Ennio Alessandro Rossi

Membro dello Staff
Professionista
Noto che talvolta le discussioni in questo forum ( e non solo in questo ) vengono concluse invitando colui che ha inserito l’ O.P. (Original Post ) a rivolgersi al Tribunale competente avvertendolo della lunghezza delle cause e dei conseguenti costi . La critica positiva ( e spero educata ) a chi interviene nella discussione è che spesso chi replica anche con competenza , tende a dimenticare una cosa fondamentale ossia che dal 20 settembre 2013 (DL 69/2013) è stata reintrodotta l’obbligatorietà per le materie sotto indicate di esperire preventivamente una mediazione-conciliazione da concludere entro 3 mesi (piu’ avanti MC). La norma originale ( D.Lgs 28/2010) è rimasta sospesa fino al 19 settembre 2013 per opposizione da parte dell’ ordine degli avvocati: Dal 20 settembre 2013 , vista la rimessa "in pista" della norma , non si può andare diritti in tribunale ma occorre transitare per forza dalla MC con l'ausilio obbligatorio dell'avvocato
(qui sta in fatto la novità) .

Cosa è obbligatoriamente conciliabile ?:
- controversie inerenti i diritti reali (proprieta', usufrutto, etc);
- controversie inerenti la divisione;
- controversie inerenti le successioni ereditarie;
- controversie inerenti i patti di famiglia;
- controversie inerenti la locazione e l'affitto di aziende;
- controversie inerenti il comodato;
- controversie inerenti la responsabilita' medica;
- controversie inerenti la responsabilita' da diffamazione con mezzo stampa o con altro mezzo di .pubblicità
- controversie inerenti i contratti assicurativi, bancari e finanziari;
- controversie inerenti questioni condominiali.

Cosa è la MC ? e' un procedimento attraverso il quale due parti in contrasto raggiungono un accordo "amichevole" con l'aiuto di un terzo, il mediatore appunto. La MC è gestita da organismi autorizzati e controllati dal Ministero della Giustizia; l’elenco è facilmente reperibile sul sito del Ministero. In prima battuta occorre rivolgersi a questi organismi ( ADR) per cercare di comporre “stragiudizialmente”la controversia . Puo’ essere che una parte non aderisca o la faccia fallire e per cui ci si debba rivolgersi in seconda battuta al Giudice ; ma cosi’ facendo non risolve nulla in quanto il Giudice là imporrà di nuovo " rimandando le parti alla partenza, un po’ come il gioco dell’oca"; in questo caso la conciliazione si dice Giudiziale .
Sui vari siti si trovano inoltre i costi (che bisognerà sostenere oltre la inevitabile parcella dell’avvocato ), i tempi ed i criteri della procedura conciliativa ; se la stessa viene esperita solo i costi dell’ organo di mediazione adito , sono recuperabili in tutto o in parte nella dichiarazione dei redditi.

Cosa non è conciliabile ?
- procedimenti che hanno carattere di urgenza, fino al momento in cui inizia il giudizio di merito; poi non è piu' preclusa.
-i procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione (opposizione a decreto ingiuntivo), fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione.
- i procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito (successivo all'emanazione dell'ordinanza da parte del giudice);
- i procedimenti possessori,fino alla pronuncia dei provvedimenti del giudice, ovvero prima che inizi il giudizio di merito;
- i procedimenti di opposizione all'esecuzione forzata ( fermo amministrativo, pignoramento, etc.);
- i procedimenti in camera di consiglio;
- le azioni civili esercitate nei processi penali;
- le azioni inibitorie delle clausole vessatorie e alle azioni delle associazioni di consumatori;
- le cause collettive disciplinate dall' art.140 bis del codice del consumo


EnnioR
 

virgilio

Membro Attivo
Professionista
Grazie per la spiegazione, mi scuso di quanto asserisco,spero di non sbagliarmi;"ma dopo che la M.C. fallisce se richiesta una consulenza da una delle parti al Tribunale, il Giudice può anche accettare d'incaricare il consulente CTU affinchè tenti la conciliazione e relazioni il tutto prima di procedere";Saluti
 

