fermo restando che il DPR 380/2001, art. 10 comma 2 da discrezionalità alle regioni, ma non ne stabilisce i criteri/orientamenti qualora il cambio d’uso avvenga tra categorie catastali omogenee o non omogenee.
la sentenza del T.A.R. Lazio di Roma è del 24 maggio 2011 ed è sentenza di 1° Grado di giudizio.
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Con una SENTENZA del 2018 il Consiglio di Stato chiarisce che anche senza lavori di edilizia, è necessario il Permesso di Costruire.
Da questa complessa e articolata normativa, anche in riferimento al caso di specie, secondo anche la Cassazione, può dedursi che:
“il legislatore, dopo le prime incertezze, ha inteso sistemare razionalmente i casi di mutamento di destinazione che possano incidere sensibilmente sull’assetto del territorio, sottoponendone in generale la realizzazione al regime autorizzatorio o a quello semplificato della dichiarazione d’inizio attività.”
Pertanto, il mutamento di destinazione d’uso di un immobile deve considerarsi urbanisticamente rilevante e, come tale, soggetto di per sé all’ottenimento di un titolo edilizio abilitativo, con l’ovvia conseguenza che il mutamento non autorizzato della destinazione d’uso che alteri il carico urbanistico, integra una situazione d’illiceità a vario titolo, che può e anzi deve essere rilevata dall’Amministrazione nell’esercizio del suo potere di vigilanza.
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quello che fa la differenza è "urbanisticamente rilevante"
ossia l'incidenza sugli indici urbanistici, ad esempio si pensi ad una destinazione che non determinava ne volume ne superficie utile ma poi il relativo cambio farà considerare tali parametri.
poi e ripeto se il suo comune vuol fargli fare la richiesta su carta velina, sarà un loro problema.
tornando a quello che asserisce l'interessato, ossia che vorrebbe eseguire presentazione tipo fai da te.
sia che si tratti di un PdC, sia di una SCIA non potrebbe farlo mancando l'intervento di un tecnico abilitato