Ai sensi dell’art. 1102, 1° co., c.c., ciascun partecipante alla comunione può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto.
La citata norma regola l’uso della cosa comune ad opera dei partecipanti alla comunione e, con riguardo al condominio negli edifici, deve ritenersi operante in virtù del rinvio alla disciplina sulla comunione in generale operato dall’art. 1139 c.c. per tutto quanto non espressamente previsto dagli artt. 1117 e ss. c.c. Da essa discendono due ordini di limiti all’uso delle parti comuni dell’edificio condominiale, dovendo i singoli condòmini, da un lato, astenersi dal compiere atti di utilizzazione incompatibili con la normale destinazione della cosa e, dall’altro, comportarsi in maniera tale da non rendere agli altri condòmini impossibile o ingiustificatamente più gravoso l’uso di quella stessa cosa: così, ad esempio, deve considerarsi illegittima la permanente utilizzazione di un giardino comune come parcheggio, e parimenti illegittima è stata ritenuta la collocazione, da parte di un condòmino, sul muro perimetrale comune, di bacheche illuminate per l’esposizione di quadri in vendita, perché tale da impedire agli altri condòmini ogni eventuale uso che in avvenire essi avrebbero voluto fare di quel medesimo muro, per collocarvi targhe commerciali o professionali (Cass. 11-12-1992, n. 13107).
Per altri approfondimenti puoi leggere quì:
La Community AziendaCondominio • Leggi argomento - Uso dei beni comuni in condominio