Per cui come correttamente risposto dagli altri , la clausola in se' ha valore, salvo venga derogata cosa che sarebbe stata indicata nel quesito;
diversamente cosa ci sta a fare questo primo comma ?.
Se la domanda fosse stata: Visto che la clausola di cui al 1.mo comma ha valore verificandosi gravi motivi (tutti da provare; non è che uno li tira fuori cosi' a caso ) posso recedere? Evidentemente la risposta sarebbe stata diversa e indirizzata al secondo comma art.4 he tu citi andando fuori tema. Se uno chiede melo tu rispondi pero?
Lascio passare sulle offese che mi sono state rivolte, e sulle quali comunque i lettori, cui di certo non difettano di intelligenza, potranno farsi la loro opinione.
Ti faccio comunque osservare che, purtroppo, non sto dicendo inesattezze, come credo di non averle dette in precedenza (fammi presente quando lo avrei fatto).
Infatti il nostro amico ci dice che è stata pattuita una clausola con cui si impegna a non lasciare l'appartamento prima di due anni. È un impegno che non può essere assunto dal conduttore (in ogni caso, dal momento che non si distinguono i gravi da i non gravi motivi): ciò stante la disposizione inderogabile dell'art. 4 della legge sull'equo canone, stante la quale, in caso di gravi motivi, è sempre fatta salva la facoltà di recedere del conduttore, nullo ogni patto contrario. Per quanto riguarda i motivi non gravi, non c'è invece bisogno di alcuna pattuizione espressa, già discendendo l'obbligo a non recedere naturalmente dal contratto, salvo che non sia stato esplicitamente e espressamente pattuito diversamente (questo è il senso del 1° comma dell'art. 4 che tu citi).
L'unica interpretazione che potrebbe condurre a "salvare" la clausola in esame sarebbe quella di dire, a contrariis, che dopo due anni è facoltà del conduttore di recedere. Ma è un'interpretazione estremamente dubbia e che gli sarà difficile, se non impossibile, sostenere in giudizio. Quella clausola, infatti, non gli attribuisce nessuna facoltà di recesso esplicita, come previsto dal primo comma dell'art. 4, ma si limita soltanto a ribadire un impegno che è già previsto dal contratto. Cosa che può essere argomentata anche dal fatto che non vi si fa riferimento nemmeno ai modi in cui il recesso andrebbe comunicato.
Diverso sarebbe stato se ci fosse stato scritto: dopo due anni è facoltà del conduttore di recedere, anche se non ricorrano gravi motivi, ai sensi della L. 392 del 1978 e s.m.i. Allora sì che una facoltà espressa di recesso sarebbe stata attribuita, e la clausola avrebbe avuto un senso.
Per le ragioni appena esposte, ribadisco quindi che la clausola a quo è da una parte pleonastica, da una parte inutile. Ergo, a mio modestissimo avviso, non ha nessun valore.