uva

Membro Storico
Proprietario Casa
L'art. 5 della legge 392/1978 recita:
" Salvo quanto previsto dall'articolo 55, il mancato pagamento del
canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il
mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando
l'importo non pagato superi quello di due mensilita' del canone,
costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del
codice civile."

Per cui, a mio parere, bisogna tenere conto anche dell'art. 55 della stessa legge:

"La morosita' del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri
di cui all'articolo 5 puo' essere sanata in sede giudiziale
per non
piu' di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla
prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per
gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli
interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal
giudice.
Ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a
comprovate condizioni di difficolta' del conduttore, puo' assegnare
un termine non superiore a giorni novanta.
In tal caso rinvia l'udienza a non oltre dieci giorni dalla
scadenza del termine assegnato.
La morosita' puo' essere sanata, per non piu' di quattro volte
complessivamente nel corso di un quadriennio, ed il termine di cui al
secondo comma e' di centoventi giorni, se l'inadempienza, protrattasi
per non oltre due mesi, e' conseguente alle precarie condizioni
economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto
e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi, comprovate
condizioni di difficolta'.
Il pagamento, nei termini di cui ai commi precedenti, esclude la
risoluzione del contratto".

Per cui il proprietario che applica la clausola di risoluzione espressa a causa morosità (e risolve il contratto facendo anche la pratica all'Agenzia delle Entrate) ma inizia la pratica legale di sfratto per liberare l'immobile, cosa deve fare se il conduttore sana la morosità? Considerato che il pagamento esclude la risoluzione del contratto, come chiaramente indicato dall'art. 55 legge 392/1978.
 
O

Ollj

Ospite
@lupoki
@uva
Promesse da marinaio quelle del sottoscritto...... riusciro' a rispondervi prima di pranzo. Anticipo solo che la soluzione di uno sara' diametralmente opposta per l'altro.
Cordialita'
 
O

Ollj

Ospite
@lupoki
Il locatore che intenda avvalersi della clausola risolutiva espressa per determinare la cessazione del contratto di locazione, dovrà:
- intimare alla controparte, mettendola in mora, d'adempiere all' obbligo di corrispondere il canone contrattuale, concedendo a tal fine un termine perentorio.
- avvisare la controparte che, decorso inutilmente il termine concesso, sulla base di quanto disposto volontariamente dalle parti nella clausola risolutiva espressa, il contratto di locazione dovrà intendersi risolto per colpa da ascriversi al conduttore;
- il contratto si intenderà risolto allo scadere del termine concesso;
- presso Agenzia delle Entrate andrà registrata la risoluzione medesima.

Tutto ciò per quanto attiene alla fiscalità e sulla base della giurisprudenza su menzionata; ci si attenderebbe quindi che analoga soluzione sia prospettabile anche per il rilascio dell'immobile: dati infatti determinati presupposti, ci si attenderebbe conseguenti e logiche conclusioni; invece.....

E qui veniamo @uva; circa la possibilità di "sanatoria" in sede giudiziale Lei ha ben ha colto!
La giurisprudenza maggioritaria della Corte di Cassazione si è orientata nel senso di non tener minimamente in conto quanto su indicato in ambito fiscale; il presupposto giuridico su cui si fonda tal "costruzione" giurisprudenziale è dato dal principio secondo cui, ex art. 55 legge equo canone, siano definite disposizioni con valenza di ordine pubblico inderogabili dai privati in sede contrattuale (Cassazione sentenza n.6995 del 1986), con la conseguenza che la sanatoria ex art. 55 equo canone sia da ammettersi pur in presenza di clausola risolutiva espressa.
Tal principio è stato poi ribadito:
- dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.3 del 21 gennaio 1999, che ha ritenuto proponibile la "sanatoria" anche al di fuori del perimetro normativo per cui fu prevista dall'art.55 (procedura di sfratto per morosità - rito speciale di cui all'art.658 cpc) e ritenendo estendibile lo stesso anche all'eventualità in cui il locatore, contestando l'inadempimento del conduttore ex art 1453 3° comma CC, intendesse utilizzare il rito ordinario per la risoluzione del contratto (contraddicendo in tal senso Cassazione che sino ad allora non riteneva applicabile la sanatoria in tal evenienza).
- dalla stessa Cassazione che, a partire dalla sentenza n.2087 del 2000 e preso atto della posizione assunta dai giudici della legittimità, si uniformò a tal indirizzo sancendo come la sanatoria possa sussistere ogniqualvolta il locatore chieda pronuncia della risoluzione del contratto per omesso pagamento da parte del conduttore, quindi anche se nel rito ordinario di cui sopra.

Conseguentemente: anche chi fosse munito di clausola risolutiva espressa potrà essere sottoposto alla spada di Damocle della sanatoria ex art.55 legge equo canone; il contratto in precedenza risolto a tutti gli effetti, avrà nuova vita e il locatore dovrà riversare le imposte per i canoni percepiti a far data dall'ordinanza del giudice e per la durata del contratto (un girone dantesco.... quando poi il conduttore ricominciasse a non pagare! Ergo altra messa in mora, altra risoluzione, altro procedimento per morosità.... ecc.)

Un consiglio @lupoki (utilizzato con successo dal sottoscritto):
svolgere tutta la procedura su descritta e al contempo presentare formale interpello ad Agenzia delle Entrate, citando giurisprudenza e prassi a proprio favore e dichiarando di attenersi alla medesima in caso di silenzio/accoglimento; in tal modo sarà sicuro di non aver sorprese future; unico neo: esporsi formalmente con Agenzia delle Entrate e, nel caso di risposta negativa (potrebbe anche accadere), impossibilità di procedere come su descritto e obbligo a versare le imposte; l’altra strada non fare interpello, ritenersi nel giusto e sperare che Agenzia delle Entrate non intenda mai contestare il tutto (salvo ricorso in commissione tributaria)

Mi scuso per essermi troppo dilungato.
Saluti.
 

lupoki

Membro Attivo
Professionista
Per giusta cronaca, questa mattina (prima di vedere le risposte) ho chiesto all'Agenzia delle Entrate. Mi è stato detto quanto descritto da Ollj, cioè di fare una raccomandata all'inquilino con scadenza ecc. ecc. Mi hanno sollevato però un problema in merito al protrarsi della presenza dell'inquilino oltre la comunicazione di risoluzione del contratto... cosa temo probabile... qualche suggerimento per tutelare la proprietà.
 
O

Ollj

Ospite
Quanto le avevo su già indicato: a prescindere dall'aspetto fiscale che risolverà come definito, per rientrare nel possesso dell'immobile non rimarrà che la strada dello sfratto; l'inquilino non andandosene per sua spontanea volontà dovrà essere constretto con provvedimento del Giudice; diversamente rimmarrà lì sine die.... e la proprietà non avrà tutela alcuna.
 

uva

Membro Storico
Proprietario Casa
Ringrazio Ollj per la risposta esauriente e ne deduco, come già pensavo, che quanto previsto dall'art. 55 l. 392/1978 (possibilità per il conduttore di evitare la risoluzione del contratto sanando la morosità) non si può evitare in alcun modo, nemmeno avvalendosi della clausola risolutiva espressa prevista nel contratto di locazione.
 

Elisabetta48

Membro Senior
Proprietario Casa
Ho letto tutto con attenzione e ringrazio Ollj per la precisione e la chiarezza. Ma... cosa dire alla fine se non "Ma siamo un Paese normale?"
Domanda retorica. Non sprecate tempo a rispondermi.
 

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