Ennio Alessandro Rossi

Membro dello Staff
Professionista
oggi 24 febb 2014 : Segnaliamo una sentenza di un Giudice di Pace , sentenza che apre una finestra sulla possibilità di NON procedere alla conciliazione-mediazione obbligatoria di cui sopra ha trattato il sottoscritto
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Non sussiste l'obbligo di esperire la mediazione obbligatoria per le cause dinanzi al Giudice di Pace. E' quanto afferma in un'ordinanza il Giudice di Pace di Civitanova Marche (Avv. Giuseppe Fedeli) in cui ha affronta la questione (sollevata da parte convenuta) dell'improcedibilità di cui all'art. 5, 1° co., D. Lgs. 4 marzo 2010, n. 28 per non essere stato esperito il tentativo obbligatorio di conciliazione.
Il Giudice di Pace osserva innanzitutto che la normativa sulla mediazione non appare contenere alcun richiamo al processo dinanzi al Giudice di Pace. Ma la questione si fonda sull'interpretazione dell'art. 320 c.p.c. che, come fa notare il Giudice Fedeli, prevede già un obbligo per il Giudice di esperire dinanzi a sè il tentativo di conciliazione. Insomma il Giudice di Pace è già un conciliatore ex lege.
Visto che l'art. 320 non è stato abrogato ne' modificato dal D.Lgs.n.28/10, l'applicazione dell'istituto della mediazione, per le materie del Giudice di Pace, costituirebbe una inutile duplicazione delle competenze dell' Ufficio. Inoltre, lo stesso art.322 cpc prevede che: "L'istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al Giudice di Pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, del libro primo."

Qui di seguito , per chi volesse approfondire , il testo dell'ordinanza.
UFFICIODELGIUDICE DI PACE DI CIVITANOVA MARCHE
Posto che il decreto legislativo 4 marzo 2010, n.28 (pubblicato nella G.U. n.53 del 5 marzo 2010) sulla mediazione in materia civile e commerciale regolava già il procedimento di composizione stragiudiziale delle controversie vertenti su diritti disponibili ad opera delle parti, attuando, al contempo, la direttiva dell'Unione europea n. 52 del 2008, il decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (decreto "del fare", convertito in legge 9 agosto 2013 n. 98) ha ripristinato il procedimento di mediazione quale condizione di procedibilità della domanda giudiziale nelle materie elencate dall'articolo 5, comma 1 del predetto d.lgs. 28/2010. Osserva dunque sulla questione posta della improcedibilità di cui all'art.5, comma 1, del D.Lvo 04.03.2010 n.28, come modificato dalla nuova normativa, quanto segue:

