La definizione di regolamento di condominio è data dall'articolo 1138 del codice civile che al 1° comma prevede che il regolamento di condominio detti le norme per l'uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela dell'edificio e quelle relative all'amministrazione.
Il regolamento, dunque, attraverso la previsione di un complesso di regole giuridicamente vincolanti per tutti i condomini, costituisce un vero e proprio statuto del condominio provvedendo a disciplinarne la vita e l'attività.
Si deve porre in evidenza che con la previsione di cui all'articolo 1138 c.c. il legislatore ha inteso operare una concreta distinzione rispetto alla disciplina prevista per il regolamento della comunione (art. 1106 c.c.), ciò in virtù della diversa natura della quota di partecipazione, infatti, mentre nella comunione le quote si presumono uguali (art. 1101 c.c.), nel condominio le quote sono proporzionali al rapporto che intercorre tra la proprietà del singolo condomino e l'edificio.
Nell'ambito del regolamento condominiale si può distinguere, in base alla fonte di produzione, tra regolamento contrattuale e regolamento assembleare, fattispecie che presentano elementi tipologici autonomi ai quali devono essere ricongiunte diverse conseguenze.
a) regolamento contrattuale (o esterno); è predisposto, di regola, dall'unico originario proprietario dell'edificio successivamente divenuto condominio ed espressamente richiamato nei singoli atti di acquisto (Cass. 17/10/1959, n. 2933), accanto a tale fattispecie, che è quella che nella realtà pratica si rinviene con maggiore facilità, rientra in tale categoria anche l'ipotesi di regolamento approvato dall'assemblea dei condomini all'unanimità (Tribunale Cagliari 5/9/1990).
Il motivo per cui il regolamento predisposto dall'originario unico proprietario vincola tutti i condomini è da individuarsi nella volontà negoziale delle parti contraenti, le quali sono libere di fissare i limiti che credono non solo al diritto esclusivo del condomino acquirente ma anche all'uso delle parti comuni dell'edificio, lo stesso discorso può essere ripetuto, mutatis mutandis, nel caso di regolamento approvato dall'assemblea all'unanimità.
E' possibile che il bene venga acquistato prima che della redazione del regolamento, in tal caso, l'obbligo assunto dall'acquirente non consente al costruttore di comportarsi in modo arbitrario nella redazione del regolamento, che peraltro è privo di forza vincolante anche nel caso in cui i condomini nell'atto di acquisto si siano impegnati a rispettare il futuro regolamento (Cass. 13/9/1992 n. 9591). Solo il richiamo nei singoli atti di acquisto ad un determinato regolamento già esistente consente di ritenere che questo faccia parte per relationem di ogni singolo atto.
b) regolamento assembleare (o di origine interna); è il regolamento approvato dall'assemblea secondo le maggioranze di cui all'articolo 1136 2° comma c.c., per quanto attiene quest'ultima categoria va detto che sovente tale tipo di regolamento viene anche definito regolamento condominiale questa definizione, tuttavia, non appare convincente ed indurre in confusione, poiché si deve tenere presente che anche il regolamento contrattuale è condominiale.
Trattandosi di deliberazione assembleare il regolamento approvato dalla maggioranza qualificata dei condomini, si perfeziona solo se nessuno dei condomini dissenzienti o assenti lo impugna, o se le eventuali impugnazioni non vengono rigettate dal giudice. Una volta perfezionato, il regolamento assembleare, diventa volontà collettiva e tutti i condomini sono vincolati ad osservarlo, così come possono pretenderne l'osservanza.
L'importanza della distinzione tra le due ipotesi di regolamento emerge pienamente nel caso in cui la norma regolamentare disciplini non solo l'uso delle cose comuni, o la ripartizione delle spese, ma imponga limiti all'uso o alla destinazione della proprietà esclusiva.
La differenza tra regolamento contrattuale e regolamento assembleare è nel fatto che quest'ultimo non può imporre limiti alla proprietà individuale, salvo il caso in cui non si tratti di regolamento approvato dall'assemblea all'unanimità, trattandosi, in tal caso, come già detto, di regolamento contrattuale.
Con riguardo all'ipotesi di norme limitative del diritto di proprietà si pone il problema della loro opponibilità nei confronti dei terzi acquirenti a titolo particolare della proprietà stessa, relativamente al quale assume valenza centrale la trascrizione del regolamento.
La trascrizione assolve alla funzione di portare a conoscenza dei terzi le norme che limitano il diritto di disposizione e di godimento del diritto di proprietà. Il regolamento contrattuale, per sua stessa natura, non è opponibile verso i terzi perché è un contratto e come tale vincola le sole parti stipulanti ciò implica che per rendere opponibile il regolamento ai terzi è necessaria la trascrizione nei pubblici registri immobiliari.
La Cassazione con sentenza n. 2546 del 17/3/1994, ha sostenuto che il regolamento di condominio predisposto dal costruttore contenente vincoli su tutte le unità immobiliari dell'intero fabbricato, quando sia stato da questi trascritto nei registri immobiliari è opponibile non solo a coloro che acquistano le unità immobiliari da proprietari che abbiano accettato il regolamento, ma anche a coloro, che successivamente alla trascrizione, per la prima volta acquistino piani dell'edificio o loro porzioni direttamente dal costruttore anche in mancanza di una espressa previsione, in tal senso, nei singoli atti di acquisto. Ciò perché anche se questi ultimi non hanno partecipato all'approvazione del regolamento sono terzi rispetto ai quali opera ai fini dell'opponibilità dei vincoli suddetti, quale forma di pubblicità, la trascrizione nei pubblici registri.
