Chiedo scusa per la risposta ma non avevo più i link ai vari siti e ho dovuto buttare dentro tutto.
riassumendo in breve
- la possibilità di spraelevare è un diritto.. salvo diverse disposizioni specificatamente riportate sui regolamenti condoniali.
- chi sopraeleva deve corrispondere un indennità ai condomini;
- l'alterazione dell' aspetto architettonico ed il decoro dell'edificio sono punti molto difficili da sostenere in tribunale in quanto l'architettura è una scienza soggettiva e non oggettiva.
Per farla breve, se non si trovano appigli veramente concreti e non si vuole intentare una causa, consiglio di:
- stabilire l'indennizzo;
- verificare prima i progetti e le opere che si andranno a realizare;
- verificare che sia fatto un calcolo strutturale su tutto l'edificio a causa del nuovo piano;
- modificare le tabelle millesimali
TuTTo a carico del proponente
Indennità di sopraelevazione grava sul proprietario della colonna d'aria soprastante
Cassazione SENTENZA N. 2865 DEL 07/02/2008 COMUNIONE E CONDOMINIO - INNOVAZIONI SU PARTI COMUNI DELL'EDIFICIO Si ha esercizio del diritto di sopraelevazione quando il proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale costruisca nuovi piani o nuove fabbriche ovvero trasformi locali preesistenti aumentandone le superfici e le volumetrie, ma non anche quando ponga in essere una trasformazione del tetto che sottragga un bene comune alla sua destinazione in favore degli altri condomini per attrarlo nel suo uso esclusivo.
http://www.cortedicassazione.it/Documenti/2865.pdf
SENTENZA N. 16794 DEL 30/07/2007 CONDOMINIO – ULTIMO PIANO DELL’EDIFICIO – SOPRAELEVAZIONE – INDENNITA’
Componendo un contrasto di giurisprudenza, le Sezioni Unite hanno statuito che l’indennità di sopraelevazione, di cui all’art. 1127 cod. civ., è dovuta, quale conseguenza della realizzazione del nuovo piano, in ogni ipotesi di costruzione oltre l’ultimo piano, indipendentemente dall’entità dell’innalzamento stesso. Quel che conta è che vi sta stato un aumento della superficie e della volumetria, indipendentemente dal fatto che esso dipenda o meno dall’innalzamento dell’altezza del fabbricato.
Corte Suprema di Cassazione
Cassazione , sez. II civile, sentenza 16.06.2005 n° 12880
In tema di condominio, l'indennità di cui all'art. 1127, ultimo comma, c.c. trova il fondamento nella considerazione che, per effetto della sopraelevazione, il proprietario dell'ultimo piano aumenta, a scapito degli altri condomini, il proprio diritto sulle parti comuni dell'edificio, dal momento che tali diritti, in base all'art. 1118, 1° comma, c.c., è proporzionato al valore del piano o porzione di piano che gli appartiene ed è evidente che tale valore viene aumentato per effetto della sopraelevazione.Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 12880 del 16 giugno 2005, precisando che un titolo il quale dovesse attribuire al proprietario dell'ultimo piano o del lastrico di copertura la proprietà esclusiva della colonna d'aria soprastante l'edificio condominiale non è idoneo, in considerazione della impossibilità dell'oggetto, ad escludere l'obbligo di pagamento della indennità prevista per la sopraelevazione.
Cass. Civ. 21.08.2003, n.12292 - Sopraelevazione: indennizzo.
L’indennizzo di sopraelevazione ex art. 1127 c.c., va determinato dividendo l’importo relativo all’area su cui insiste l’edificio, o la parte di questo che viene sopraelevata, per il numero di piani – compresi quelli di nuova costruzione - diminuendo, poi il quoziente della quota spettante al condomino che ha eseguito la sopraelevazione ed infine ripartendo il risultato residuo tra i proprietari degli altri piani preesistenti, mentre si commetterebbe errore dividendo questa somma tra tutti i condomini. Giurisprudenza Conforme: Cass. Civ. 18.05.1967 n. 1055 in Foro It. 1967, I, 1147.
Cass. civ., sez. II, 1 luglio 1997, n. 5839, Costituisce sopraelevazione, ai sensi dell'art. 1127 c.c., l'occupazione dell'area comune sovrastante l'ultimo piano, sia con un altro piano, sia con una nuova fabbrica, che può consistere anche in materiale diverso da cemento o laterizi, purché sia stabile e compatta - come nel caso di struttura in alluminio, immobilizzata solidamente su un terrazzo di copertura, di proprietà esclusiva - mentre è irrilevante che possa esser stata considerata dal giudice penale, per escludere il reato previsto dall'art. 17, lett. b) della legge 28 gennaio 1977 n. 10, pertinenza dell'appartamento.
