casanostra

Membro Assiduo
Proprietario Casa
Qual'è la corretta forma da inserire in un contratto per far valere la clausola risolutiva espressa in mancanza del pagamento anche di una sola rata del canone?
Mi sembra di aver capito che in presenza di essa sul contratto di locazione, per attivarla bisogna darne comunicazione al conduttore e che comunque la non tempestività della comunicazione dell'attivazione non presuma l'inefficacia di essa.
Cosa succede, però, se dopo aver comunicato l'intenzione di avvalersi della clausola risolutiva e aver risolto il contratto unilateralmente da una certa data il conduttore salda la morosità e ricomincia a pagare?
 

casanostra

Membro Assiduo
Proprietario Casa
Va bene questa definizione?
7. Le parti, ai sensi degli artt. 5 e 55, l. 392/78 pattuiscono che il mancato pagamento anche di una sola rata mensile del canone e delle spese condominiali, oltre cinque giorni dalla data stabilita nel precedente articolo 5), così come il mutamento d’uso della cosa locata (art. 10), costituiscono inadempimento contrattuale, con conseguente risoluzione automatica del contratto di locazione, come clausola risolutiva espressa (art. 1456 c.c.).
 

key

Membro Assiduo
Professionista
Mi pare che l'ammontare deve essere pari a 2 rate dei canoni.
Ora dato che Si paga anticipato,se Si fissa Il 5 del mese,gia'il 6 del mese successivo sono gia'2 canoni morosi.
O l'ammontare di 2 canoni di oneri condominiali per patto espresso a carico del conduttore.
Non so quanto sia efficace Una risoluzione ipso iure automatica.
Io so che la risoluzione appunto e'espressa.
Quindi Va comunicata.
Vale anche per Il mancato paganento dell'assicurazione sul locale se richiamata nel contratto.
La 1456 c.c.va richiamata negli art.del contratto pregiudizievoli per la conduzione dello stesso.
Certo non per l'istat.
Una volta chiuso Il contratto con RLI r 67 E.
Fine.
Se paga poi,paga l'indennita'di occupazione.
Il contratto e'chiuso.
Per evitare malintesi meglio Una comunicazione al conduttore per la 1456con termine 15 giorni per adempiere.
Poi via pec e'un attimo.....
Comunque chiediamo a tutti se Una clausola di automaticita Della 1456c.c e'nella prassi giurisprudenziale avallata.
In fondo e'presente in tanti contratti
 

uva

Membro Storico
Proprietario Casa
Qual'è la corretta forma da inserire in un contratto per far valere la clausola risolutiva espressa in mancanza del pagamento anche di una sola rata del canone?
Potrebbe essere la seguente:
"Il mancato puntuale pagamento per qualunque causa anche di una sola mensilità del canone nonché il mancato puntuale pagamento degli oneri accessori e di quant'altro dovuto quando l'importo non pagato superi quello di una mensilità del canone, costituirà immediatamente in mora il conduttore al fine del decorso degli interessi di legge; nonché motivo di risoluzione del contratto.
Le parti convengono che l'inadempimento delle obbligazioni contenute nel presente contratto di locazione, ed in particolare il mancato pagamento del canone e/o degli oneri accessori come suddetto, comporta la risoluzione di diritto del contratto stesso secondo quanto previsto dagli artt. n. 1454 e n. 1456 Cod. Civ."
 

Nemesis

Membro Storico
Proprietario Casa
"Il mancato puntuale pagamento per qualunque causa anche di una sola mensilità del canone nonché il mancato puntuale pagamento degli oneri accessori e di quant'altro dovuto quando l'importo non pagato superi quello di una mensilità del canone
Insomma, quel benedetto art. 5 della legge n. 392/1978 non lo leggete?
Oltre all'ultimo comma dell'art. 55.
 

uva

Membro Storico
Proprietario Casa
@Nemesis :
Per maggiore chiarezza copio e incollo la discussione relativa agli artt 5 e 55 l. 392/1978.

Io avevo scritto:

L'art. 5 della legge 392/1978 recita:
" Salvo quanto previsto dall'articolo 55, il mancato pagamento del
canone decorsi venti giorni dalla scadenza prevista, ovvero il
mancato pagamento, nel termine previsto, degli oneri accessori quando
l'importo non pagato superi quello di due mensilita' del canone,
costituisce motivo di risoluzione, ai sensi dell'articolo 1455 del
codice civile."

