la Cassazione, con le sentenze n. 23591/2013 e 25811/2014
Che sposavano la teoria della nullità
sostanziale.
Sconfessata dalla sentenza delle
Sezioni Unite civili n. 8230 del 22 marzo
2019.
Pe cui, la nullità comminata dal D.P.R. n. 380 del 2001, art. 46, e dalla L. n. 47 del 1985, artt. 17 e 40, va ricondotta nell'ambito dell'art. 1418 c.c., comma 3, di cui costituisce una specifica declinazione, e deve qualificarsi come nullità
testuale, con tale espressione dovendo intendersi, in stretta adesione al dato normativo, un'unica fattispecie di nullità che colpisce gli atti tra vivi ad effetti reali elencati nelle norme che la prevedono, volta a sanzionare la mancata inclusione in detti atti degli estremi del titolo abilitativo dell'immobile, titolo che, tuttavia, deve esistere realmente e deve esser riferibile, proprio, a quell'immobile.
Per cui, come già scritto, in presenza nell'atto della dichiarazione dell'alienante degli estremi del titolo urbanistico, reale e riferibile all'immobile, il contratto
è valido a prescindere dal profilo della conformità o della difformità della costruzione realizzata al titolo menzionato.