LA SOPRAELEVAZIONE DI EDIFICI (primo di due articoli)
LE NORME
Art. 1127 c.c.
Il proprietario dell'ultimo piano dell'edificio può elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti altrimenti dal titolo. La stessa facoltà spetta a chi è proprietario esclusivo del lastrico solare.
La sopraelevazione non è ammessa se le condizioni statiche dell'edificio non la consentono.
I condomini possono altresì opporsi alla sopraelevazione, se questa pregiudica l'aspetto architettonico dell'edificio ovvero diminuisce notevolmente l'aria o la luce dei piani sottostanti.
Chi fa la sopraelevazione deve corrispondere agli altri condomini un'indennità pari al valore attuale dell'area da occuparsi con la nuova fabbrica, diviso per il numero dei piani, ivi compreso quello da edificare, e detratto l'importo della quota a lui spettante. Egli è inoltre tenuto a ricostruire il lastrico solare di cui tutti o parte dei condomini avevano il diritto di usare.
COSA S'INTENDE PER SOPRAELEVAZIONE
Recenti e meno recenti tragici fatti di cronaca suggeriscono di evitare accuratamente di sopraelevare edifici che non siano stati appositamente costruiti in vista dell'elevazione di nuovi piani: la sicurezza di persone e cose, infatti, non può essere subordinata a nessun'altra ragione. Tuttavia, anche se le condizioni statiche dell'edificio non consentono la sopraelevazione, è possibile realizzarla ugualmente, provvedendo alle necessarie opere di consolidamento; i condomini, però, devono essere tutti d'accordo e prestare quindi il loro consenso (Cass. 26/5/1986, n. 3532).
Ma vediamo innanzitutto cosa debba intendersi per sopraelevazione dal punto di vista giuridico.
La Cassazione, con sentenza n. 1697 del 16/3/1982, ha stabilito che per sopraelevazione dell'edificio non s'intende la semplice costruzione oltre l'altezza precedente di questo, ma la costruzione di uno o più nuovi piani (o di una o più nuove fabbriche) sopra l'ultimo piano dell'edificio, quale che sia il rapporto con l'altezza preesistente; a maggior ragione non si può parlare di sopraelevazione nel caso di modifiche solo interne, contenute negli originari limiti strutturali del fabbricato: per es. trasformazione di sottotetto in unità abitabile (Cass. 23/1/1983, n. 680). Il concetto di "nuova fabbrica" è stato fra l'altro individuato dal Tribunale di Bologna (sentenza del 24/6/1998) nella trasformazione, da parte di un condomino, del tetto in terrazza "in trincea" (così chiamata perché delimitata da muri), con conseguente applicazione della normativa sulla sopraelevazione. Al contrario, il Tribunale di Piacenza (sentenza dell'8/11/2000) ha considerato questo tipo d'intervento non rientrante nel diritto di sopraelevazione me alterazione della cosa comune ai sensi dell0'art. 1102, primo comma, c.c.
Qualora s'intenda sopraelevare per più piani, questi possono essere edificati anche in tempi diversi, sempre che la sopraelevazione sia giuridicamente e tecnicamente possibile.
Vediamo ora quali sono, al di là della preclusione rappresentata dalla stabilità dell'edificio, gli altri elementi che possono impedire o limitare l'esercizio del diritto di sopraelevazione.
L'ASPETTO ARCHITETTONICO DELL'EDIFICIO
Se non vi sono controindicazione riconducibili alla stabilità del fabbricato, il primo ostacolo alla sopraelevazione è rappresentato dall'esigenza di rispettare l'aspetto architettonico dell'edificio; aspetto architettonico da non confondere con un concetto analogo: quello di decoro architettonico.
