ralf

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"Innovativa" sentenza : l'avvocato che non raggiunge il risultato promesso non ha diritto al compenso.
Cassazione Civile sez.II 11.01.2010 .

Nella sentenza 11 gennaio 2010, n. 230 la Corte di Cassazione afferma un principio destinato a rappresentare un interessante spunto in tema di qualificazione giuridica dell’obbligazione che il professionista, e segnatamente l’avvocato, assume nei confronti del proprio cliente.

Nella fattispecie in esame, oggetto del mandato professionale è espressamente l’impegno, assunto dall’avvocato, di far ottenere al cliente un determinato risultato utile in cambio di un determinato compenso dovuto, pertanto, in ragione dell’effettivo raggiungimento del risultato stesso.

L’ipotesi negoziale di riferimento, che si verifica spesso nella pratica, diverge dallo schema tipico del mandato professionale, in cui il cliente affida all’avvocato il compito di svolgere l’attività prodromica al raggiungimento del risultato auspicato, obbligandosi a corrispondere al professionista i compensi per l’attività svolta ed indipendentemente dal risultato.

A ben vedere, l’ipotesi in esame non è assimilabile neppure al c.d. patto quota lite[1], ossia l’accordo con cui professionista e cliente rivolto commisurano i compensi dovuti all’utilità patrimoniale derivata al cliente per effetto dell’attività svolta dall’avvocato.

Anche in una simile evenienza, l’obbligazione assunta dal professionista è pur sempre quella di compiere tutta l’attività necessaria in vista del conseguimento del risultato utile auspicato al cliente, mentre la “deviazione” rispetto allo schema tipico opera limitatamente al quantum del compenso esigibile, suscettibile di essere, al limite, azzerato in caso di mancato conseguimento di qualsiasi risultato economicamente apprezzabile.

Nel caso in esame, invece, la peculiarità consiste nel fatto che l’oggetto dell’obbligazione del professionista è proprio quello di raggiungere il risultato. Qui, in altri termini, l’avvocato si impegna specificamente a far conseguire al cliente il risultato voluto, sicché il diritto al compenso, inteso in termini di controprestazione a carico del cliente, è causalmente collegato alla realizzazione di tale risultato e sorge se, e solo se, il risultato stesso sia effettivamente raggiunto.

Le parti, nel libero esercizio della loro autonomia contrattuale[2], così, costruiscono e pongono a carico del professionista una obbligazione non più “di mezzi” ma “di risultato”[3], con tutte le conseguenze che ne derivano sotto il profilo dinamico e della patologia del rapporto.

Il mancato raggiungimento del risultato si risolve in un’ipotesi di “non adempimento” dell’obbligazione assunta, con il corollario della perdita del diritto al compenso.

Certo, la mancata realizzazione del risultato può dipendere da fattori estranei alla sfera di controllo e dalla volontà del professionista-debitore, ma una simile circostanza potrà rilevare soltanto ai fini dell’eventuale esclusione di una responsabilità risarcitoria dell’avvocato[4], qualificando in termini di non imputabilità il mancato adempimento, ma non varrà a far, in qualche modo, surrettiziamente rivivere il diritto a conseguire il compenso.

La Corte di Cassazione, nella sentenza in oggetto, riconosce piena legittimità giuridica ad un simile schema negoziale, stabilendo che se il rapporto professionale che lega l'avvocato al cliente comporta, di norma, una obbligazione di mezzi e non di risultato, con la conseguenza che la prestazione vada retribuita a prescindere dall’esito conseguito, nulla vieta tuttavia che il mandato possa avere specificatamente ad oggetto il conseguimento di un determinato risultato, con la conseguenza che, in questo caso, il compenso pattuito è dovuto solo in caso di effettivo raggiungimento del risultato promesso.

(Altalex, 11 febbraio 2010. Nota di Raffaele Plenteda)
 

Mhuktidata

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Mah, in realtà non mi pare che ci sia nulla di innovativo, e pure il titolo mi pare un po' fuorviante nonostante il prosieguo della nota a sentenza spieghi correttamente come stanno le cose.

Semplicemente si dice che, in un particolare caso specifico, invece che contrarre un'obbligazione di mezzi l'avvocato ha contratto un'obbligazione di risultato (nel senso: o ti faccio vincere una causa, o non mi paghi). Il che non cambia nulla nei rapporti quotidiani fra cliente ed avvocato, se non riconoscere la legittimità di una simile pattuizione, della cui invalidità comunque, anche prima di questa sentenza, pochi avrebbero dubitato.
 

ralf

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Grazie Mhuktidata della precisazione. La notizia a suo tempo è stata però presentata in questi termini su tutti i media e così la ho riportata.:D:D Buona domenica.
 

Gatta

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D'accordo Supporter.
Bene hai fatto a pubblicare la sentenza che,per i non addetti ai lavori,è certamente interessante.
Fermo restando che andrebbe commentata o,meglio,chiarita per gli utenti.Vedrò,se il tempo me lo consente,di farlo.
A presto.
Gatta.
 

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