basty

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Mi pare che perdete di vista la logica di fondo.

Nei contratti liberi, l'adeguamento istat può essere del 100%: di per sè non ha quindi molto senso distinguere tra variazione relativa o variazione assoluta: se l'aggiornamenti si applicasse regolarmente ogni anno il risultato dei due metodi non differirebbe di una virgola. Si porrebbe invece il problema indicato da mari56: ma cambierebbe la tesi: è corretto aggiornare il canone a partire dalla data iniziale, se per un certo periodi si è adottata la CS e quindi congelati gli adeguamenti? questa domanda prevale sulla differenza tra i due metodi.

Altro discorso invece per i i contratti concordati e commerciali standard: qui la legge stabilisce che si possono adeguare solo applicando il 75% della variazione istat. E' qui che in passato si è dibattuto sul metodo di calcolo: usando la variazione relativa si aveva un effetto distorsivo (meglio una progressiva attenuazione della variazione, che portava ad un risultato inferiore allo spirito della legge che si limitava al 75%.. In sostanza i vecchi adeguamenti subivano negli anni successivi un "deprezzamento del 75%*75%*ecc,

Al che l'ente preposto (non so se Agenzia delle Entrate o la magistratura) stabilì che la modalità corretta di calcolo è quella della variazione assoluta: ovviamente per i contratti liberi questa precisazione ha un impatto teoricamente nullo
 

uva

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l'ente preposto (non so se Agenzia delle Entrate o la magistratura
Se ti riferisci alla sentenza Cassazione del 2004 (allego la risposta dell'Esperto ad una domanda in merito) mi pare si riferisca solo alle locazioni non abitative.

@Esadora sta parlando di un contratto abitativo concordato 3 + 2.
Il modello ministeriale non specifica quale criterio (variazione relativa o assoluta) adottare per il calcolo dell'aggiornamento Istat.
 

Allegati

  • L aumento Istat non richiesto da anni, articolo per il Sole24Ore dell Avv. Matteo Rezzonico-0.pdf
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basty

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mi pare si riferisca solo alle locazioni non abitative.
Rileggi il mio post.
La problematica relativa al calcolo rispetto alla variazione assoluta o relativa, è emersa per tutti i contratti che prevedevano un massimo col 75% della variazione istat.
E la conclusione è stata che la legge prevedendo il 75% non intendeva ipotizzare meno del 75%.
Con l'istat al 100% il problema aritmetico non si pone.

Il tema si pone quindi dove è previsto il 75%: contratti commerciali di durata 6+6 (e non maggiore), ed i contratti concordati.

Che poi il pretesto abbia riguardato un contratto non abitativo è consequenziale a quanto detto.

ps: mi pare interessante l'allegato vademecum, che non ho ancora letto nella sua interezza
 

uva

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i contratti concordati.
Per i contratti concordati è necessario attenersi all'Accordo Territoriale del Comune dove si trova l'immobile.
Sta scritto anche nel vademecum che hai allegato:
Ogni Comune ha un suo accordo e quindi per avere la situazione locale occorrerebbe esaminare i vari Accordi Territoriali.

L'Accordo di Torino recita:
Convengono che il canone di locazione, come definito dalle parti private contrattuali ai sensi del presente Accordo, venga aggiornato ogni anno in misura pari al 75% della variazione accertata dall'ISTAT dell'indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente; l'aggiornamento decorrerà a seguito di richiesta con lettera raccomandata.

In base a ciò che ho sottolineato, gli inquilini ritengono che il locatore debba applicare al canone attuale (anche se non è stato aggiornato nelle ultime X annualità) il 75% dell'indice Istat relativo all'anno precedente.

Il parere dell'avvocato di @Esadora :
il mio legale dice che la proprietà non chiedere l'istat col criterio della variazione assoluta ma solo quella relativa.
 

uva

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legge prevedendo il 75% non intendeva ipotizzare meno del 75%.
Per quanto riguarda i contratti concordati, la legge non prevede tassativamente il75% dell'indice Istat. Quello è il limite massimo.
E fa riferimento alla variazione verificatasi "nell'anno precedente".

Gli accordi territoriali possono prevedere, per i contratti per
i quali il locatore non opti per la «cedolare secca», l'aggiornamento
del canone in misura contrattata e, comunque, non superiore al 75 per
cento della variazione Istat dell'indice dei prezzi al consumo per le
famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente.

(Art. 1, c. 9 D.M. 16/01/2017)
 

basty

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Quello citato è per me un classico esempio di formulazione dell’accordo stilato da uno piuttosto furbo o sottoscritto da un altro disattento.
Il testo è potenzialmente equivoco e prudenzialmente porta ad una interpretazione ristretta.
 

uva

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regola generale
Nei contratti concordati si applicano le regole stabilite dai singoli Accordi Territoriali.

Secondo me se un locatore modifica la clausola relativa all'aggiornamento Istat del canone scrivendo che esso verrà calcolato in base alla variazione assoluta, il Sindacato non assevera il contratto.

Se non specifica nulla circa la variazione assoluta o relativa e fa un calcolo che risulta più a proprio favore, l'obiezione del conduttore è molto probabile.
Su questi argomenti il Sunia è ferrato e pure agguerrito.
 

basty

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l'aggiornamento
del canone in misura contrattata e, comunque, non superiore al 75 per
cento della variazione Istat dell'indice dei prezzi al consumo per le
famiglie di operai e impiegati verificatasi nell'anno precedente.

(Art. 1, c. 9 D.M. 16/01/2017)
Non sono nessuno per interpretare una legge. Sto solo cercando di ragionare e interpretare/capire il testo.
In questa seconda citazione io non direi che implichi necessariamente il calcolo anno su anno, quindi la “cosiddetta “ variazione relativa.
Il testo specifica quale sia la percentuale massima della variazione intervenuta nei 12 mesi; calcolarla prendendo sempre la medesima base non lo contraddice.
Poi è evidente che sunia tiri l’acqua al suo mulino. Sarebbe interessante assistere ad un confronto e motivazioni tra contendenti e giudici qualificati
 
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