Tempo fa feci delle ricerche qua e là e trovai, in tema, solo questa sentenza
La sentenza in questione in sostanza dice che l'erede che ha interesse a registrare la denuncia di successione per poter fruire della continuità delle trascrizioni , a distanza di lungo tempo deve pagare l'imposta ma non fa cenno alle sanzioni. il che fa motivatamente supporre ( e confermare ) che in questi casi le stesse non si applichino
Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 18 febbraio 2011, n. 3964
Svolgimento del processo
T.P.A. decedeva il 20 maggio 1960. Le sorelle eredi di questa, T.A. e T.M.S.,accettavano la eredità ma non presentavano dichiarazione di successione, né la Amministrazione procedeva ad accertamento di ufficio. Le predette alla loro morte avvenuta in date diverse, rispettivamente nel 1979 e nel 1985, istituivano erede la Parrocchia Conversione di S. Paolo.
La Parrocchia presentava in data 1 marzo 1992 dichiarazione relativa alla successione
di T.P.A., al fine di ristabilire la continuità delle trascrizioni dei beni immobili caduti
in successione.
L’Ufficio notificava alla Parrocchia avviso di liquidazione di imposta principale di successione alla T.P. con irrogazione di sanzioni. (la Parrocchia ) Questa impugnava l’avviso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese, sostenendo di non essere tenuta al pagamento della imposta.
La Commissione respingeva il ricorso.
Appellava la Parrocchia, e la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con sentenza n. 89/39/05 in data 4-10-2005 depositata l’8-11-2005 accoglieva il gravame, dichiarando la nullità dell’avviso di liquidazione.
Avverso la sentenza L’ Agenzia delle Entrare propone ricorso per cassazione .
La Parrocchia non esplica attività difensiva.
Motivi della decisione
Con l’unico complesso motivo la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 28 e 48, D.P.R. n. 637 del 1972, artt. 36 e 49, e dell’art. 459 c.c., nonchè motivazione omessa od insufficiente su un punto decisivo della controversia.
Espone che dalle disposizioni di legge citate si evince che anche ove siano scaduti i termini per la presentazione della dichiarazione di successione e per l’accertamento di ufficio colui che abbia interesse a ristabilire a proprio favore la continuità delle trascrizioni relative ad un immobile appartenuto ad un defunto ha l’onere di presentare la dichiarazione di successione a questi, divenendo debitore della imposta principale.
Pertanto, avendo la Parrocchia presentato la dichiarazione di successione a T.P. in qualità di erede di T.A. e T.M.S., obbligate a loro volta al pagamento della imposta di successione sui beni a loro pervenuti mortis causa dalla sorella, l’ente religioso era tenuto al pagamento della imposta richiesta.
In ordine all’asserito difetto di motivazione, peraltro meramente enunciato, nella specie logicamente preliminare, deve rilevarsi che la Commissione, per quanto in modo sintetico, ha chiaramente esposto la "ratio decidendi" della impugnata sentenza: ad avviso della CTR, infatti, la presentazione della dichiarazione di successione al solo fine di assicurare la continuità delle trascrizioni non comporta automaticamente l’obbligo di pagamento della imposta, in quanto l’obbligazione sorge solo in capo agli eredi; nella specie, la Parrocchia non è erede di T.P., la cui successione, aperta nel 1960, riguardava esclusivamente le sorelle successivamente defunte.
L’argomento è esposto in termini chiari e comprensibili, e non sussiste quindi alcun difetto di
motivazione.
La questione deve essere pertanto valutata secondo il primo profilo di violazione di legge. Sotto tale profilo il ricorso è fondato.
Il sistema delineato dalla legge (può essere citato il D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 27 e 28, ma
analoghe disposizioni si rinvengono anche nei tesi legislativi antecedenti) è nel senso di collegare l’insorgenza della obbligazione tributaria alla presentazione della denuncia di successione relativa a beni ereditari di cui il denunciante sostenga di essere divenuto titolare, salvo specifiche eccezioni derivanti dalla natura dei beni, che qui non ricorrono e che in ogni caso devono essere normativamente espresse.
È vero che il soggetto che presenta la denuncia al fine di stabilire a proprio favore la continuità delle trascrizioni relative a beni immobili caduti in successione non ancora in essere per mancato adempimento nel passato all’onere dichiarativo non rientra tra quelli obbligati ex lege a detta presentazione ai sensi dell’art. 28 D.Lgs., citato, ma il dato ai fini fiscali perde valore ove il soggetto si determini a presentare spontaneamente la dichiarazione onde perseguire in tale modo un effetto a sè favorevole, facendo valere ai fini della pubblicità legale un acquisto dei beni a titolo derivativo anzichè originario; in tal caso, infatti, alla esibizione di tale titolo di acquisto consegue, quale effetto necessario, la sottoposizione al trattamento tributario previsto per tale forma di acquisizione del bene, ovvero, nel caso, l’obbligo del pagamento della imposta di successione.
Il ricorso deve quindi essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio, per le questioni di merito
attinenti alla liquidazione della imposta, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso( ndr: proposto dalla Agenzia delle Entrate ), cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.
