Dietro l’alienazione dell’immobile si nasconde la vendita dell’area edificabile su cui lo stesso è situato
La Commissione tributaria regionale emiliana, accogliendo l’appello dell’ufficio delle Entrate di Lugo, ha stabilito che il contratto di cessione di un vetusto compendio immobiliare a uso residenziale e commerciale (destinato alla demolizione e situato su area edificabile a uso commerciale) a una società di leasing che lo ha acquistato per conto di un’impresa intenzionata a demolirlo (quattro mesi dopo l’acquisto) e a costruire successivamente una palazzina commerciale, non si connota quale negozio simulato.
Infatti il venditore, essendo consapevole dell’operazione immobiliare che sarebbe stata effettuata dall’utilizzatore, persegue un intento elusivo che consiste nell’indebita fruizione dell’esenzione da imposizione accordata dall’allora vigente articolo 81, comma 1, lettera b) (ora articolo 67) del Tuir alle plusvalenze che derivano dalla “cessione a titolo oneroso di beni immobili acquistati o costruiti da non più di cinque anni …” qualora “acquisiti per successione”.
In particolare, il giudice di appello ha valutato gli elementi di fatto presentati dall’ufficio locale per sostenere che il contribuente ha, in concreto, convenuto di alienare un’area fabbricabile. Il prezzo concordato in atto, di gran lunga superiore al valore peritale degli immobili, e la circostanza che i venditori (una società per l’immobile a uso commerciale e i soci per le unità abitative) abbiano “manipolato” la ripartizione del prezzo complessivo tra gli immobili compravenduti imputandone una quota superiore rispetto al valore della perizia ai cespiti posseduti dalle persone fisiche, in quanto non soggetti a tassazione, sono elementi indiziari sufficienti ad avallare la tesi dell’Amministrazione finanziaria. Per la Commissione regionale “gli elementi indiziari assunti dall’Ufficio a base della propria presunzione sono quindi sufficienti per ritenere fondatamente presumibile che il contribuente abbia contrattato non la cessione di un fabbricato, ma quella di una area fabbricabile”. Correttamente il giudice, nel cogliere l’intento speculativo perseguito dagli alienanti ha inoltre indicato “il criterio che deve essere seguito nell’interpretazione dell’art. 81 del T.U.I.R.”.
La sentenza n. 7/8/09 del 2009 non è isolata, ma si inserisce in un consolidato indirizzo giurisprudenziale che ha visto i giudici tributari di merito emiliano-romagnoli pronunciarsi in più occasioni avallando le ricostruzioni operate dall’Amministrazione finanziaria sulle complesse architetture elusive poste in essere da alcuni contribuenti (fra le altre, Ctp Ravenna 228/01/02 del 2002 e 278/02/05 del 2005, Ctr Bologna 110/01/07 del 2007 e 26/13/08 del 2008.