Per cui, a mio parere, bisogna tenere conto anche dell'art. 55 della stessa legge:

"La morosita' del conduttore nel pagamento dei canoni o degli oneri
di cui all'articolo 5 puo' essere sanata in sede giudiziale per non
piu' di tre volte nel corso di un quadriennio se il conduttore alla
prima udienza versa l'importo dovuto per tutti i canoni scaduti e per
gli oneri accessori maturati sino a tale data, maggiorato degli
interessi legali e delle spese processuali liquidate in tale sede dal
giudice.
Ove il pagamento non avvenga in udienza, il giudice, dinanzi a
comprovate condizioni di difficolta' del conduttore, puo' assegnare
un termine non superiore a giorni novanta.
In tal caso rinvia l'udienza a non oltre dieci giorni dalla
scadenza del termine assegnato.
La morosita' puo' essere sanata, per non piu' di quattro volte
complessivamente nel corso di un quadriennio, ed il termine di cui al
secondo comma e' di centoventi giorni, se l'inadempienza, protrattasi
per non oltre due mesi, e' conseguente alle precarie condizioni
economiche del conduttore, insorte dopo la stipulazione del contratto
e dipendenti da disoccupazione, malattie o gravi, comprovate
condizioni di difficolta'.
Il pagamento, nei termini di cui ai commi precedenti, esclude la
risoluzione del contratto".
Per cui il proprietario che applica la clausola di risoluzione espressa a causa morosità (e risolve il contratto facendo anche la pratica all'Agenzia delle Entrate) ma inizia la pratica legale di sfratto per liberare l'immobile, cosa deve fare se il conduttore sana la morosità? Considerato che il pagamento esclude la risoluzione del contratto, come chiaramente indicato dall'art. 55 legge 392/1978.


E @Ollj mi aveva risposto:

E qui veniamo @uva; circa la possibilità di "sanatoria" in sede giudiziale Lei ha ben ha colto!
La giurisprudenza maggioritaria della Corte di Cassazione si è orientata nel senso di non tener minimamente in conto quanto su indicato in ambito fiscale; il presupposto giuridico su cui si fonda tal "costruzione" giurisprudenziale è dato dal principio secondo cui, ex art. 55 legge equo canone, siano definite disposizioni con valenza di ordine pubblico inderogabili dai privati in sede contrattuale (Cassazione sentenza n.6995 del 1986), con la conseguenza che la sanatoria ex art. 55 equo canone sia da ammettersi pur in presenza di clausola risolutiva espressa.
Tal principio è stato poi ribadito:
- dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.3 del 21 gennaio 1999, che ha ritenuto proponibile la "sanatoria" anche al di fuori del perimetro normativo per cui fu prevista dall'art.55 (procedura di sfratto per morosità - rito speciale di cui all'art.658 cpc) e ritenendo estendibile lo stesso anche all'eventualità in cui il locatore, contestando l'inadempimento del conduttore ex art 1453 3° comma CC, intendesse utilizzare il rito ordinario per la risoluzione del contratto (contraddicendo in tal senso Cassazione che sino ad allora non riteneva applicabile la sanatoria in tal evenienza).
- dalla stessa Cassazione che, a partire dalla sentenza n.2087 del 2000 e preso atto della posizione assunta dai giudici della legittimità, si uniformò a tal indirizzo sancendo come la sanatoria possa sussistere ogniqualvolta il locatore chieda pronuncia della risoluzione del contratto per omesso pagamento da parte del conduttore, quindi anche se nel rito ordinario di cui sopra.

Conseguentemente: anche chi fosse munito di clausola risolutiva espressa potrà essere sottoposto alla spada di Damocle della sanatoria ex art.55 legge equo canone; il contratto in precedenza risolto a tutti gli effetti, avrà nuova vita e il locatore dovrà riversare le imposte per i canoni percepiti a far data dall'ordinanza del giudice e per la durata del contratto (un girone dantesco.... quando poi il conduttore ricominciasse a non pagare! Ergo altra messa in mora, altra risoluzione, altro procedimento per morosità.... ecc.)
 

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