non è dello stesso parere la cassazione:
da Emiliana Sabia
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È escluso che l’attività di affittacamere determini un mutamento della destinazione d’uso degli immobili utilizzati come «civile abitazione» e implichi conseguenze dannose per gli altri proprietari
Il regolamento condominiale non può proibire ai proprietari degli appartamenti di esercitare l’attività di bed and breakfast. L’attività non comporta alcun cambiamento della destinazione d’uso delle unità immobiliari. A stabilirlo è la Cassazione con la sentenza 24707/14, depositata oggi dalla seconda sezione civile. Con la pronuncia, gli “ermellini” respingono il ricorso di un condominio che si opponeva alla decisione della Corte d’appello di Roma. La controversia nasce perché le proprietarie di alcuni appartamenti siti all’interno dell’edificio, esercitavano l’attività di bed & breakfast. Il condominio si appellava alla violazione del regolamento condominiale che stabiliva il divieto di destinare gli appartamenti a un uso diverso da quello di civile abitazione. La Corte territoriale, invece, chiariva che l’attività di affittacamere non aveva comportato una modifica della destinazione d’uso. Il condominio a quel punto impugnava la decisione e ricorreva per Cassazione, ma senza successo.
La Corte d’appello ha ritenuto che la disposizione regolamentare, «tenuto conto che la destinazione a civile abitazione costituisce il presupposto per l’utilizzo di un’unità abitativa ai fini dell’attività di bed and breakfast non precludesse la destinazione delle unità di proprietà esclusiva alla detta attività». Argomentazioni, queste, non smentite dalla Corte di legittimità.
Le censure mosse dai ricorrenti, «volte a dimostrare invece l’incompatibilità della destinazione alberghiera con quella prescritta dalla norma del regolamento condominiale, non appaiono del resto idonee a indurre a differenti conclusioni. Queste ultime «presuppongono che l’attività di bed and breakfast comporti necessariamente conseguenze pregiudizievoli per gli altri condomini; tuttavia, una simile allegazione non è stata supportata da alcun riferimento qualitativo e quantitativo al tipo di attività in concreto svolta dalle resistenti».
In particolare, dal condominio non è stata offerta alcuna indicazione in merito alla «capacità ricettiva delle singole unità di proprietà esclusiva nelle quali si svolge la detta attività, né in ordine all’ubicazione nel condominio di tali unità abitative di proprietà esclusiva; non sono state riferite, cioè, circostanze decisive al fine di dimostrare l’erroneità dell’interpretazione complessivamente data dalla Corte d’appello alla clausola del regolamento condominiale». Il collegio di legittimità, pertanto, respinge il ricorso.