Se le norme dei regolamenti condominiali (omissis) sono precostituite dal costruttore o dall'originario unico proprietario dell'intero edificio, devono essere accettate espressamente dai condomini nell'atto di acquisto o locazione o con atto separato.
Le norme regolamentari possono limitare il pieno esercizio del diritto di proprietà nelle parti esclusive dei singoli condomini solo se decise dall'Assemblea condominiale all'unanimità.
Se un proprietario di animale (o che desideri diventare tale) acquista o prende in affitto un appartamento in un edificio già provvisto di regolamento approvato dall'Assemblea condominiale, non è vincolato alle disposizioni limitative di esso a carico delle proprietà esclusive dei singoli condomini se le stesse limitazioni (veri e propri oneri reali) non siano state trascritte nei pubblici registri immobiliari o menzionate ed accettate negli atti d'acquisto o di locazione.
Art 844
In pratica, a meno che non siate voi stessi ad accettarla espressamente, nessuna legge condominiale vi potrà impedire di tenere nel vostro appartamento un animale, fatto comunque salvo quanto dettato dall'art 844 Codice Civile - che la giurisprudenza ha esteso anche nei rapporti fra condomini - che così recita: Il proprietario di un fondo non può impedire i rumori derivanti dal fondo del vicino, se non superano le normali tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi
L'argomento è regolato dall'art. 844 del Codice civile il quale stabilisce che il proprietario non può impedire le immissioni di fumo, di calore o le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni, se non superano la normale tollerabilità, anche riguardo alla condizione dei luoghi.
La norma viene applicata anche al condominio, pertanto, si devono intendere vietate le immissioni che eccedono la normale tollerabilità, anche nei rapporti tra proprietari in un condominio.
Per valutare la tollerabilità o meno delle immissioni si deve tener conto delle peculiari caratteristiche dei rapporti condominiali; si deve valutare se nell'edificio ci siano unità destinate ad abitazione civile ed altre ad attività commerciali. In tali casi la giurisprudenza privilegia le esigenze di vita connesse alla abitazione piuttosto che quelle commerciali.
La norma dell'art. 844, Codice civile ha carattere dispositivo e nulla vieta, che i proprietari regolino i loro rapporti di vicinato con norme diverse più o meno restrittive, per esempio attraverso il regolamento di condominio. In tal caso occorre tenere conto dei criteri stabiliti nel regolamento per giudicare la liceità o meno di una immissione. Se per esempio il regolamento vieta nel modo più assoluto l'esercizio di attività rumorose, indipendentemente dai limiti di tollerabilità delle immissioni, allora non c'e' santo che tenga, anche l'abbaiare continuo di un cane puo' essere considerato illecito.
Viceversa, un regolamento di condominio può essere più "tollerante", consentendo ai condomini, di produrre suoni e far feste sino a certi orari; ma attenzione, ciò non significa che sia lecito tenere il volume della radio o tv a manetta, ma che si possono fare rumori occasionalmente e sporadicamente sempre nel rispetto della salute altrui.
Le azioni da fare per tutelare i propri diritti in merito, possono essere intraprese dal singolo condomino o occupante l'unità immobiliare interessata dai rumori molesti, contro il condominio, in persona dell'amministratore.
Occorre osservare che l'amministratore del condominio non è tenuto a difendere il diritto alla salute dei condomini e degli abitanti dello stabile. Gli unici legittimati a chiedere provvedimenti cautelari a tutela della salute minacciata da inquinamento acustico e ambientale sono le persone come singole. Si può invece pensare ad una legittimazione attiva dell'amministratore quando le immissioni moleste interessino parti comuni dell'edificio.
Nel caso di unità immobiliari concesse in locazione, l'inquilino è responsabile, per sé o suoi aventi causa, delle immissioni che superano la normale tollerabilità nei confronti dei proprietari e inquilini degli appartamenti vicini. Egli, essendo titolare del contratto di locazione, deve impedire che nell'abitazione locatagli si svolgano delle attività moleste.
La giurisprudenza ha dato anche una definizione del "rumore" capace di produrre immissioni ai fini dell'art. 844, Codice civile, affermando che esso consista in "qualunque stimolo sonoro non gradito all'orecchio umano che per le sue caratteristiche di intensità e durata può divenire patogeno per l'individuo" (Tribunale Napoli Sez. X, 17 novembre 1990, n. 11927).
Il rumore prodotto nell'esercizio di una professione o di un mestiere può essere sanzionabile penalmente in base all'art. 659, comma 2, Codice penale. Si commette un reato, soltanto se l'attività viola uno specifico precetto contenuto in in un regolamento comunale di polizia, in una legge ordinaria, o in una ordinanza amministrativa emanata dagli organi competenti.