per quanto concerne l'obbligatorio preventivo esperimento del procedimento di mediazione, questo è già stato previsto la Legislatore all'art.30 L.n 374 del 21.11.1991, la ratio della norma essendo volta a deflazionare il contenzioso ed a favorire soluzioni alternative rispetto alla pronuncia giudiziale come per rito. Del resto la norma di cui al prefato art.5, comma 1 non può considerarsi avulsa dal contesto preesistente e va necessariamente applicata all'interno dell'ordinamento giuridico nel quale la stessa viene inserita e s'inserisce. Orbene, nel raffronto e rapportando quanto contemplato dall'art.5, comma 1, nel giudizio davanti al Giudice di Pace, la cui disciplina rituale contempla il disposto di cui all'art.322 cpc -che disciplina il tentativo di conciliazione in sede non contenziosa-; atteso, inoltre, che l'art.320, 1 comma cpc prevede che "nella prima udienza il giudice di pace interroga liberamente le parti e tenta la conciliazione" e, laddove la conciliazione riesca redige processo verbale a norma dell'art.185, ultimo comma cpc., va ulteriormente fatto rilevare -tra l'altro- che "nel giudizio innanzi al giudice di pace, l'omissione dell'obbligatorio tentativo di conciliazione delle parti alla prima udienza (art. 320 c.p.c.) non è espressamente sanzionata con la previsione di nullità e può produrre tale effetto soltanto qualora abbia comportato, in concreto, un pregiudizio del diritto di difesa." (Cfr. Cassazione civile sez. II, 11 maggio 2010, n. 11411). Ordunque, come è evincibile dalla richiamata pronuncia, l'istituto della conciliazione è già presente nel procedimento di rito ed è considerato, dagli Ermellini, obbligatorio; inoltre, l'art.311 cpc prevede espressamente che "il procedimento dinanzi al giudice di pace per tutto ciò che non è regolato nel presente titolo o in altre espresse disposizioni, è retto dalle norme relative al procedimento davanti al Tribunale in composizione monocratica, in quanto applicabili"; orbene, tale norma non soltanto si pone in rapporto di specialità rispetto al procedimento dinanzi al Tribunale, ma dispone in via diretta che il procedimento davanti al Giudice di Pace è regolato dalle norme del titolo secondo del libro secondo come richiamato e, per ciò che le norme ivi contemplate regolano, fa premio (salvo "lacune") rispetto a quelle sul procedimento innanzi al Tribunale in composizione monocratica (di cui al capo terzo del libro primo di detto libro). È appena il caso di osservare come, in ossequio al D.Lgs.n.28/10, la nuova normativa sulla mediazione non appare contenere alcun richiamo al processo dinanzi al Giudice di Pace. Il richiamato articolo 320 cpc contiene disposizioni espresse in ordine al(l'obbligo del) tentativo di conciliazione come sopra evidenziato. Detto art.320 cpc non appare essere stato abrogato e/o modificato dal D.Lgs.n.28/10, sicchè l'applicazione dell'istituto della mediazione per le materie del Giudice di Pace comporterebbe una inutile duplicazione di quanto già assegnato alla competenza di questo Ufficio e riuscirebbe d'ostacolo alla celerità del processo ed alla sua ragionevole durata (art. 111 Cost e art. 6 CEDU). Il richiamato art.322 cpc prevede che:.

. L'istanza per la conciliazione in sede non contenziosa è proposta anche verbalmente al giudice di pace competente per territorio secondo le disposizioni della sezione III, capo I, titolo I, del libro primo.

[II]. Il processo verbale di conciliazione in sede non contenziosa costituisce titolo esecutivo a norma dell'articolo 185, ultimo comma, se la controversia rientra nella competenza del giudice di pace.

[III]. Negli altri casi il processo verbale ha valore di scrittura privata riconosciuta in giudizio."

Ergo, il procedimento dinanzi al Giudice di Pace già prevede sia la conciliazione in sede non contenziosa in virtù dell'art.320, 1 comma cpc, che in sede non contenziosa (non prevista dinanzi al Tribunale) ai sensi dell'art.322 cpc e, detti istituti preesistono al D. Lgs n.28/10. Invero, il D.Lgs n.28/10 (al pari della successiva normativa in subiecta materia) non contiene come detto alcun richiamo al GdP né dispone espressamente l'abrogazione degli art.320 e 322 cpc. Ne deriva che nel procedimento dinanzi al GdP vanno applicate le disposizioni di cui al libro II, titolo I, dall'art.311 all'art.322 cpc.