Il concetto di decoro architettonico è previsto dal secondo comma dell'art. 1120 c.c. con riferimento alle innovazioni ed è, per la Cassazione (sentenza n. 8731 del 3/9/1998), "l'estetica data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano il fabbricato e gli imprimono una determinata, armonica, fisionomia". Il concetto di aspetto architettonico, invece, è previsto dal terzo comma dell'art. 1127 c.c. appunto con riferimento all'esercizio del diritto di sopraelevazione e coincide, sempre secondo la Cassazione (sentenze n. 8861 del 28/11/1987 e n. 1947 del 27/4/1989), con la "caratteristica principale insita nello stile architettonico dell'edificio". In particolare, il pregiudizio per l'aspetto architettonico che deve evitare chi sopraeleva l'edificio, è costituito dal "danno estetico che si risolve in un danno economico anche per l'edificio che sia privo di decoro" (Cass. 24/10/1978, n. 4804), per cui l'adozione, nella parte sopraelevata, di uno stile diverso da quello della parte preesistente, comporta normalmente un mutamento peggiorativo dell'aspetto architettonico complessivo. Ciò non significa che la parte sopraelevata debba necessariamente avere le stesse linee architettoniche di quella preesistente, l'importante essendo che non si pregiudichi il decoro dell'edificio o non se ne peggiori l'aspetto esterno secondo il comune senso estetico (Cass. 9/4/1980, n. 2267). A riguardo è determinante la maggiore o minore visibilità dell'opera; infatti, se essa è visibile solo da lontano o da particolari posizioni, è da considerarsi legittima (Cass. 24/10/1978, n. 4804). Alterazione dell'aspetto architettonico è stata ravvisata, per esempio (Cass. 14/7/1988, n. 4613), nella diversa composizione dei materiali utilizzati, nella minore altezza del nuovo piano rispetto ai preesistenti, nel tipo di copertura e di finestratura. Non è detto, poi, che la sopraelevazione non possa riguardare soltanto una parte della superficie dell'edificio, se ciò non ne pregiudica l'aspetto architettonico (Cass. 3/1/1966, n. 28).
LE ALTRE REGOLE DA OSSERVARE
Nell'effettuare la sopraelevazione si può essere tentati di costruire in aggetto rispetto al perimetro dell'edificio; ciò non è consentito se le opere, per struttura ed estensione, compromettono l'equilibrio degli interessi dei condomini (Cass. 12/10/1971, n. 2873); lo stesso dicasi se si tratta di occupare lo spazio sovrastante un cortile comune al proprietario di un edificio contiguo (Cass. 26/2/1976, n. 624).
La sopraelevazione comporta l'inevitabile modifica della scala comune, con la conseguente possibilità di procedere alle indispensabili demolizioni e alle successive ricostruzioni a livello più elevato (Cass. 9/12/1980, n. 6362). Non è comunque consentito occupare con la nuova costruzione parte dell'area sovrastante la scala comune al proprietario di un appartamento ubicato su una verticale diversa, salvo che dal titolo non risulti il contrario (Cass. 30/1/1979, n. 669).
La sopraelevazione dev'essere infine realizzata in modo che gli altri condomini possano continuare a godere della parti comuni dell'edificio senza aggravio. E' stata per esempio ritenuta illegittima la sopraelevazione in seguito alla quale i condomini, che prima accedevano al lastrico solare dalla scala comune, erano costretti ad attraversare un locale di proprietà di chi aveva attuato la sopraelevazione per accedere al nuovo lastrico (Cass. 15/3/1976, n. 939).
IL REGOLAMENTO PUO' VIETARLA
In genere, per evitare fastidi e responsabilità ai condomini, è il regolamento a limitare o a vietare la sopraelevazione dell'edificio; deve però trattarsi di regolamento di tipo contrattuale, ossia approvato o accettato da tutti i condomini negli atti di acquisto (Cass. 6/12/2000, n. 15504).
Un regolamento del genere vincola anche gli acquirenti dei singoli appartamenti, indipendentemente dalla trascrizione presso la Conservatoria dei registri immobiliari, qualora essi, nell'atto di acquisto, facendo espresso riferimento al regolamento, dimostrino di esserne a conoscenza e di accettarne il contenuto (Cass. 14/1/1993, n. 395). In precedenza (sentenza n. 5958 dell'11/11/1982) la Cassazione aveva stabilito che il divieto di sopraelevazione contenuto nel regolamento contrattuale è opponibile al terzo acquirente del bene su cui esso grava (nel caso di specie si trattava di una terrazza di copertura dell'edificio condominiale), una volta trascritto il titolo che lo prevede, a nulla rilevando la sua mancata riproduzione nell'atto di trasferimento di detto bene.
Il divieto di sopraelevare può anche derivare da un accordo sottoscritto da tutti i condomini, volta a costituire una servitù a carico dell'unità immobiliare il cui proprietario ha il diritto di sopraelevazione, servitù assimilabile a quella di non aedificandi, ossia di non costruire (Cass. 28/1/1983, n. 805).
A CHI SPETTA IL DIRITTO
L'art. 1127 c.c. dispone che il diritto di sopraelevazione spetta al proprietario dell'ultimo piano e al proprietario esclusivo del lastrico solare; questa norma, però, ha carattere dispositivo e non osta, quindi, a che un titolo contrattuale attribuisca il diritto di sopraelevazione a un condomino diverso da quello in essa considerato, stabilendo anche che la medesima facoltà debba esercitarsi, a pena di decadenza, entro un certo termine. In tale ultima ipotesi, decorso inutilmente il termine riprende vigore la disciplina legale dell'art. 1127 (Cass. 24/5/1968, n. 1593).
