Come detto la questione è controversa. Per non "prendere sotto gamba " il problema occorre valutate che per certa giurisprudenza .....:
perché sorga il diritto alla provvigione è necessario che l'affare sia stato concluso e che la sua conclusione sia in rapporto con l'opera svolta dal mediatore, anche se detta attività sia consistita nella semplice attività di reperimento e di indicazione dell’altro contraente o nella segnalazione dell'affare, fermo restando, tuttavia, che questa deve costituire il risultato utile della ricerca effettuata, successivamente valorizzata dalle parti.
La Suprema Corte, invero, ha avuto modo di osservare che “Ai sensi dell'art. 1754 cod. civ. si qualifica mediatore colui che mette in relazione due o più parti per la conclusione di un affare, risultando idonea al fine del riconoscimento del diritto alla provvigione anche l'esplicazione della semplice attività consistente nella ricerca ed indicazione dell'altro contraente o nella segnalazione dell'affare, non rilevando, a tale scopo, che il mediatore debba partecipare attivamente anche alle successive trattative. In altri termini, per il diritto del mediatore al compenso, non è determinante un suo intervento in tutte le fasi delle trattative sino all'accordo definitivo, essendo sufficiente che la conclusione dell'affare possa ricollegarsi all'opera da lui svolta per l'avvicinamento dei contraenti, con la conseguenza che anche la mera attività indirizzata al reperimento dell'altro contraente ovvero all'indicazione specifica dell'affare legittima il diritto alla provvigione, sempre che, però, tale attività costituisca il risultato utile della condotta posta in essere dal mediatore stesso e poi valorizzata dalle parti.“(Cass. civ., Sez. III, 20/12/2005, n.28231).