Appare a questo giudice che una diversa interpretazione si manifesterebbe paradossale, e comunque contra legem, in evidente contrasto con il delineato quadro sistemico e finirebbe per vanificare lo scopo del legislatore diretto proprio a favorire la conciliazione delle controversie di competenza del gdp che già svolge ex lege la funzione affidata al mediatore , assorbita dalle pregresse evidenziate motivazioni: diversamente, verrebbe conculcato il diritto di cui all'art. 24 Cost.(tertium comparationis, in collegato con l'art. 111 Cost., 1° e 2° comma). Il merito di aver tracciato questo percorso va al pronunciamento della Corte costituzionale sentenza n. 314 del 17 dicembre 2013 ), i cui punti nodali sono: l'intenzione (mens) del legislatore, cui fa riferimento l'art. 12 delle Preleggi, non è, a ben riflettere, quella soggettiva della maggioranza parlamentare che redige la norma, ma è quella oggettiva ed autonoma dello Stato, staccata dalla volontà dell'organo ed inserita armonicamente in seno al più ampio ordinamento giuridico: le norme vanno, pertanto, interpretate ed applicate alla stregua dei criteri di coerenza interna all'ordinamento, di non contraddittorietà e di razionalità". Il giudice deve cioè dedurre dall'ordinamento positivo nella sua sistematicità, e in primis dalla Costituzione, tutti i principi giuridici che possono esserne tratti, compresi quelli espressi direttamente dalla Corte Costituzionale nelle sue pronunce, e applicarli ai casi concreti della vita.

E ciò perché lo Stato di diritto ha elaborato un complesso ed armonico sistema giuridico, alla cui stregua non è propriamente legittimata un'interpretazione anelastica, asetticamente avulsa dall'intero sistema, della singola norma, a differenza di quanto può avvenire nel c.d. "Stato di legge" nel quale manca la stessa nozione di ordinamento giuridico. Consegue che, nel nostro ordinamento, il giudice, ordinario o speciale che sia, non applica, di fatto, quella norma che si manifesta incompatibile col quadro generale sistematico risultante dall'ordinamento nella sua totalità ; tenendo conto il lettore che il giudice deve interpretare le leggi ordinarie applicando anche, ove occorra, direttamente la Costituzione(norme precettive, drittwirkung).Già nel 1950 la migliore Dottrina aveva riconosciuto che al giudice ordinario, per quanto egli fosse "incompetente a pronunciare l'illegittimità costituzionale di una legge", non si potesse negare la competenza ad interpretare ed applicare direttamente la Costituzione se non altro in quanto gli era consentito di rigettare "come manifestamente infondata la pregiudiziale di incostituzionalità": il giudice, nel momento stesso in cui decide di non sottoporre una disposizione di legge ordinaria al giudizio della Corte Costituzionale, viene a dare di tale disposizione una interpretazione conforme a quello che a suo giudizio è il significato della Costituzione, pur in presenza di riserva del sindacato di costituzionalità attribuita alla Corte Costituzionale. Il precipitato è che non vi è monopolio alcuno della interpretazione delle norme costituzionali a favore della Corte Costituzionale: come la Corte costituzionale non può fare a meno di interpretare le norme di legge ordinaria nel giudizio di costituzionalità, così i giudici comuni debbono poter partire dalle norme costituzionali nella interpretazione delle leggi ordinarie applicate ai casi concreti della vita, traslitterati in controversie giudiziari. Ciò, in forza del potere creativo del diritto degli organi investiti della funzione giurisdizionale a tutto vantaggio dei giudici ordinari nei confronti della Corte Costituzionale. Riconoscendo che la Costituzione ha codificato determinate scelte politiche fondamentali, imponendole a tutti i poteri dello Stato, ivi compreso quello giudiziario, autorevoli Giurisperiti individuano compiti peculiari e specifici che i giudici sono chiamati ad assolvere, in particolare l'applicazione diretta delle norme costituzionali quando ciò sia tecnicamente possibile in relazione alla res litigiosa, e l'interpretazione di tutte le leggi in conformità ai principi contenuti nella Costituzione.
Ciò stante, questo Giudicante ritiene inconferente ergo disattende l'eccepita improcedibilità.
Quanto premesso,
FISSA
Ex art. 320, 1° comma cpc l'udienza per il preliminare tentativo di conciliazione per il__________________________h___________;
In difetto di conciliazione, come sopra disposto, fissa per la medesima udienza i termini di cui all'art.320, 3° e 4° comma cpc.