Nulla vieta, poi, che l'avente diritto alla sopraelevazione conservi la proprietà dell'appartamento o del lastrico solare per cedere a terzi il diritto di sopraelevazione, o trasferisca la proprietà dell'appartamento o del lastrico solare per conservare il diritto di sopraelevazione (Cass. 29/5/1971, n. 1633); nel secondo caso, però, per rendere la riserva del diritto opponibile ai terzi ed agli aventi causa del primo acquirente, è necessario curare la trascrizione dell'atto presso la Conservatoria dei registri immobiliari (Cass. 14/11/1997, n. 11250).
Se i proprietari del lastrico solare sono più d'uno, salvo che da un titolo risulti il contrario, il diritto di sopraelevazione spetta a ciascuno di essi sulla parte di lastrico solare sovrastante la rispettiva proprietà (App. Perugia, 18/11/1964).
Può anche accadere che sopra l'ultimo piano vi sia una soffitta appartenente a un proprietario diverso da quello dell'ultimo piano. Nel qual caso il diritto di sopraelevazione spetta al proprietario della soffitta, poiché è questa che dev'essere considerata come "ultimo piano" ai sensi dell'art. 1127 c.c (Cass. 28/11/1978, n. 5608); il proprietario dell'ultimo piano, infatti, può sopraelevare solo nel caso in cui sopra il suo appartamento vi siano manufatti di proprietà comune (come il tetto o il sottotetto non praticabile), che possono essere spostati al termine della sopraelevazione.
Chi esegue la sopraelevazione può sostituire il tetto con il lastrico solare, a condizione che non arrechi danni agli altri condomini (Cass. 17/1/1968, n. 114).
I muri che delimitano uno o più piani derivanti dalla sopraelevazione sono considerati comuni e di conseguenza alle spese di manutenzione sono tenuti a concorrere tutti condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà (Cass. 19/5/1978, n. 2475).
Il diritto di sopraelevazione è imprescrittibile, nel senso che lo si può esercitare quando meglio si ritiene, a meno che, come abbiamo visto sopra, non vi sia un titolo (per es. contratto) che preveda un termine riferito a un soggetto diverso da quelli indicati dalla legge. Quello che si prescrive è il diritto di opporsi alla sopraelevazione invocando l'alterazione dell'aspetto architettonico dell'edificio (non è invece possibile opporsi adducendo che la sopraelevazione comporta la diminuzione del valore dell'edificio, Cass. 6/12/2000, n. 15504): la relativa azione, infatti, non può essere promossa decorsi venti anni dalla sopraelevazione, poiché dopo tale termine chi ha eseguito la sopraelevazione acquista per usucapione il diritto di mantenere la costruzione così com'è (Cass. 19/10/1998, n. 10334). Se però la sopraelevazione ha compromesso le condizioni statiche dell'edificio l'azione è imprescrittibile perché la sopraelevazione è stata eseguita non, come nel caso precedente, in presenza di un limite all'esercizio del diritto, costituito dall'alterazione dell'aspetto architettonico, ma in difetto dello stesso presupposto affinché il diritto stesso potesse essere esercitato. L'azione può essere promossa sia dall'amministratore, trattandosi di atto conservativo dei diritti inerenti alle parti comuni dell'edificio (artt. 1130, n. 4, e 1131 c.c., Cass. 8/3/1986, n. 1552), sia da un qualsiasi condomino, senza che sia necessario chiamare in causa gli altri condomini (Cass. 11/11/1982, n. 5958).
Chi ha il diritto di sopraelevazione non è tenuto a chiedere preventivamente l'autorizzazione agli altri condomini (Cass. 10/2/1970, n. 338), ma è consigliabile assicurarsi il beneplacito dell'assemblea, per ridurre le probabilità di un'eventuale opposizione ai sensi dell'art. 1127, secondo e terzo comma, c.c.
I proprietari dei piani (o delle porzioni di piano) conseguenti alla sopraelevazione entrano di diritto a far parte del condominio e di conseguenza, salvo che dal titolo risulti altrimenti, acquistano la comproprietà sulle parti comuni dell'edificio, anche quelle relative ai piani preesistenti, ai sensi dell'art. 1117 c.c. (Cass. 11/5/1984, n. 2889).
Se infine, per assurdo, il proprietario dell'ultimo piano realizzasse la sopraelevazione sul lastrico solare condominiale, la relativa costruzione apparterrebbe a tutti i condomini, in proporzione ai millesimi di proprietà (Cass. 28/4/1999, n. 4266).
L'esercizio del diritto di sopraelevazione comporta l'obbligo, in capo al titolare, di corrispondere agli altri condomini un'indennità di sopraelevazione, di cui diremo in un successivo intervento.