per approfondire:
La disciplina del domicilio fiscale
Per la localizzazione dei soggetti coinvolti nel prelievo il legislatore tributario talvolta mutua gli istituti all’uopo coniati dal diritto civile, quali la residenza, il domicilio, la dimora, la sede dell’ente; altre volte enuclea propri moduli di collegamento spaziale.
È quest’ultimo il caso del domicilio fiscale.
I punti salienti della disciplina sono i seguenti:
a. ogni soggetto si intende domiciliato in un Comune dello Stato; quindi hanno domicilio fiscale in Italia anche i non residenti;
b. con riferimento alle persone fisiche:
i. quelle residenti in Italia hanno il domicilio fiscale nel Comune nella cui anagrafe sono iscritte;
ii. quelle non residenti hanno il domicilio fiscale nel Comune in cui hanno prodotto il reddito tassabile in Italia oppure, se il reddito è prodotto in più Comuni, in quello in cui si è prodotto il reddito più elevato;
iii. i cittadini italiani che risiedono all’estero in forza di un rapporto di servizio con la pubblica amministrazione hanno il domicilio fiscale nel Comune di ultima residenza dello Stato;
c. i soggetti diversi dalle persone fisiche hanno il domicilio fiscale nel Comune in cui si trova la loro sede legale o in mancanza la sede amministrativa; se anche questa manchi, hanno il domicilio fiscale nel Comune ove è stabilita una sede o una stabile organizzazione o, in mancanza, nel Comune in cui esercitano prevalentemente la loro attività;
d. in deroga alle disposizioni precedenti, l’amministrazione finanziaria può stabilire il domicilio fiscale del soggetto nel Comune dove questo svolge in modo continuativo la principale attività;
e. il domicilio fiscale deve essere indicato in tutti gli atti, contratti, denunzie e dichiarazioni che vengano presentati agli uffici finanziari;
f. le cause di variazione del domicilio fiscale hanno effetto dal sessantesimo giorno successivo a quello in cui si sono verificate.
L’importanza del domicilio fiscale è notevole, in quanto è esso che determina il luogo dove deve essere presentata la dichiarazione di imposta, nonché l’ufficio legittimato a gestire il rapporto impositivo; e, di riflesso, serve a individuare la commissione tributaria territorialmente competente a conoscere delle controversie.
uso promiscuo abitazione:
Al professionista il legislatore ha dato la possibilità di dedurre in parte i costi relativi all'abitazione che sia ulteriormente destinata a sede della propria attività lavorativa.
L'agevolazione è prevista sia ai fini delle imposte dirette che dell'IVA.
Per quanto riguarda le imposte sul reddito la previsione normativa è contenuta nel comma 3 dell'art. 54 del TUIR. Infatti, al professionista che sia anche proprietario dell'immobile è concesso di dedurre il 50% della rendita catastale, mentre per il soggetto che sia in locazione la deduzione riguara il 50% del canone.
Si ricorda che tali deduzioni, trattandosi di professionisti, vanno imputate per cassa, ovvero in base alla data degli effettivi pagamenti dei canoni.
Inoltre, ad ulteriore tutela della deduzione spettante, sarebbe opportuno che il contratto facesse riferimento alla facoltà da parte del conduttore di adibire l'abitazione in parte a sede della propria attività professionale.
Peraltro la deduzione spetta solo qualora il contribuente non disponga nel medesimo comune di altro immobile adibito esclusivamente all'esercizio dell'arte o della professione.
Sono deducibili anche le spese condominiali? E le utenze dell'abitazione? Ed eventuali spese per migliorie sull'immobile?
La risposta a tutte queste domande è positiva, infatti il medesimo comma 3 dell'articolo sopra citato disciplina che "nella stessa misura - ovvero sempre al 50% - sono deducibili le spese per i servizi relativi a tali immobili nonchè quelle relative all'ammodernamento, ristrutturazione e manutenzione".
Sulla deducibilità dei costi relativi a beni promiscui, da sempre si pone il dubbio (rilevante anche per le imprese individuali) se la deduzione fissata al 50% sia condizionata a un uso effettivo di uguale percentuale del bene, o se si tratti di una forfettizzazione che fissa una deduzione standardizzata, a prescindere dalla percentuale di effettivo utilizzo. La risposta data all'incontro Map conferma che il Tuir standardizza la deduzione, a prescindere dalla reale intensità dell'utilizzo del bene promiscuo. Da questo chiarimento deriva che in un appartamento di 300 metri quadrati, il professionista potrebbe usare anche solo una stanza per esercitare la propria attività e questa circostanza comunque legittimerebbe la deduzione del costo dei servizi relativi all'immobile nella misura del 50 per cento.
Per cui effettivamente il calcolo preciso dei mq non occorre più come fino a 10 anni fa, sempre ovviamente per chi avesse voluto essere estremamente preciso nella propria dichiarazione e non correre rischi di errate detrazioni.