Il Giudice di Pace, Avv. Giuseppe Fedeli

FONTE:STUDIO CATALDI 24 FEB 14
 

Ennio Alessandro Rossi

Membro dello Staff
Professionista
ma quali sono le materie di competenza del Giudice di Pace ?
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Scheda Pratica 3.7.2009 di dr. Rita Sabelli, dr. Domenico Murrone
Il Giudice di Pace e' l'organo giurisdizionale preposto a dirimere le controversie civili di piccola entita'. Ha specifiche competenze in materia civile, penale e amministrativa. La competenza civile e' ampia, praticamente analoga a quella del Tribunale e regolata per valore.
Quella amministrativa riguarda sanzioni e multe (comminate ai sensi della legge 689/81 e del codice della strada), quindi verbali, ordinanze/ingiunzioni e, in alcuni casi, cartelle esattoriali.
Di quella penale trattiamo a parte, in scheda diversa da questa.
COMPETENZA IN MATERIA CIVILE
Per quanto riguarda la materia civile, e' recentemente intervenuta la legge 69/2009 che ha alzato i tetti di competenza.
Dal 4/7/2009, infatti, si puo' andare dal giudice di pace per cause di valore fino a 5.000 euro (in precedenza 2.582,28), innalzati a 20.000 (in precedenza 15.493,71) se la controversia riguarda rimborsi danni da circolazione veicoli.
Tali limiti non sussistono in caso di conciliazione (vedi piu avanti ).
Il giudice di pace, poi, ha competenza esclusiva (senza limiti di valore):
- alle cause relative ad apposizione di termini ed osservanza delle distanze stabilite dalla legge, dai regolamenti o dagli usi riguardo al piantamento degli alberi e delle siepi;-- alle cause relative alla misura ed alle modalita' d'uso dei servizi di condominio di case;-- alle cause relative a rapporti tra proprietari o detentori di immobili adibiti a civile abitazione in materia di immissioni di fumo o di calore, esalazioni, rumori, scuotimenti e simili propagazioni che superino la normale tollerabilita'.--- alle cause relative agli interessi o accessori da ritardato pagamento di prestazioni previdenziali o assistenziali.

CONTENZIOSO O CONCILIAZIONE?
Davanti al giudice di pace si possono attivare due tipi di procedure.

Nel contenzioso si apre una vera e propria causa a cui le parti devono presentarsi obbligatoriamente. Alla prima udienza il giudice interroga le parti e tenta una conciliazione, ovvero cerca di far giungere le stesse ad un "accordo".
Se questo non viene raggiunto le parti devono precisare i fatti, le difese, le eccezioni, con presentazione delle eventuali documentazioni e prove. In casi particolari, a decisione del giudice, puo' essere fissata una seconda udienza.
Quando il giudice decide che il procedimento e' giunto al termine, invita le parti a precisare le conclusioni. Alla fine il giudice decide ed emette sentenza.
Le parti sono obbligate a sottostare alla stessa e possono, volendo, presentare appello in Tribunale entro 30 giorni.
Essendo una causa, il rischio di perderla c'e' sempre, quindi occorre essere prudenti e occorre valutare con l'ottica del proprio avvocato del diavolo. Infatti, la sentenza non solo potrebbe essere avversa, ma potrebbe potenzialmente aggravare il danno nel caso preveda l'addebito delle spese legali della controparte.
Se il valore della controversia non supera i 516,46 euro e si pensa di avere le necessarie competenze tecniche per gestire la causa si puo' procedere senza avvocato; se si supera tale importo sara' il giudice a valutare caso per caso se autorizzare la parte a stare in giudizio da sola.
Per cause di valore fino 1.100 euro, se le parti interessate ne fanno richiesta, il Giudice di Pace decide secondo equita'/congruita', cioe' senza attenersi strettamente le norme di diritto e seguendo, in parte, criteri soggettivi.
In questo particolare caso la sentenza e' appellabile solo per violazione delle norme sul procedimento o di norme costituzionali o comunitarie.