La sentenza in questione in sostanza dice che l'erede che ha interesse a registrare la denuncia di successione per poter fruire della continuità delle trascrizioni , a distanza di lungo tempo deve pagare l'imposta ma non fa cenno alle sanzioni. il che fa motivatamente supporre ( e confermare ) che in questi casi le stesse non si applichino
Corte di Cassazione, sez. trib., sentenza 18 febbraio 2011, n. 3964
Svolgimento del processo
T.P.A. decedeva il 20 maggio 1960. Le sorelle eredi di questa, T.A. e T.M.S.,accettavano la eredità ma non presentavano dichiarazione di successione, né la Amministrazione procedeva ad accertamento di ufficio. Le predette alla loro morte avvenuta in date diverse, rispettivamente nel 1979 e nel 1985, istituivano erede la Parrocchia Conversione di S. Paolo.
La Parrocchia presentava in data 1 marzo 1992 dichiarazione relativa alla successione
di T.P.A., al fine di ristabilire la continuità delle trascrizioni dei beni immobili caduti
in successione.
L’Ufficio notificava alla Parrocchia avviso di liquidazione di imposta principale di successione alla T.P. con irrogazione di sanzioni. (la Parrocchia ) Questa impugnava l’avviso innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Varese, sostenendo di non essere tenuta al pagamento della imposta.
La Commissione respingeva il ricorso.
Appellava la Parrocchia, e la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia con sentenza n. 89/39/05 in data 4-10-2005 depositata l’8-11-2005 accoglieva il gravame, dichiarando la nullità dell’avviso di liquidazione.
Avverso la sentenza L’ Agenzia delle Entrare propone ricorso per cassazione .
La Parrocchia non esplica attività difensiva.
Motivi della decisione
Con l’unico complesso motivo la Agenzia deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 28 e 48, D.P.R. n. 637 del 1972, artt. 36 e 49, e dell’art. 459 c.c., nonchè motivazione omessa od insufficiente su un punto decisivo della controversia.
Espone che dalle disposizioni di legge citate si evince che anche ove siano scaduti i termini per la presentazione della dichiarazione di successione e per l’accertamento di ufficio colui che abbia interesse a ristabilire a proprio favore la continuità delle trascrizioni relative ad un immobile appartenuto ad un defunto ha l’onere di presentare la dichiarazione di successione a questi, divenendo debitore della imposta principale.
Pertanto, avendo la Parrocchia presentato la dichiarazione di successione a T.P. in qualità di erede di T.A. e T.M.S., obbligate a loro volta al pagamento della imposta di successione sui beni a loro pervenuti mortis causa dalla sorella, l’ente religioso era tenuto al pagamento della imposta richiesta.
In ordine all’asserito difetto di motivazione, peraltro meramente enunciato, nella specie logicamente preliminare, deve rilevarsi che la Commissione, per quanto in modo sintetico, ha chiaramente esposto la "ratio decidendi" della impugnata sentenza: ad avviso della CTR, infatti, la presentazione della dichiarazione di successione al solo fine di assicurare la continuità delle trascrizioni non comporta automaticamente l’obbligo di pagamento della imposta, in quanto l’obbligazione sorge solo in capo agli eredi; nella specie, la Parrocchia non è erede di T.P., la cui successione, aperta nel 1960, riguardava esclusivamente le sorelle successivamente defunte.
L’argomento è esposto in termini chiari e comprensibili, e non sussiste quindi alcun difetto di
motivazione.
La questione deve essere pertanto valutata secondo il primo profilo di violazione di legge. Sotto tale profilo il ricorso è fondato.
Il sistema delineato dalla legge (può essere citato il D.Lgs. n. 346 del 1990, artt. 27 e 28, ma
analoghe disposizioni si rinvengono anche nei tesi legislativi antecedenti) è nel senso di collegare l’insorgenza della obbligazione tributaria alla presentazione della denuncia di successione relativa a beni ereditari di cui il denunciante sostenga di essere divenuto titolare, salvo specifiche eccezioni derivanti dalla natura dei beni, che qui non ricorrono e che in ogni caso devono essere normativamente espresse.
È vero che il soggetto che presenta la denuncia al fine di stabilire a proprio favore la continuità delle trascrizioni relative a beni immobili caduti in successione non ancora in essere per mancato adempimento nel passato all’onere dichiarativo non rientra tra quelli obbligati ex lege a detta presentazione ai sensi dell’art. 28 D.Lgs., citato, ma il dato ai fini fiscali perde valore ove il soggetto si determini a presentare spontaneamente la dichiarazione onde perseguire in tale modo un effetto a sè favorevole, facendo valere ai fini della pubblicità legale un acquisto dei beni a titolo derivativo anzichè originario; in tal caso, infatti, alla esibizione di tale titolo di acquisto consegue, quale effetto necessario, la sottoposizione al trattamento tributario previsto per tale forma di acquisizione del bene, ovvero, nel caso, l’obbligo del pagamento della imposta di successione.
Il ricorso deve quindi essere accolto e la sentenza cassata, con rinvio, per le questioni di merito
attinenti alla liquidazione della imposta, a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, che provvederà anche sulle spese di questa fase di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso( ndr: proposto dalla Agenzia delle Entrate ), cassa la sentenza impugnata e rinvia anche per le spese a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale della Lombardia.