grazie avvokà!!!![DOUBLEPOST=1382703529,1382703301][/DOUBLEPOST]
ciao, non esiste "redarre" ma esiste il passato prossimo "io ho redatto" .... quindi autoredatto va bene.
....asana non dire corbellerie....passato prossimo dell'infinito...ok....passato presente...redarre...o anche redigere....
 
passato prossimo dell'infinito
Il passato prossimo è un tempo verbale. L'infinito è un altro tempo verbale. Non esiste il passato prossimo dell'infinito.
passato presente...redarre...o anche redigere.
Redigere è l'infinito. Redarre e il passato presente non esistono.
N.B.: i puntini di reticenza, quando servono, sono tre e solo tre. Non uno di più, non uno di meno.
 
Il passato prossimo è un tempo verbale. L'infinito è un altro tempo verbale. Non esiste il passato prossimo dell'infinito.
Redigere è l'infinito. Redarre e il passato presente non esistono.
N.B.: i puntini di reticenza, quando servono, sono tre e solo tre. Non uno di più, non uno di meno.
..ma che sti a dì???...il passato presente dell'infinito...esiste...a somaroni!!!!
 
È il passato presente dell' infinito che ci da molto da pensare. Orsù! Un siparietto divertente ogni tanto ci sta bene! Ma come sarà, immaginiamolo, il passato presente infinito?
 
Ragazzi? A scuola e che nessuno fiati:mad:
I verbi italiani si classificano in tre classi in base alle desinenze infinitive: -are, -ere e -ire. Nel parlato è possibile operare una ulteriore distinzione, vale a dire quella tra due tipi di infiniti in -ere: quelli che hanno l’accento sulla desinenza (temére) e quelli in cui l’accento cade sulla sillaba precedente (crédere). Si aggiunge poi il tipo in -rre (porre, dal lat. ponĕre; dedurre dal lat. deducĕre) che deriva dall’infinito latino in -ĕre per via della caduta, in epoca postclassica, della sillaba non accentata.

L’infinito italiano conserva solo in parte la morfologia e la distribuzione dell’infinito latino. Tra le forme infinitive latine, l’infinito presente attivo (per es., amare) ha una continuazione diretta nell’italiano moderno. L’infinito passato passivo subisce un cambiamento del riferimento temporale (amatum esse «essere stato amato»), mentre l’infinito perfettivo (amavisse) scompare e l’infinito presente passivo (amari) è sostituito, in italiano, dalla forma perifrastica (essere amato) oppure, a seconda dei contesti, da quella pronominale (amarsi). L’infinito futuro latino, formato dal verbo esse e il participio futuro, sopravvive solo in poche forme lessicalizzate: si tratta di neologismi entrati nella lingua scritta italiana già dal I secolo (duraturo, perituro, venturo). Le prime attestazioni provengono da volgarizzamenti, vale a dire il genere più tendente all’uso latineggiante.
 

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