In conciliazione, invece, il giudice ha un ruolo di paciere. L'unico rischio della conciliazione e' che si perda tempo. Infatti, la controparte non e' obbligata a presentarsi e un accordo potrebbe non essere trovato. In questi casi si ha un nulla di fatto e al soggetto che ha provveduto ad attivare la procedura (attore) non gli resta che ricorrere in contenzioso. Nel caso l'accordo venisse trovato viene redatto e sottoscritto un verbale di conciliazione.
Se la materia trattata e' di competenza del giudice di pace, il verbale di conciliazione, sia che viene firmato durante una causa od a seguito del tentativo conciliativo "stra-giudiziale", e' titolo esecutivo vincolante per ambedue le parti, come una sentenza. In caso contrario esso ha comunque la validita' di una scrittura privata riconosciuta in giudizio.
Nella conciliazione i rischi sono limitati (non possono essere addebitate le spese legali della controparte, salvo che cio' non rientri nell'accordo) e non e' necessario essere assistiti da un legale.
La conciliazione NON e' obbligatoria ma consigliata, soprattutto per questioni "semplici" di lieve entita'.
Alla conciliazione che si conclude senza successo puo' ovviamente esser fatta seguire la causa.

COME AGIRE
In ambedue i casi -contenzioso e conciliazione- va presentata un'istanza all'ufficio del giudice di pace competente per territorio, utilizzando i moduli che spesso lo stesso ufficio (cancelleria) fornisce.
Di solito, quando ad agire e' un consumatore, e' competente il giudice della zona di residenza dello stesso. In casi particolari, come tipicamente i ricorsi avverso le multe, e' competente il giudice del luogo ove e' avvenuta l'infrazione.
Indirizzi e recapiti possono essere trovati sull'elenco telefonico alla voce "uffici giudiziari" o sul sito internet del Ministero della Giustizia (vedi link utili).
A parte particolari eccezioni (sempre i ricorsi avverso le sanzioni amministrative, multe, etc.) il ricorso va presentato di persona recandosi presso l'ufficio. Se non si risiede nel Comune ove ha sede l'ufficio si deve eleggere un domicilio "temporaneo" presso un legale o un conoscente di fiducia oppure direttamente presso la cancelleria del giudice, avendo poi cura di verificare le varie comunicazioni che vi giungeranno (come la fissazione dell'udienza, etc.).

Nota importante
In generale prima di presentare istanza davanti al giudice di pace e' utile richiedere un determinato adempimento/comportamento tramite un'intimazione ufficiale, inviando una raccomandata a/r di messa in mora o diffida alla controparte (vedi istruzioni tra i link utili).
La prova di aver inviato una diffida alla controparte, evidentemente inascoltata, e magari di aver anche tentato una conciliazione, puo' pesare a favore della parte piu' diligente ed attiva nell'eventuale causa. In tal modo, infatti, si dimostra al giudice che la controparte -per esempio- si e' rifiutata di risolvere la questione in modo "amichevole" o ha proposto soluzioni inadeguate.

IL GdP ha COMPETENZA anche IN MATERIA AMMINISTRATIVA (sanzioni, multe) omissis ...(multe , cartelle esattoriali etc.)


FONTI NORMATIVE:
- Legge 374/1991 "Istituzione del giudice di pace" , modificata dalla legge 673/1994, d.lgs.51/98, legge 84/1999, legge 468/1999, legge 479/1999, legge 4/2001, legge 259/2002, legge 1/2003, legge 271/2004, legge 311/2004, legge 168/2005 e vari regolamenti di esecuzione (dpr 404/1992, legge 477/1992, etc.).
- Codice di procedura civile art. 7 (competenze), art.8 comma 1 (competenze), art. 40 (connessione), art. 82 (patrocinio), art. 113 comma 2 (giudizio secondo equita'), art.dal 311 al 322 ("Del procedimento davanti al giudice di pace"), art. 325 comma 1 (termine per impugnazioni), art.339 (appellabilita' delle sentenze), art.341 (giudice dell'appello).
 

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