Resta fermo, tuttavia, che tali clausole limitative se non trascritte sono sempre opponibili ai condomini che hanno accettato il regolamento, mentre non sono opponibili non solo ai successori a titolo particolare dei condomini stessi, ma anche al terzo acquirente, purché le clausole limitative non siano state esplicitamente riportate nel relativo atto di acquisto, o se non si fornisca la prova che lo stesso terzo abbia espressamente dichiarato, anche successivamente, di essere a conoscenza di tali limiti.
Quanto detto consente di evidenziare che l'omessa trascrizione non ha alcuna influenza sul regolamento che resta valido, unica conseguenza che ne scaturisce è la impossibilità di opporre ai successivi acquirenti delle singole unità immobiliari comprese nell'edificio le eventuali clausole limitative dei diritti esclusivi (Cass. 26 gennaio 1998 n. 714).
Ma quali devono essere le caratteristiche della trascrizione'
Si deve in primo luogo evidenziare che la trascrizione non può essere generica, non basta indicare genericamente nella nota il regolamento contenente le limitazioni, ma occorre indicare le clausole di esso che incidono in senso limitativo sui diritti dei condomini di loro esclusiva proprietà, indicando il contenuto essenziale di tali clausole.
La nota di trascrizione, in sostanza, deve permettere di accertare con sicurezza a favore e a carico di chi la trascrizione debba conseguire i suoi effetti, e quale sia il mutamento giuridico che l'atto trascritto produce in relazione ai beni ai quali si riferisce.
L'articolo 2665 c.c. dispone, infatti, che l'omissione o inesattezza delle indicazioni richieste dalla legge nella nota di trascrizione nuoce alla validità della medesima, se "induca incertezza sulle persone, sul bene, o sul rapporto giuridico a cui si riferisce l'atto" che viene trascritto.
Se il regolamento contenente le limitazioni è stato predisposto dal costruttore, o dall'originario unico proprietario dell'edificio, è opportuno che le limitazioni alla proprietà individuale siano trascritte esplicitamente, assieme al regolamento di condominio in cui sono contenute.
E' sconsigliabile limitarsi a trascrivere l'atto di acquisto dal proprietario originario o dal costruttore che operi un mero richiamo al regolamento condominiale in cui sono contenute le limitazioni. Una parte della dottrina e della giurisprudenza, infatti, ritengono questo tipo di trascrizione (cd trascrizione generica delle limitazioni), non sufficiente a rendere opponibili al terzo acquirente le limitazioni, in quanto non permette al terzo la conoscenza della limitazione, a mezzo della semplice consultazione dei registri immobiliari, ma lo costringe a effettuare indagini ulteriori, concretantesi nel caso di specie nella ricerca e lettura del regolamento citato.
In questo modo verrebbe meno, secondo la tesi in esame, la stessa funzione di pubblicità della trascrizione, rendendola perciò inefficace; o, comunque, si avrebbero omissioni o inesattezze delle indicazioni nella nota di trascrizione, tali da indurre incertezza sulle persone, sul bene, o sul rapporto giuridico cui la trascrizione si riferisce, e tali da renderla inefficace, ai sensi dell'art. 2665 c.c.
Va comunque segnalato che, secondo dottrina e giurisprudenza prevalenti, il regolamento di condominio, anche quando non sia materialmente inserito nel testo del contratto di compravendita dei singoli appartamenti dell'edificio condominiale, fa corpo con esso, purché sia nell'atto espressamente richiamato ed approvato. In questo modo, infatti, le clausole del regolamento rientrano, sia pure per relationem, nel testo dei singoli contratti di compravendita, ciò grazie al riferimento che ad esse hanno fatto entrambe le parti del contratto di compravendita. Perciò, trascrivendo il singolo contratto di compravendita, si trascrive anche il regolamento che con esso fa corpo, anche se non materialmente inserito nell'atto, con la conseguenza di renderlo opponibile ai terzi.
Per quanto, invece, attiene il regolamento di tipo assembleare, come già detto precedentemente, tale tipo di regolamento non può imporre limitazioni al diritto di proprietà. Ciò reca, come conseguenza diretta, che a differenza del regolamento contrattuale il regolamento assembleare non può essere trascritto nei registri immobiliari, ma va trascritto nel registro tenuto dalla locale associazione dei proprietari di fabbricati, ciò in virtù del combinato degli artt. 1129 c.c. e 71 delle disposizioni di attuazione. Tuttavia, tale tipo di associazione è stata sciolta con il D.L.G.L.T. 23 novembre 1944 n. 369, soppressione delle associazioni sindacali fasciste e liquidazione dei relativi patrimoni. Pertanto, allo stato tale tipo di regolamento può anche non essere trascritto nel libro tenuto dall'associazione dei proprietari, senza che da ciò derivi la invalidità del regolamento nella pratica pertanto tale funzione è attualmente svolta da libere associazioni.
scusate la lunghezza.