoritaria della legge, richiedono che il ricorrente rediga la domanda con il ministero di un difensore che lo assisterà perlomeno fino all’accoglimento (o motivato rigetto) della stessa (emissione del decreto di nomina).
Da ciò va considerato che, a mente dei minimi di tariffa, il legale incaricato di redigere il ricorso e di assistere il ricorrente in udienza, difficilmente richiederà un compenso inferiore ai 700,00 euro in ragione dell’attività svolta.
La prassi e l’esperienza, a seconda delle disponibilità e della complessità delle questioni da trattare, insegnano che in media, per l’attività in questione, l’avvocato richiede un compenso di circa 1.200,00 euro (oltre IVA e CPA), somma che può essere ridotta ad un terzo nel caso di sola assistenza nella redazione del ricorso.
- la seconda fase riguarda i costi relativi all’amministrazione di sostegno cd. “in corso d’opera”.
L’art. 379 del Codice Civile, come richiamato dall’art. 411 C.C., prevede che l’ufficio dell’amministrazione di sostegno è gratuito.
Tuttavia, a mente del secondo comma dell’articolo richiamato, considerando l’entità del patrimonio e le difficoltà dell’amministrazione, il Giudice Tutelare può assegnare all’ammministratore di sostegno un’equa indennità.
Il termine “entità” non per forza presuppone un patrimonio considerevole: talvolta all’amministratore di sostegno diligente, che abbia procurato evidenti vantaggi al beneficiario (anche solo in termini di qualità di vità), può essere riconosciuta una modesta indennità su di un patrimonio costituito dalla sola pensione del beneficiario.
Il Giudice Tutelare e l’amministratore di sostegno che opera in sintonia con il giudice, avranno riguardo solo ai bisogni, alle aspirazioni ed agli interessi del beneficiario, tralasciando gli inesistenti diritti di tutela degli eventuali futuri chiamati all’eredità.
Viceversa, anche laddove le condizioni economiche lo permettano, correttamente il Giudice Tutelare non assegnerà alcuna indennità all’amministratore di sostegno che sia risultato inerte rispetto ai compiti ed ai poteri affidati con il decreto di nomina.
L’indennità solitamente ha riguardo ai dodici mesi di attività svolta: viene liquidata dal Giudice Tutelare in forza di un’istanza che conclude la relazione ed il rendiconto annuali (ove il rendiconto non sia richiesto per periodi più brevi).
Anche qui l’esperienza di centinaia di casi insegna che all’AdS può essere liquidato un’indennità pari a zero euro fino anche, in casi eccezionali, a 1000,00 euro al mese.
Da che cosa dipende? Dipende dalle caratteristiche del singolo caso, dalla attività concretamente svolta, dalla complessità delle questioni affrontate, dalla professionalità, dal tempo e dalle energie impiegati, dalle specifiche competenze richieste all’amministratore e, ovviamente, dipende dal patrimonio del Beneficiario. E’ infatti possibile, ad esempio che, a fronte del medesimo impegno (seguire il caso di un anziano solo che vive a casa propria assistito da una badante), a un Ads - che non sia un parente – non venga liquidata alcuna indennità e a un altro venga liquidata una indennità di 150-200 euro al mese (a seconda che il reddito sia totalmente o parzialmente assorbito dalle spese di assistenza e gestione dell’abitazione);
è il Giudice Tutelare che PUO’ liquidare una indennità secondo un prudente apprezzamento che non può non tener conto dei due parmetri imposti dal codice civile: l’entità del patrimonio e la difficoltà dell’amministrazione.
E’ anche possibile che per particolari attività (ad es.: dichiarazioni dei redditi, stesura di contratti, assistenza in giudizi civili o penali, vendita di beni, accettazioni di eredità con inventario, ecc) l’amministratore di sostegno sia autorizzato ad avvalersi dell’ausilio di professionisti, che andranno perciò compensati secondo le rispettive tariffe professionali.
Ci si è chiesti se l’indennità abbia natura di compenso e ciò con particolare riguardo al caso in cui, a rivestire la qualifica di amministratore di sostegno, sia un professionista iscritto negli appositi albi (avvocato, commercialista, ecc..).
Recentemente l’Agenzia delle Entrate di Trieste, sulla scia di quella di Milano, in esito ad un formale interpello (che ricordiamo ha valore nei soli confronti del contribuente che lo presenta) ha avuto modo di escludere che l’equa indennità, percepita dall’amministratore di sostegno, costituisca reddito imponibile ai fini IRPEF ed ai fini IVA, esentando per ciò solo il professionista dall’obbligo di rilascio di documenti validi a fini fiscali.
I volontari di AsSostegno saranno lieti di rispondere alla vostre domande:
sportello@assostegno.it
http://www.assostegno.it/wp-content/uploads/2011/06/Agenzia-Entrate-su-379-c.c..pdfDa :
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:daccordo: